15/07/2013

Dead Can Dance

Lisa Gerrard e Brendan Perry ci accompagnano in un viaggio nello spazio e nel tempo, alla ricerca di un luogo fisico inafferrabile

Sedici anni ci sono voluti per avere l’onore di ascoltare un nuovo disco dei Dead Cand Dance, Anastasis; e questo che ha quasi il sapore di un evento, sembra voler essere festeggiato nel migliore dei modi. La data londinese alla Roundhouse è solo una delle infinite tappe di quello che è il tour più lungo della storia della band.

Lisa Gerrard, capelli raccolti, vestito di velluto blu con scialle dorato che le scende a mantello, è di un’eleganza imponente, imponente come è la sua voce che sembra attraversare secoli di civiltà, per raggiungere una bellezza unica e immortale. Recita la sua parte e l’aura di fascino che sembra avvolgerla è rafforzata dallo strumento musicale che suonerà per buona parte della serata: lo yangqin, strumento a percussione di origine cinese le cui corde in metallo devono essere percosse da dei martelletti in bamboo. A pochi passi da lei, Brendan Perry indossa un meno impegnativo completo grigio, ma la sua voce, che il tempo sembra aver modellato come un’imponente scogliera rocciosa, risulta più tenebrosa e profonda rispetto agli album in studio, tanto da lasciare senza fiato. Perry cerca di plasmare la voce cercando il giusto tocco di sensibilità, in antitesi con l’approccio della Gerrard, la quale il più delle volte cerca la perfezione tecnica, rendendo però freddi  ed eccessivamente tirati alcuni passaggi. L’esempio più eclatante di quanto la voce di Perry sia in grado di scavare nelle profondità dell’animo è l’esecuzione della cover di Tim Buckley Song To The Siren, versione di una bellezza commovente anche – e soprattutto – grazie ad alcuni passaggi dove la voce di Brendan sembra crollare e quasi cedere, per un istante, alla stonatura.

Nell’ultima parte del concerto, oltre alla cover di Tim Bucley, ci sarà spazio anche per un altro omaggio, quello ai This Mortal Coil di Ivo Watts-Russell con Dreams Made Flesh. Brendan Perry dà il suo apporto alla sezione ritmica suonando a più riprese le percussioni, ma il più delle volte si ritrova a suonare il bouzouki, strumento che sarà di centrale importanza nella rivisitazione di Ime Prezakias, antico brano della tradizione greca. Il continuo fluire di colori e rimandi ad alle terre che si affacciano sul Mediterraneo rende il concerto un continuo viaggio nel tempo e nello spazio, alla ricerca di un inafferrabile luogo fisico. Ed è questa la potenza della musica dei Dead Cand Dance: evocare una bellezza unica e fuori dal tempo.

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