03/11/2015

Un De Gregori dylaniano che (non) ti aspetti

Il Principe ha presentato alla stampa il suo nuovo album con alcuni celebri pezzi di Bob Dylan tradotti in italiano
(Foto di Daniele Barraco)
 
Il “suono” è importante. E in effetti ha citato spesso la parola “suono”, stavolta fondamentale non per scrivere (o descrivere) pezzi propri, ma al fine di tradurre al meglio quelli di “un altro”.
L'”altro” è Bob Dylan.
Il “traduttore” d’eccezione è Francesco De Gregori.
 
Esce oggi infatti De Gregori canta Bob Dylan – Amore e Furto, nuovo lavoro contenente undici brani pescati dal vasto repertorio dylaniano e tradotti nella nostra lingua dal cantautore romano.
Francesco De Gregori ha presentato ieri alla stampa, presso l’Osteria San Pietro di Milano, la sua nuova fatica discografica.
A proposito del lavoro di traduzione si fa subito necessaria una premessa: «La scelta delle canzoni non è stata così freddamente architettata – dice il Principe. – Non mi sono messo davanti il canzoniere di Bob Dylan per sceglierle. Più che sceglierle, ho lasciato che le canzoni scegliessero me».
 
Il titolo Amore e Furto deriva da Love And Theft, album del 2001 di Bob Dylan in cui egli stesso «dichiarava di aver rubato da pezzi che gli piacevano… – e, aggiunge il cantautore, – io stavolta gli ho “rubato” anche il titolo (ride, ndr)!».
La conversazione entra subito nel vivo e De Gregori allora inizia a spiegare come ha reso in italiano i testi di Dylan, cominciando proprio dal primo brano, Sweetheart like you, diventato Un angioletto come te nella sua versione: «Come si può tradurre “Sweetheart”, una parola tipicamente americana? “Dolcecuore” no, “cuoricino” nemmeno. Nessuno chiama la sua donna “cuoricino”, semmai “amore”, “tesoro”… – spiega ridendo il cantautore. – Poi a un certo punto mi è venuta in mente “angioletto” perché funziona musicalmente e concettualmente.
Ci sono pure canzoni che volevo tradurre e mi piacevano molto, ma questo aggancio tra musica italiana e inglese non c’era e non aveva senso. Per esempio io amo molto My Back Pages, ma non veniva bene in italiano e allora ho lasciato perdere».
 
Francesco De Gregori nel corso della conferenza stampa afferma anche di essere legato a tutto il repertorio di Dylan. Lo ha conosciuto musicalmente nel periodo della “svolta elettrica” e all’epoca aveva circa 15 anni. Le traduzioni derivano dalla voglia di comprendere da sempre cosa volesse dire con i suoi testi il menestrello di Duluth, ma tutto è stato fatto in base a una “ricerca della sonorità”. La parola “suono”, come si diceva già nelle prime battute, ricorre spesso nei discorsi con gli altri giornalisti presenti e forse spiega al meglio le intenzioni del cantautore.
«Il testo è importante e per Dylan lo è ancora di più – dice il Principe. – Il fascino di tutto questo però sta nel suono. In generale io sono sempre stato affascinato dal suono. I testi sono importanti e anche il mio lavoro di traduttore è stato importante. Io ho passato settimane a interrogarmi sul significato di una parola o sull’uso di una sillaba, ma tutto questo doveva avere un suono, sennò non avrebbe avuto alcun senso».
 
Si parla poi della scelta dei singoli brani e di quanto pezzi come Blowin’ In The Wind, Like A Rolling Stone o Just Like A Woman siano talmente importanti nell’interpretazione originale, da non poter essere riproposti in una versione in italiano.
Non è invece il caso di Desolation Row, qui diventata Via della povertà, lunga undici minuti come l’originale e inoltre arrangiata senza armonica e con la chitarra elettrica in luogo di quella acustica di Charlie McCoy. De Gregori però non può non ricordare un’altra versione sua e di De André del medesimo brano, contenuta in Canzoni, album di Faber del 1974: «Quando ho tradotto Desolation Row insieme a Fabrizio, lui era De André e io ero De Gregori, ma lui era molto più De André di quanto io fossi De Gregori (ride, ndr). Eravamo comunque molto pieni di noi stessi. Penso di aver capito maggiormente il mio ruolo e la mia responsabilità adesso che l’ho ripresa dopo più di quarant’anni. Il traduttore non deve esprimere se stesso, ma ho cercato di avvicinarmi di più al significato originale o a quello che si comprende di Dylan. Più della metà degli arrangiamenti sono vicini agli arrangiamenti originali. Dove non è stato possibile, ho agito diversamente, proprio come in Desolation Row».
 
