15/05/2007

Le mille facce dei Genesis

Non fanno un disco nuovo dal 1997 – e non ne faranno più, lasciate perdere i proclami, spesso in malafede, diffusi a mezzo stampa e Internet – eppure si continua a parlare di loro. I Genesis sono una band leggendaria, verso la quale esistono però sentimenti ambivalenti, spesso addirittura opposti. C’è chi li ama e c’è che li odia. Fatto decisamente singolare, persino fra i loro stessi fan vi sono ampie fazioni divise. Gabrieliani contro collinsiani che non risparmiano colpi, faticando a capire un pur elementarissimo concetto, e cioè che non esiste, e non è mai esistito, un prima e un dopo. Che i Genesis sono sempre stati i Genesis, dai primi solchi densi di ingenuità di From Genesis To Revelation fino agli ultimi fuochi di Calling All Stations, disco nel quale dei due presunti rivali (in realtà sono talmente amici che Collins ha fatto da testimone di nozze a Gabriel nel giugno 2002) ormai non vi era più che il ricordo, essendo depositato nell’ugola di Ray Wilson quel futuro che, di certo, non si poteva immaginare così effimero.

Da qualche giorno i negozi di dischi sono stati invasi da due prodotti targati Genesis, il triplo cd antologico The Platinum Collection e il dvd The Video Show che, per la prima volta, raccoglie tutti i videoclip della band. Occasione irripetibile per delineare i confini della storia, con un testimonial d’eccezione: Tony Banks, tastierista fondatore della band, oltre che protagonista strumentale numero uno di ogni disco dei Genesis.

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orecchie (la musica)

Cinque anni fa la Virgin aveva pubblicato Turn It On Again – The Hits, disco che, a parte una nuova versione di Carpet Crawlers senz’anima (con i cinque musicisti della line up più celebrata impegnati a registrare, ciascuno nel suo studio, la propria parte), per tener fede al titolo si limitava a mettere insieme i brani di maggior successo, ovviamente quasi tutti del periodo con Collins.

Obiettivo del triplo cd The Platinum Collection (Virgin) è invece mettere insieme il meglio dei Genesis. “L’idea è stata della casa discografica”, spiega Tony. “C’era l’intenzione di creare una collezione dei Genesis che fosse rappresentativa delle molte facce che abbiamo avuto nel corso degli anni. I discografici spingevano perché inserissimo gli hit single, mentre noi volevamo che ci fossero anche cose più oscure che consideriamo molto importanti per la nostra crescita. Il risultato è necessariamente un compromesso, dove i motivi più radiofonici si alternano alle cose più ostiche della nostra produzione.”

A eccezione della sopraccitata nuova versione di Carpet Crawlers e di Congo (1997), peraltro, tutte le rimanenti sedici tracce tratte da Turn It On Again sono presenti anche in questa circostanza. Ed è veramente arduo considerare canzoni come Throwing It All Away e Jesus He Knows Me fra il meglio dei Genesis. “Non è una compilation per i fan dei Genesis. È più per l’acquirente occasionale, o magari l’appassionato generico che ha solo un disco o due dei Genesis. Era importante creare un certo bilanciamento di tutta la nostra produzione.”

La domanda sorge spontanea: si può parlare di bilanciamento quando questa compilation contiene cinque canzoni da Invisibile Touch e Genesis dell’83, quattro da We Can’t Dance e, per contro, una sola da Trespass, Nursery Cryme e Foxtrot? “Non è stato facile scegliere queste quattro ore. Abbiamo cercato di selezionare canzoni che fossero realmente la fotografia di un determinato periodo. Per quello ci sono pezzi come The Knife e The Musical Box, che sintetizzano in maniera esauriente la nostra fase più progressiva, unitamente a Supper’s Ready, che d’altro canto dura qualcosa come 25 minuti. Avevamo pensato di inserire anche Watcher Of The Skies, ma bisognava operare delle scelte, in quanto l’idea era dare almeno un assaggio di ciascun album. E non di tutti i dischi c’è così tanto. Ad esempio non vi è molto da Abacab, And Then There Were Three e Wind & Wuthering. Per cui, anche se alla fine c’è qualche canzone in più tratta dai dischi più recenti, credo che nel complesso siamo riusciti a dare un’idea di cosa siano stati i Genesis.”

