20/05/2013

Black Flag

L’effetto nostalgia contagia anche la madre di tutte le band hardcore (senza Henry Rollins). Che addirittura si sdoppia come… i New Trolls

I Black Flag in tour nel 2013! Sì, lo so, ormai l’effetto nostalgia è qualcosa a cui siamo pienamente abituati. Se quindi il ritorno sulle scene, dopo quasi trent’anni di inattività, della storica band hardcore californiana non vi sorprende più di tanto, allora sappiate che esistono ben due formazioni che girano il mondo rifacendo le canzoni del repertorio: i Black Flag, con Ron Reyes alla voce e Greg Ginn alla chitarra, e i Flag, guidati da Keith Morris, primo cantante del gruppo. Al di là dell’assurdità della cosa, va però riconosciuto che oltre Henry Rollins – storico frontman della band – che non è in nessuna delle due formazioni, è Greg Ginn, unico membro costante nella storia del gruppo e genio creativo, a essere il simbolo della formazione statunitense.

Ad aprire il concerto sono i Good For You, il nuovo progetto musicale di Ginn insieme al cantante/skater Mike Vallely. Suonano un’ora, quanto la band principale, e ciò dà l’impressione che Ginn voglia dare uguale risalto a entrambe le sue esperienze musicali. Il valore artistico della band non è notevole, ma il chitarrista si diverte sul palco e il suo stile è di sicuro particolare e personale. Quando salgono sul palco i Black Flag – la cui formazione è identica a quella dei Good For You, stessa sezione ritmica, Ginn alla chitarra e, unica differenza, alla voce Ron Reyes – il ridotto pubblico dell’Alcatraz comincia ad agitarsi e a rispondere alle canzoni in maniera decisamente più appassionata.

Incominciano con Revenge, un brano di Jealous Again, secondo ep della band e unico disco registrato con Reyes in formazione. Succedono a cascata una serie di brani epocali, Nervous Breakdown, Six Pack, TV Party. Canzoni che hanno fatto la storia dell’hardcore e del punk. La band pesca a piene mani dal repertorio ma prediligendo i primi ep e il primo disco in particolare, lo storico Damaged, pietra miliare della musica underground americana. Qualche brano viene ripreso anche dai successivi My War e Slip In It, ma comunque la scelta delle canzoni si ferma sul lato più strettamente punk tralasciando le sperimentazioni jazz-hardcore e sludge dei dischi successivi. Anche i brani nuovi che vengono presentati riprendono questa scelta stilistica, niente brani lenti e angoscianti di sei minuti ma brani diretti, rabbiosi e veloci.

La formazione è compatta e diretta, Ginn non si muove molto, ma si piega sulla sua chitarra, tirandone fuori assoli folli e schizofrenici, quasi free jazz. Reyes si agita correndo sul palco e cerca di coinvolgere i ragazzi affollati di fronte al palco, venuti a rendere omaggio a un mito, riassunto in quel logo, quelle quattro barre nere che simboleggiano anarchia e rivolta, che ha segnato la storia della musica. Peccato che 30 euro di biglietto per un gruppo che un tempo faceva dell’etica punk e underground il proprio punto di forza non solo sembra una negazione di quella storia, ma ha fatto sì che molta gente abbia preferito rimanere a casa.

Chiusura del concerto su una nota divertente. Ron Reyes invita il pubblico a cantare con lui e come ultimo brano viene eseguita la cover di Louie Louie, un classico che la band suonava dal vivo e che aveva anche pubblicato come singolo nell’81.

Revenge
I’ve Had It
Nervous Breakdown
Fix Me
The Chase
Blood And Ashes
Depression
No Values
Now Is The Time
Six Pack
TV Party
It’s Not My Time To Go Go
I’m Sick
Black Coffee
Gimmie Gimmie Gimmie
Police Story
Wallow In Despair
Down In The Dirt
Can’t Decide
Rise Above
Jealous Again
Louie Louie

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