21/03/2007

Cat Power

Viaggio a Memphis

Per anni si è parlato di lei come una sorta di crisalide dell’indie rock, songwriter dalle grandi capacità mai pienamente espresse. Non che lei, Charlyn Marie Marshall all’anagrafe di Atlanta, Chan per tutti (si pronuncia “Shawn”), non ci abbia messo del suo: timidezza, pigrizia, idiosincrasie e stravaganze le hanno sì disegnato attorno un alone di culto, ma al contempo stavano scavando un solco profondo tre lei e un pubblico più ampio. Come Penelope, Chan tesseva la sua tela in canzoni e album di grande empatia e pathos, ma la distruggeva rapidamente attraverso comportamenti al limite del patologico. Interviste mute, concerti lasciati a metà, rapporti provocatori con pubblico e addetti ai lavori: la sua aneddotica è ricca e gustosa per chi avesse voglia di approfondire il personaggio. “È difficile descrivere il mio rapporto col suonare dal vivo” dice in una bella intervista video che la sua etichetta ha consegnato alla stampa “per giunta ne hanno parlato troppo e male. Irresponsabile, non professionale. cose così. Persone che non capiscono che io suono per vivere, che fare concerti è la mia vita. Che sono lì per le canzoni, per nessun altro motivo al mondo. È per questo che divento nervosa: io devo suonare la canzone com’è e se qualcosa interferisce, se il suono è pessimo e gli strumenti non vanno, o la mia voce non è al massimo, allora posso apparire irresponsabile e non professionale. Io cerco di dare sempre il meglio possibile. Ammetto che a volte la cosa che più mi distraeva ero io e i miei pensieri. Ma ora l’importante sono le canzoni. Poi posso andarmene, ed è tutto ok”. Chi la conosce bene, conferma che non si trattava di pose, ma di un discreto malessere esistenziale e una fragilità troppo accentuata.

Ora sembra non essere più così. A 34 anni Chan è cresciuta e maturata, umanamente e artisticamente, e quella crisalide è diventata una meravigliosa farfalla che ha saputo liberarsi del suo ingombrante bozzolo per mostrare a tutti l’eleganza del volo di cui è capace. Le canzoni dell’ultimo album, The Greatest, sono musicalmente perfette e, nella veste sonora, una piccola rivoluzione rispetto al passato. Pur affrontando tematiche piuttosto consuete come l’amore negato, l’amicizia e la realizzazione di sé, Chan lo fa in maniera profonda e originale. Una sorta di album autobiografico, non tanto su di lei, ma dell’universo che la circonda e delle sue relazioni con esso. Per realizzarlo si è recata a Memphis, negli storici Ardent Studios dove aveva registrato il suo scarno e affascinante album d’esordio, What Would The Community Think (uscito nel 1996, preceduto da due ep). Ma stavolta si è calata totalmente nel cuore storico della città, reclutando due glorie del posto, Mabon “Teenie” Hodges (che ha anche prodotto l’album ed è coautore di due brani, Love And Happiness e Take Me To The River) e suo fratello Leroy “Flick”, vecchi collaboratori di Al Green e colonne della Hi Rhythm Section in auge negli anni 70; più alcuni membri di Booker T & MG’s e turnisti locali. Con la dichiarazione d’intenti di far emergere gli aspetti più soul, blues e shuffle dei brani. Con questi musicisti, che conosceva soltanto di fama, Chan ha saputo creare un clima di complicità e condivisione, facendosi adorare da subito (e come avrebbe potuto essere altrimenti?). “Il mitico Teenie” racconta “che fungeva un po’ da leader del gruppo, aveva chiesto a qualcuno: ‘Da dove viene?’. ‘Dalla Georgia’ gli avevano detto. Il primo giorno, quando sono arrivata in studio, lui era già lì, e tra l’altro poi si è sempre fermato anche dopo che il suo lavoro era terminato. Stavo dicendo” prosegue “che il primo giorno, come regalo di benvenuto, mi ha offerto del Georgia Moonshine (un whisky prodotto artigianalmente ai tempi del proibizionismo, nda). Teenie è stato davvero di supporto, una gran persona. E anche suo fratello, che si è presentato con un cappellino dei Georgia Bulldogs, non è dolce?”.