Già, un’idea. Ma che tipo di idea? Qui viene il bello. Perché un ipotetico ascoltatore che dovesse imbattersi per la prima volta nei Genesis con questa compilation sarebbe, al termine, quanto meno frastornato. Anche i loro detrattori più feroci non potranno infatti fare a meno di riconoscere che i Genesis sono stati, da questo punto di vista, assolutamente unici. Tanto che viene spontaneo chiedersi: ma quanti Genesis esistono? Quante vite hanno avuto? Quella di primi artefici del progressive rock nel periodo con Peter Gabriel? Quella di antesignani del punk su The Lamb Lies Down On Broadway, ultimo capitolo con l’istrionico cantante? O forse quella di alfieri del rock romantico nel periodo 1976/80? O, ancora, quella di dominatori delle classifiche mondiali trascinati dalla faccia da bravo ragazzo di Phil Collins?

Di facce i Genesis ne hanno avute tante. Ma di vita ne hanno in fondo avuta solo una. Perché non sono mai sfuggiti a una regola fondamentale: quella di comporre solo ciò che volevano, senza concessioni a nessuno al di fuori di loro stessi.

La retrospettiva ha un’impostazione cronologica a ritroso, con una bizzarra eccezione: l’unica canzone cantata da Ray Wilson, Calling All Stations, che secondo quella logica avrebbe dovuto aprire il primo disco, in realtà lo chiude. Era forse troppo rischioso iniziare un disco dei Genesis con un brano non cantato né da Phil né da Peter? “Suppongo di sì. Volevamo assolutamente mettere almeno una canzone dal disco con Ray, perché siamo convinti sia un buon album. Originariamente pensavamo a un normale ordine cronologico progressivo, ma iniziare con The Knife non era una buona idea per una audience non educata. Analogamente, abbiamo ritenuto fosse più rassicurante iniziare con qualcosa di più conosciuto come No Son Of Mine, perché magari molta gente non ha mai ascoltato l’album Calling All Stations, e magari questa potrebbe essere una buona opportunità per far conoscere di più anche l’ultima incarnazione dei Genesis.”

L’ultima incarnazione cui si riferisce Tony tenne un ultimo concerto al Rock Im Park di Nurnberg, in Germania, il 31 maggio del 1998, dove i Genesis furono nientemeno che headliner di un festival nel quale prima di loro suonò un giovanotto di belle speranze chiamato Bob Dylan. Un’occasione, dunque, tutt’altro che dimessa. Eppure quel concerto non avrà seguito. Chissà se Tony dopo tanto tempo se ne è fatto una ragione.

“Dovevamo prendere una decisione. Una possibilità era proseguire direttamente e fare subito un altro album. A me sarebbe piaciuto ritentare mentre tutto era ancora in piedi. Ma Mike (Rutherford, ndr) voleva fare un album con i Mechanics. Dopo alcuni mesi, per me e credo anche per lui, divenne molto evidente che l’aria che tirava in Inghilterra, senza considerare gli altri Paesi ad eccezione forse della Germania, era che semplicemente non ci sarebbe stata data un’altra opportunità. Niente passaggi radiofonici, come del resto era già successo con Calling All Stations, una stampa estremamente ostile e un pubblico visibilmente in via di riduzione. Sentivamo che se avessimo fatto un altro disco avremmo potuto non piacere persino a chi aveva comprato Calling All Stations. Temevamo di perdere altro pubblico senza guadagnarne di nuovo, e ci sembrava un modo deprimente e stupido di rovinare una carriera che è andata avanti magnificamente per trent’anni.”

