11/05/2007

Artisti Vari

No New York – Goodfellas

Correva l’anno 1978 e una pattuglia di decostruttivisti riportava il rock al suo gound zero di semplicità ed espressività. Equivalente americano dell’ondata punk britannica, fatto salvo per un coefficiente intellettuale decisamente maggiore, questi musicisti trovarono in due club di New York il terreno adatto per far germogliare le loro idee: il CBGB’s e il Max’s Kansas City. Questo piccolo movimento trovò nella compilation No New York un efficace manifesto estetico. Il disco viene oggi ristampato così come fu pubblicato dalla Antilles, un’etichetta sussidiaria della Island, con l’inclusione dei testi delle canzoni (anche in caratteri cirillici!) e le foto tessera in bianco e nero delle facce giovani, allucinate e scavate dei musicisti che vi parteciparono. Col passare degli anni il disco ha assunto lo status del documento epocale, nonostante il carattere acerbo di molte performance. Prodotta da Brian Eno – sebbene si faccia fatica a credere che questo disco sia prodotto, punto – la compilation riunisce quattro brani ciascuno di Contortions, Teenage Jesus And The Jerks, Mars e D.N.A. I migliori sono i primi: guidati da quel pazzo scatenato di James Chance, cantante e sassofonista volutamente sopra le righe, sono o almeno dovrebbero essere ascolto irrinunciabile per ogni amante del cosiddetto punk-funk. Teenage Jesus And The Jerks erano il veicolo dei testi densi di alienazione d’una giovane Lydia Lunch, che suona la chitarra e declama le parole urlando con voce sgradevolmente acuta, mentre la band l’accompagna con brevi frasi minimali, sfruttando in termini d’espressività un bagaglio tecnico risicato. I Mars propongono un muro del suono anarchico e convulso che preconizza il rock viscerale dei Sonic Youth, ma la loro formula mostra la corda nei momenti più lenti e cerebrali. I D.N.A., infine, erano il trio in cui Arto Lindsay, destinato a ben altre avventure sonore, sperimentava con suoni di chitarra lancinanti in un contesto rumorista: incidono le canzoni più canoniche dei quattro gruppi, se l’aggettivo si può applicare a urla psicotiche, ai bizzarri suoni d’organo di Robin Crutchfield, al beat meccanico di Ikue Ile.

Il quadro è quello d’un gruppo di individui e musicisti alienati e rabbiosi, disinteressati a scrivere ed eseguire canzoni in modo accattivante. I testi esprimono sensazioni di disagio e abuso. L’approccio provocatorio, il sound scarnificato, le ritmiche spastiche, le performance vocali ai limiti della demenza rendono No New York un disco da riscoprire.

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