16/12/2016

Ira Green: una voce tutta rock

Una conversazione con l’artista campana, con il nuovo disco “Re(Be)Ligion”
Forza, determinazione, passione. Basta guardarla per capire che sono queste le sue caratteristiche. Eppure ha attraversato le lusinghe di un talent importante, dal quale è uscita ancora più convinta della sua missione: Ira Green scrive e canta per conto del rock, di cui è amante e sostenitrice. E per rock intendiamo quello classico, vecchio stampo: Led Zeppelin, Black Sabbath, Deep Purple, gruppi con i quali è cresciuta e che ha cantato anche in tv. Incontriamo la rock singer campana all’indomani dell’uscita del nuovo disco RE(be)LIGION.
 
Il titolo RE(be)LIGION rimanda alla ribellione e alla religione, alla visceralità e alla devozione che sono alla base della cultura rock. Nasce da questo il tuo disco?
Beh in parte si. In parte penso siano stati i miei istinti a guidarmi nella creazione di questo album. Ho messo a nudo tutta me stessa in queste undici tracce, spero che le persone capiscano che nel mio lavoro metto ciò che sono e non ciò che sarebbe “giusto” mettere.
 
Il precedente singolo Mondo senza regole era in italiano, i pezzi di RE(be)LIGION tutti in inglese: la differenza è solo nella lingua o c’è dell’altro?
Questo non posso saperlo. Quando cambi lingua magari ti esponi in modo diverso. Magari I’m Wrong avrebbe parlato di altro o forse no. Resta il fatto che ci si sente più sicuri nel cantare in lingua anglosassone, ma ciò non cambia che bisogna essere attenti anche in questo caso ad avere una certa sensibilità per comunicare col pubblico. Il risultato deve essere sempre lo stesso.
 
Tra i testi mi è parso di leggere un filo conduttore: la diversità, la ricerca di accettazione senza perdere la propria personalità. È un po’ la tua storia…
Ci sei quasi! Purtroppo o per fortuna non ho mai cercato un modo per farmi accettare. Sento che essere “diversi” non è nulla di positivo per una persona in quest’epoca, ci sono ancora più complicazioni dei tempi passati, mentre fanno sembrare che tutto sia più evoluto e le menti più aperte, non ci rendiamo conto che continuano a restringere il recinto e di conseguenza le persone sono costrette ad omologarsi per trovare il proprio spazio. Non bisogna mai sottovalutare la vita, ricordiamo sempre che è una sola.
 
Facciamo un salto nel passato. Il rock era di casa, visto che lo hai scoperto grazie a tuo papà…
I miei genitori in genere sono sempre stati grandi amanti della musica. Entrambi in modo amatoriale hanno sempre suonato e cantato, lo strumento musicale in casa non è mai mancato infatti ho ancora con me la chitarra elettrica di mio padre con la quale ho creato molti pezzi che sono in RE(be)LIGION. Mio padre a suo tempo ha fatto il DJ ma erano epoche diverse, la musica che girava era di alta qualità, infatti tutto ciò che mi faceva ascoltare non si racchiudeva solo nel genere rock ma anche nella sfera funky, classica, dance (ma di quella buona) etc.
 
Inevitabile parlare di talent show e Voice Of Italy, al quale hai partecipato con successo nel 2015. Mi ha colpito che tu, una volta approdata in concerto, abbia parlato del live come di un “vero palcoscenico”. Il palco televisivo è dominato dalla finzione?
Non totalmente, quel che si vedeva ero sempre io, gli altri non so come la vivevano. E’ uno show, devi dare il massimo, poi fingere o essere reali sta a te sceglierlo. Personalmente non trovo spazio nella mia testa per imparare a fingere, già sono piena di ansie per conto mio.
 
Il rock al quale tu fai riferimento, quello storico che coincideva con la frattura generazionale e la ribellione, ha possibilità di approdare al talent senza essere snaturato?
Dipende. Non mi faccio profeta di qualcosa che in tempo passato io non ho mai vissuto. Sento che quel che penso ed ho sempre pensato l’ho portato con me ovunque, anche dinanzi alle telecamere e non solo. Penso che molte persone che lavoravano all’interno del programma si ricordino di me proprio perché non riuscivo a star zitta quando qualcosa non mi andava giù, persino con Piero Pelù ho cominciato da subito a rapportarmi con schiettezza e onestà. All’inizio ti penalizza ma poi ti rendi conto che dopo tanto tempo verrà apprezzato dalle persone. Viviamo in un mondo dove ogni giorno diamo importanza a cazzate che non ci cambieranno mai la vita e che quindi non rivoluzioneranno la nostra personalità e mentalità, impedendo l’evoluzione e la pacifica convivenza umana.
 
Quanto è stato importante il confronto con Pelù per la tua crescita artistica?
In qualche modo Piero mi ha dato un po’ della sua esperienza per affrontare meglio il palco e le persone in genere. Ho sempre temuto di sbagliare, di non dare il massimo e che soprattutto la gente se ne accorgesse. Mentre invece è giusto che esista questa paura, altrimenti vuol dire che non te ne frega una mazza di quello che stai facendo su quel palco. Ad oggi con Piero mi aggiorno spesso per i rispettivi album e i vari impegni, si lavora sodo e si va avanti.
 
In base alla tua esperienza, consiglieresti a giovani rock band di confrontarsi con i talent?
Perché no? La musica è anche marketing, farsi pubblicità in televisione non è una vergogna o cosa, soprattutto se non si paga per farlo, vi pare?
 
Ira Green oggi è alle prese con la promozione del nuovo disco: cosa succede nei concerti di RE(be)LIGION?
Cosa NON succede. Questa prima parte del tour ci ha portato risate, ricordi indelebili e persone che abbiamo avuto il gran piacere di conoscere. Nei live c’è il fuoco, c’è l’elettricità nell’aria, c’è il sudore per ciò che abbiamo fatto insieme ai fan, vecchi e nuovi, in continua crescita che sono il motore di un’artista ed io renderò sempre il massimo per loro, in ogni singolo live o album che sia, e che non ci sia mai l’ultimo.
 

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