Circa metà delle canzoni di Platinum Collection sono state remixate in 5.1. “Se ne è occupato il nostro ingegnere del suono Nick Davis, ma ovviamente anche noi ascoltavamo man mano quel che realizzava dando il nostro feedback. L’idea di base era che non puoi e non devi cambiare la storia. Siamo intervenuti soprattutto sulle cose vecchie, lasciando intatta la sola Supper’s Ready. Se paragoni queste versioni a quelle originali il feeling non è cambiato molto, ma suonano decisamente meglio.”

The Lamb Lies Down On Broadway ha appena compiuto trent’anni di vita (fu pubblicato nel novembre 1974). Sarebbe stato bello avere la versione in 5.1 per l’anniversario e in effetti erano questi i programmi, ma poi invece è successo qualcosa. Banks è diplomatico nel suo commento (“Quando Nick ha finito il suo lavoro e lo abbiamo riascoltato, non tutti sono stati entusiasti del risultato”), ma sappiamo bene quale sia stato l’ostacolo. Proprio Davis ha infatti scritto sul sito ufficiale dei Genesis in settembre che Hackett e Gabriel hanno ascoltato il mix, ma mentre il chitarrista se ne è dichiarato soddisfatto il cantante ha detto che gli sarebbe piaciuto apportare un paio di cambiamenti. Il che, nel gergo gabrieliano, può significare anche sette o otto anni. Vuol dire che i fan si consoleranno con gli altri dischi, visto che la band avrebbe intenzione, poco per volta, di procedere alle nuove versioni in 5.1 cominciando proprio col primo disco senza Gabriel, A Trick Of The Tail. “In realtà è già più o meno completo, ma non sappiamo ancora quando uscirà. Quel disco era molto caratterizzato dalle chitarre acustiche e dal piano. Nel formato 5.1 Entangled suona meravigliosa, così come Mad Man Moon. In genere, i vecchi album beneficiano molto di questo trattamento. Allora esistevano restrizioni tecniche e alcune canzoni risultavano troppo compresse sul vinile, credo che soprattutto Foxtrot migliorerà molto.”

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occhi (i video)

Contemporaneamente all’antologia, è stato messo in commercio anche The Video Show, il primo dvd che raccoglie tutti i videoclip dei Genesis, remissati col sistema 5.1 surround sound. In questo caso, purtroppo, mancano completamente testimonianze del periodo con Gabriel a parte la nuova versione di Carpet Crawlers, da cui peraltro è stata tagliata la strofa cantata da Collins. In verità, fino a poche settimane fa sembrava che dovesse esserci una versione di I Know What I Like registrata dal vivo negli studi Shepperton di Londra a fine ottobre del 1973. In quell’occasione, la band filmò un’ora di concerto, molto diffusa fra i collezionisti ma purtroppo mai pubblicata ufficialmente, e la performance del brano pubblicato su singolo avrebbe dovuto assolvere proprio a compiti promozionali, visto che il filmato girato al tempo per Top Of The Pops non era piaciuto per niente alla band che si rifiutò di farlo andare in onda. Trent’anni dopo, a quanto pare l’attitudine non è cambiata, e I Know What I Like è dunque scomparsa dalla track-list. Vuoi vedere che Gabriel non trova confortevole mostrarsi durante la sua imitazione di una falciatrice, trovando evidentemente più dignitoso saltare nella Zorb Ball a 54 anni?

“In verità, quel video non è mai piaciuto molto a nessuno di noi. Ma devo ammettere che Peter in particolare si è schierato con forza contro la sua inclusione, lamentandosi del fatto che, se ci fosse stato più tempo, avremmo potuto fare un nuovo video per I Know What I Like, se non ripartendo da zero, aggiungendo delle cose al vecchio filmato. Ma avevamo in piedi tre progetti: questo dvd, la Platinum Collection e il 5.1 di The Lamb. Non c’era veramente possibilità di mettere altre cose in cantiere.”