Non sempre però è stato semplice muoversi tra le liriche dylaniane, come successo per Dignity, in italiano Dignità: «Dignity è stato il pezzo su cui ho faticato di più – ammette infatti il cantautore. – Dylan dice nella prima strofa: “Fat man lookin’ in a blade of steel/Thin man lookin’ at his last meal”. Ho consultato anche alcuni libri per capire quale fosse il significato reale delle parole di Dylan, ma non ho trovato alcuna risposta convincente e dopo più di dieci stesure sono tornato al semplice senso letterale ed è diventata: “Il grasso si specchia in un filo di lama/Il magro in un avanzo di cena”. Per “Thin man” Dylan intende se stesso? Riprende la cosa da Ballad of A Thin Man? Chi lo sa?».
 
Alla domanda specifica su un possibile Nobel per la Letteratura da assegnare a Bob Dylan il cantautore risponde con poco interesse: «Secondo me il Nobel dovrebbero darglielo per la Canzone, non per la Letteratura. Lui sarebbe felice di andarselo a prendere un Nobel per la Letteratura e chiunque lo sarebbe, ma lui fa canzoni e dovrebbe avere un premio del genere per quello. Sarebbe come dare un premio per la falegnameria a un idraulico».
 
Di Dylan si è detto di tutto, spesso è stato definito anche “Il Picasso del Rock”, ma il Principe lo paragona più a Courbet «perché Dylan ha fatto musica come certi pittori impressionisti. Ha cambiato la prospettiva. Pensiamo al suo modo di suonare: mi ricorda molto il mio amico Lucio Dalla quando improvvisava».
 
Ricapitolando: De Gregori canta Bob Dylan – Amore e Furto esce oggi su etichetta Caravan/Sony Music, un anno dopo il grande successo di Vivavoce. Da oggi inizia inoltre anche l’Instore Tour da La Feltrinelli di Milano (piazza Piemonte, 2/4 – ore 18.30 – ingresso libero) con la partecipazione di Carlo Feltrinelli, mentre il tour vero e proprio comincerà a partire da marzo nei club e nei teatri di tutta Italia. E il desiderio di De Gregori è quello di eseguire per l’occasione tutto il nuovo album in una parte ben precisa del concerto, sempre al fine di dare un senso al lavoro di traduzione da poco portato a termine.
 
Oggi sarà pubblicata inoltre la riedizione di Francesco De Gregori. Guarda che non sono io. Il libro di Silvia Viglietti e Alessandro Arianti conterrà nuovamente le immagini del backstage del tour europeo e del Vivavoce Tour e poi altre foto private o di famiglia regalate direttamente dal cantautore ai curatori del volume e soprattutto ai suoi fan. La novità è che insieme al libro stavolta sarà presente anche un DVD dedicato al tour europeo di un anno fa.
 
Un’ultima curiosità prima dei saluti finali: ma De Gregori andrà a vedere uno dei prossimi concerti di Bob Dylan in Italia (18 e 19 novembre Bologna – Auditorium Teatro Manzoni, 21 e 22 novembre Milano – Teatro degli Arcimboldi)? «In realtà sono andato ad ascoltarlo a Parigi una settimana fa e mi è piaciuto molto – risponde il cantautore. – Sorprendente il fatto che Dylan da un po’ di tempo faccia sempre la stessa scaletta. Sera dopo sera c’è una cura dei particolari, degli arrangiamenti… poi la voce è importantissima… ed è bello che con una semplice band riesca a rifare le grandi orchestre che accompagnavano questi standard americani. Si è creato un suono».
Ecco.
Tutto torna.

 
 

 

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