28/04/2016

Anoushka Shankar

Un disco ben riuscito per il modo in cui l’artista riesce a trattare un argomento delicato come quello dell’immigrazione
“La morte della madrepatria non è in quello che ci lasciamo alle spalle, ma in tutto ciò che dimentichiamo, e tu non sei così privilegiato”. Potremmo trovarci all’inizio di una di quelle storie che da sempre la musica ha raccontato, fatta dei suoni, delle parole e dei ricordi di chi è stato costretto a fuggire dalla propria terra, ad abbandonare casa e affetti. Barche verso l’ignoto – Boat To Nowhere come s’intitola l’opening track di Land Of Gold – salpate in cerca di un futuro migliore. Andando spesso incontro a un destino ben diverso.
 
Nel suo ultimo disco Anoushka Shankar tenta di dare una forma alle dolorose emozioni provocate dalle tragedie dei profughi; drammi lontani, resi sempre più vicini dalle immagini e dalle notizie che i media trasmettono, ormai quotidianamente, dalle coste del Mediterraneo e dalle frontiere europee. Land Of Gold è un concept album che tenta di far rivivere all’ascoltatore le possibili tappe di un viaggio della speranza, le sensazioni che i migranti forse provano confrontandosi con le sue difficoltà. Tra le onde scure di Boat To Nowhere viene subito data la cifra del disco: la colonna portante sulla quale si sviluppano le composizioni è ovviamente il sitar della Shankar, capace di evocare in modo toccante gli aromi delle terre d’Oriente, amalgamandosi bene sia con gli strumenti provenienti dalla tradizione indiana sia con gli archi o l’elettronica. Tra i diversi musicisti chiamati a collaborare troviamo Manu Delago, che con l’hang stempera le composizioni e ne rafforza ulteriormente il fascino esotico, il tocco jazz del contrabbassista Larry Grenadier e la straordinaria espressività dell’oboe industano shehnai di Sanjeev Shankar. Per il suo tema fortemente drammatico, Land Of Gold è percorso da un’atmosfera melanconica, ricca di tensione e inquietudine. La Shankar però nel suo viaggio non vuole raccontare solo della sofferenza, ma anche della speranza di chi ce l’ha fatta; non mancano quindi passaggi più distesi, come il sapore di una libertà riconquistata di Dissolving Boundaries, tra arpeggi pianistici vicini a certe sonorità minimaliste e discreti soundscape elettronici, il bel duetto sitar-hang di Say Your Prayers o la solarità mediterranea del brano conclusivo, Reunion. Il vero cuore dell’album è costituito dai due brani Land Of Gold e Remain The Sea. Entrambi si collegano alla tragedia che maggiormente ha segnato la creazione del disco: la morte del piccolo Aylan Kurdi, avvenuta lo scorso settembre, in seguito a un naufragio vicino alle coste della Turchia. Un evento che ha profondamente colpito una neomamma come la Shankar, spingendola a riflettere su quanto possa essere terribile vivere una simile esperienza come donna e madre. La title track è un brano delicato, toccante, cantato dalla tedesca di origini turche Alev Lenz. Racconta di un luogo di pace e serenità, il rifugio che ogni madre sogna per il proprio figlio, specialmente quando queste sembrano irraggiungibili. Remain The Sea prende invece in prestito un testo scritto dalla poetessa del web Pavana Reddy, recitato con grande intensità da Vanessa Redgrave. Un suono che simula il battito cardiaco fa da tappetto a versi primordiali, immagini ancestrali legate alla figura materna.
 
Commosso e commovente senza scadere nella facile retorica, Land Of Gold è un disco ben riuscito soprattutto per il modo in cui Anoushka Shankar riesce a trattare un argomento di attualità così delicato. Non c’è spazio per denunce o polemiche; solo la sincera speranza che i personaggi della sua storia, senza nome e senza patria, possano un giorno lasciarsi il passato alle spalle e raggiungere una terra di pace. Un luogo da poter chiamare di nuovo casa.
 
 

 

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