——————————————————————————–

 

L’infanzia e l’adolescenza sono di quelle generalmente catalogate come difficili ma stimolanti per la creatività: sballottata tra New York e la Georgia da genitori hippy repentinamente separati (il padre è musicista porta-a-porta, come lo descrive lei stessa), Chan impara presto a cavarsela. Dipinge, scrive poesie e canzoni, che diventano qualcosa di più serio quando si fidanza con Steve Shelley, batterista dei Sonic Youth che le pubblica i primi due ep per la sua etichetta, coinvolgendo l’amico Tim Foljahn (con lui nei Two Dollar Guitar) a farle un po’ da tutor. C’è una canzone del nuovo album, Lived In Bars, in cui ricorda gli amici di allora, gente comune con grandi sogni che però non è emersa come invece è successo a lei. “È stata scritta ad Atlanta” dice Chan sbattendo rapidamente le ciglia. “Ho un sacco di amici là – musicisti, pittori, persone creative – che hanno scelto la strada cosiddetta sbagliata e non sono diventati famosi. È una canzone un po’ religiosa per me, una specie di ‘siamo tutti ancora a galla’, è cercare di dare un senso comunque a quello che è sbagliato ma bello. Ognuno soffre e attraversa periodi difficili, ma poi c’è il paradiso, dove tutto sarà bellissimo, no?” conclude ridendo. La title-track ha un riferimento ancora più atavico: “The Greatest parla della mia famiglia, dei miei nonni, poverissimi, senza educazione, sempre a lavorare. Parla di sopravvivere e non perdere il rispetto per sé stessi. Essendo del Sud sono intimamente legata alle mie radici e alla storia della mia famiglia. Ma forse anche se fossi di un altro posto sarebbe la stessa canzone, chi lo sa. ma magari avrebbero avuto il sopravvento altre immagini, non i cavalli al lavoro, o i pugili, o elementi come la forza, la concentrazione, il porsi dei traguardi personali. The Greatest è un omaggio all’umanità. È importante avere una dichiarazione di intenti”.

Nel 1995 Chan viene scritturata dalla Matador: l’album di debutto diventa subito oggetto di culto per quella tensione sospesa tra psichedelia malata e folk austero e spettrale. Qualcuno, complice anche la cover di Bathysphere, la paragona a Bill Callahan/Smog (col quale ha una breve e tormentata relazione); qualcun altro tira in ballo riferimenti più classici, da Tim Buckley a Nico. Il mood resta cupo anche per l’album che la consacra come autrice, il bellissimo Moon Pix (1998), scritto e registrato in Australia con l’ausilio di Steve Turner e Jim White dei Dirty Three, per il quale i critici citano il Van Morrison di Astral Weeks e la Joni Mitchell di Blue. Fatto sta che, con questo disco, Cat Power consolida uno stile inimitabile, tra sofferenza e alienazione, che porterà anche nel successivo album, The Covers Record (2000), memorabile percorso di scarnificazione di brani altrui che non “risparmia” gli Stones, Bob Dylan e i Velvet Underground. Si riaffaccia con un disco di canzoni proprie, You Are Free (2003), dopo ben cinque anni, durante i quali il culto è cresciuto e si è consolidato. Adam Kasper, Eddie Vedder, Dave Grohl e Warren Ellis le fanno da supporto, ma i brani, meno lamenti e stavolta più canzoni dal pathos raffinato ed elegante, rimangono comunque nel complesso tenui acquerelli folk-rock saldamente ancorati al suo stile e baciati da una voce che sa penetrare nelle ossa.

——————————————————————————–

La lunga confessione in video rapisce la nostra attenzione per come l’artista gesticola, palesando ancora quella sorta di timidezza un po’ nevrotica. Colpisce soprattutto quando si sofferma a descrivere la genesi di alcuni brani: “Empty Shell parla di quella separazione. È stata scritta dopo l’uscita di You Are Free, a febbraio del 2003. Ricordo che ero a Londra per il mio primo soundcheck e mi sentivo davvero dilaniata. Ma, ovvio, col tempo è diventata più facile da suonare”. E ancora, su Could We: “Mi ero separata dall’amore della mia vita, e si sa come ci si sente in queste situazioni, no? Però c’è stato un momento, a primavera dell’anno scorso, in cui qualcosa è accaduto ed è stato come dicono di solito le canzoni: uccelli, api e cose così… una vita nuova, fresca. Ho iniziato a uscire per degli appuntamenti. e sai, ero davvero felice”.

On demand

Iscriviti alla Newsletter

Vuoi rimanere sempre aggiornato su rock e dintorni? Iscriviti alla nostra newsletter
per ricevere tutte le settimane nuovi video, contenuti esclusivi, interviste e tanto altro!