Trentadue videoclip (ancora una volta dall’ordine cronologico a ritroso partendo dai brani di We Can’t Dance) e nessun bonus, in controtendenza a quanto persino gli stessi Gabriel e Collins hanno fatto di recente. “L’obiettivo era semplicemente mettere insieme i video. Aggiungere making of, interviste, spezzoni televisivi potrebbe, casomai, far parte di un progetto futuro. Personalmente, poi, non sono molto attratto da tutti questi extra dei dvd, preferisco che ci si concentri su un progetto alla volta. Sono invece felice che, al fianco di video celebrati come quello di Land Of Confusion (che vinse un Grammy come miglior clip nel 1987, nda), ci sia una maggiore visibilità per altri clip molto più oscuri.”

A quest’ultima categoria appartengono sicuramente i primi esperimenti tratti da A Trick Of The Tail, ben tre. Delizioso, fra questi, lo storyboard di Robbery, Assault & Battery, dove Collins è nei panni di un rapinatore e gli altri tre in quelli dei poliziotti. Ma anche quelli estratti dall’ultimo studio album della band, con Ray Wilson frontman. Lo stesso Tony ritiene che quello di Shipwrecked sia uno dei video più belli dei Genesis, e noi ci permettiamo di dare altrettanto valore a quello di Not About Us. Molti video, per contro, sono estremamente semplici, rappresentando prevalentemente la band in uno studio atta a mimare la canzone. A questa categoria appartiene anche Turn It On Again, che è però una piccola chicca in quanto era stata incredibilmente omessa nella raccolta di cilp pubblicata su VHS nel 1991 (Genesis – The Videos Vol. 1 e 2) e sostituita con la versione live tratta dal long form video Three Sides Live.

Altri video sono caratterizzati da una gran dose di ironia. Risultano veramente irresistibili ad esempio I Can’t Dance e Jesus He Knows Me, con un Collins sempre più istrione, qui nell’imitazione di Michael Jackson o di un predicatore evangelico, Anything She Does, dove si registra una delle ultime apparizioni del leggendario comico inglese Benny Hill prima della scomparsa, o ancora Illegal Alien (1983), con i tre Genesis travestiti da clandestini messicani. Viene spontaneo chiedersi quanto sia costato a Banks, persona da sempre estremamente seria, assoggettarsi a questi video. “Ma non sono poi così serio, piace anche a me divertirmi… Certo, Phil ha un talento naturale per queste cose, ma è stata una sfida anche per me vestire i panni del predicatore o fare il balletto di I Can’t Dance. E poi non tutti i video sono di quel tipo. Abbiamo fatto anche cose più serie come No Son Of Mine e Mama.”

Mentre il management e le case discografiche dei Genesis continuano a sfogliare la margherita chiedendosi se sia il caso di prendersi la briga di chiedere le autorizzazioni per pubblicare materiale d’archivio, una intraprendente (diremmo sfacciata.) etichetta inglese, la Classic Rock Direct Ltd (www.classicrockdirect.com), ha deciso di giocare d’anticipo e, contro il parere del management dei Genesis che ne sconsiglia l’acquisto, pubblica in questi giorni Inside Genesis: A Critical Review 1970-1980, un doppio dvd che analizza criticamente quei dieci anni di storia dei Genesis. Con il supporto anche di un libro accluso alla confezione di 48 pagine, dove tale Michael Hetley recensisce tutte le canzoni del decennio, i due dvd sono dedicati, rispettivamente, al periodo con Gabriel (1970/75) e a quello con Collins (1975/80).

Anche se non si comprende l’utilità delle tante interviste a musicisti sconosciuti, che si prendono la briga (talvolta persino sbagliando accordi.) di spiegare la struttura delle canzoni dei Genesis, i due dvd rappresentano un documento comunque interessante proprio per la presenza, al loro interno, di diverso materiale che, per quanto già conosciuto fra i collezionisti, non era mai stato pubblicato ufficialmente. Qual è la posizione di Tony riguardo a queste pubblicazioni?

“Una volta ho fatto una ricerca di video dei Genesis su e-bay ed ho trovato più materiale di quanto io stesso potessi ricordare. Ho smesso da tempo di preoccuparmi di queste cose. Forse le case discografiche ci pensano di più, ma per quanto mi riguarda davvero non mi interessa.”

