24/05/2013

Spock’s Beard

Prog di alto livello. Peccato per il cantante senza grande personalità e per la continua tensione verso il brano ad effetto…

A quanto pare non capita tutte le sere di vedere una lunga fila fuori dal Garage di Londra, altrimenti non si spiegherebbe lo stupore di molti passanti che non resistono dal domandare chi è l’artista che di lì a poco si esibirà. Ritorno nel locale per la seconda volta da quando sono a Londra, la prima era stata per i Gazpacho (gruppo dell’etichetta KScope) e forse allora il fatto di essere la prima di un altrettanto lunga fila mi aveva evitato di dover rispondere alla stessa domanda.

Stasera sarà la volta degli Spock’s Beard, gruppo fondato nella metà degli anni ’90 dai fratelli Neil e Alan Morse; il primo ha abbandonato nel 2002 per poi tornare come co-autore di due testi nell’ultimo album Brief Nocturnes And Dreamless Sleep. Questo undicesimo lavoro in studio vede anche il battesimo di Ted Leonard, nuovo arrivo in casa Spock’s Beard: voce pulita, ma fin troppo “canonica”, non spicca in quanto a personalità; di gran lunga più affascinante risulta la voce spigolosa  e non particolarmente dotata di ampia estensione di Alan Morse. Se sul palco sembra spiccare Ryo Okumoto con il suo piccolo arsenale di tastiere e il suo atteggiamento teatrale tanto quanto le strutture che riesce a tessere con i suoi strumenti (Mellotron, sintetizzatore, vocoder e Clavinet), si resta affascinati dalla particolare tecnica utilizzata da Alan per suonare la sua splendida Fender: che siano accordi piuttosto che singole note, Morse utilizza solo l’indice della mano destra per pizzicare le corde, lasciando al pollice il compito di non far suonare le corde che devono restare mute e tagliando completamente fuori dai giochi il medio e l’anulare.

Buona metà del concerto è dedicata all’esecuzione dei brani di Brief Nocturnes And Dreamless Sleep, partendo dalla travolgente Something Very Strange e passando per uno dei brani migliori del disco, Afterthoughts. I pezzi hanno un buon impatto dal vivo – tenendo presente che buona parte della strumentazione usata da Okumoto ancora indissolubilmente la memoria dell’ascoltatore a sonorità tipiche del primo progressive. Gli Spock’s Beard suonano come un melting pot del meglio e del peggio della scena progressive. Da questo punto di vista, molto più interessante è stato il gruppo che apriva il concerto, gli svedesi Beardfish che meritano un approfondimento; non hanno convinto i Sound Of Contact del figlio di Phil Collins (con John Wesley che si è unito per l’intero tour) che hanno in comune con gli Spock’s Beard la continua tensione verso il brano ad effetto, con un continuo scivolamento verso ambiti non proprio tipici del progressive migliore.

Fotografia di Chiara Felice

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