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cuore e cervello (una band unica)

La caratteristica principale che distingue i Genesis da tutte le altre band è la capacità di adattarsi ai tempi. Per molti osservatori superficiali, questo adattamento si può tradurre in commercializzazione. In realtà, sono ben poche le mosse che i Genesis hanno preso consciamente per allargare il loro seguito: il ricorso ai video, i tour sempre più mirati, i palchi sempre più spettacolari. Non di certo la proposta musicale, che è mutata progressivamente solo ed esclusivamente per compiacere Banks, Rutherford e Collins. Questo li ha portati fino alla fine della storia sempre a testa altissima. Addirittura, prima che il trend si invertisse con Calling All Stations (album che, comunque, ha piazzato un paio di milioni di pezzi), ogni disco dei Genesis ha venduto più del precedente. Una forza commerciale che ha consentito alla band il lusso di poter suonare in tournée quasi esclusivamente materiale recente, in controtendenza rispetto agli altri artisti di quella generazione. A fronte di band che continuano a vivere nella gloria passata, rendendosi più tristi ad ogni anno che passa, i Genesis fanno invece un ultimo tour nel 1998 suonando quattro brani da Calling All Stations, altrettanti da Invisibile Touch e due da We Can’t Dance, riservando ai classici degli anni 70 solo le briciole. In questo senso, il paragone con tutti gli altri gruppi loro contemporanei e anche più vecchi (Yes, Emerson, Lake & Palmer, Jethro Tull, cambiando genere Who e Rolling Stones, tutte band costrette a suonare scalette quasi esclusivamente anni 70), è veramente impietoso.

Quando Tony e Mike capiscono che il momento d’oro è finito, si ritirano in buon ordine, rifuggendo continuamente le ipotesi di reunion che, pure, non hanno mai spesso di succedersi. E in occasioni come questa la domanda, la solita domanda, torna più che mai d’attualità.

“Sì, ogni volta che qualcuno di noi parla con la stampa il giornalista di turno gli chiede se faremo ancora qualcosa insieme. Sarebbe facile dire di no se ci odiassimo. Ma il fatto è che, invece, ogni volta che ci incontriamo, stiamo sempre benissimo insieme. Per cui non è mai detta l’ultima parola. Ma è anche vero che Phil ha ora una giovane famiglia che sta crescendo, dunque personalmente non ho grandi aspettative specialmente su un disco di studio. Magari una cosa dal vivo potrebbe essere più fattibile, senza registrare. Un peccato, perché, per quel che mi riguarda, preferirei di gran lunga scrivere altra musica insieme, sarebbe divertente. Non è impossibile che succeda, ma onestamente lo trovo alquanto improbabile.”

Chissà se i Genesis avrebbero mantenuto l’integrità cui accennavamo poco fa se fossero stati individualmente dimenticati, invece di trovare ciascuno la sua personale fetta di successo. Per fortuna loro e dei loro tanti ammiratori, non è così. Gabriel e Collins sono ancora oggi fra le stelle più luminose della storia del rock, ma anche gli altri hanno una loro fortissima dignità artistica: Rutherford col progetto parallelo Mike & The Mechanics, Hackett con la sua carriera che gli dà ancora tanta soddisfazione, Banks con la sua musica classica, persino il primo chitarrista Phillips con quasi trenta dischi all’attivo e il giovane Wilson, che sta faticosamente costruendosi una sua identità solista.

“Siamo fortunati ad avere molto seguito anche individualmente, è sempre bello fare musica per un pubblico affezionato come il nostro. A tutti noi piace scrivere musica e, anche se non lo facciamo più insieme, continuiamo ad essere molto attivi separatamente. Phil continua ad essere un artista di grande successo, e mi piace quello che fanno gli altri: adoro quello che fa Peter, e qualche mese fa sono andato a vedere Steve Hackett in concerto. Non lo avevo mai visto dal vivo da solista, e mi ha veramente impressionato.”

Ecco perché cadono veramente le braccia quando, ancora oggi, si identificano i Genesis con un leader. Perché i Genesis di leader non ne hanno mai avuto uno. Se è vero che Peter prima e Phil poi hanno focalizzato l’attenzione dei media grazie alla loro personalità molto spiccata, sia l’uno che l’altro hanno sempre avuto un’importanza minore sul piano compositivo rispetto, ad esempio, a Banks e Rutherford. Un’altra caratteristica, questa, che distingue i Genesis nel panorama musicale mondiale. Non è mai esistita una band altrettanto democratica nella storia del rock. Se si pensa a qualunque altro gruppo, dai Beatles ai Radiohead, si individueranno facilmente uno o due leader e due o tre comprimari. Non per i Genesis. Essendo un gruppo dotato di individualità straordinariamente forti, hanno inglobato stili molto diversi pur mantenendo un trait d’union che forse solo i fan più attenti riescono a cogliere, saltellando da uno stile all’altro con l’unica costante di una qualità artistica certamente discontinua, ma mediamente sempre ad alti livelli; sotto altri versi, è inevitabile che la progressiva perdita di grandi musicisti e compositori abbia portato a una riduzione del tasso di creatività nella musica del gruppo, perché tre menti pensano meno di quattro e ancor meno di cinque.

È così che la vicenda artistica dei Genesis prende strade molto diverse. Alcune evidenti, altre forse più sottili ma non meno importanti. Uno dei punti topici della carriera dei Genesis corrisponde infatti con la pubblicazione di uno dei loro dischi più odiati, Abacab del 1981. Un disco che rappresenta la scusa ideale per allontanarsi per molti fan, quasi offesi nei confronti di una band che ha avuto l’ardire di posare in soffitta le chitarre a 12 corde e introdurre massicce dosi di drum machine pur disponendo di uno dei migliori batteristi del mondo. Con il beneficio del senno di poi, va invece riconosciuto a quell’album secco ed elettronico il merito di aver reso i Genesis ancora attuali quando i loro contemporanei erano già stati inviati, con un biglietto di sola andata, nella valle incantata dei dinosauri.

“Quando abbiamo fatto Duke, nel 1980, ci siamo resi conto che non potevamo più procedere in quella direzione. Avevamo fatto tutto quello che si poteva fare, e abbiamo consciamente deciso – per l’unica volta nella nostra storia – di cambiare strada. Ed è per quello che siamo sopravvissuti. I Genesis hanno sempre dato tanta importanza allo scrivere. È stata la cosa cruciale. E tutti i membri del gruppo sono o sono diventati dei compositori, anche quelli che non lo erano agli inizi. Phil, ad esempio, non scriveva, ma lo abbiamo incoraggiato a tirar fuori le sue idee. E alla fine lui è diventato il compositore di maggior successo di tutti noi… Penso che chiunque possa scrivere musica. Non è un mistero. Ma se ti trovi insieme a gente che la pensa come te, allora puoi produrre un risultato di grande effetto. È quello che credo i Genesis abbiano sempre fatto in trent’anni di storia.”

Un’ultima domanda, Tony. Immagina un ragazzo di 15 anni che ascolta i Genesis per la prima volta comprando The Platinum Collection. Si immerge di filato in queste quattro ore di musica. Il pop impeccabile del primo cd. Il passaggio dal pop elettronico al rock romantico del secondo. Il rock progressive del terzo. Come pensi che si senta quel ragazzo una volta che ha tolto le cuffie?

“Sicuramente un pochino confuso. Ma io confido che, lungo il percorso, abbia avuto il tempo di abituarsi. Uno dei motivi della scelta dell’ordine cronologico contrario è proprio questo. Già il primo disco alterna cose di atmosfera come No Son Of Mine e Mama a brani spensierati come I Can’t Dance e Throwing It All Away. È un tipo di ascolto che educa progressivamente, e quando si giunge al terzo cd si è pronti ad accogliere materiale ambizioso come Cinema Show o The Lamb Lies Down On Broadway.”

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