11/11/2013

Il libro del prog italiano

La storia del prog italiano in un volume riccamente illustrato: il contesto sociale, la stagione dei festival, le bio-discografie

Genere musicale ignorato, osteggiato e infine sbeffeggiato, il progressive rock è stato invece un grande patrimonio del rock di ogni tempo. Un’appendice indubbiamente fascinosa è quella italiana, e non solo perché ha rappresentato uno dei rarissimi casi in cui il rock nostrano è apparso credibile e non una caricatura del ben più apprezzabile modello anglosassone. I nostri musicisti negli anni ’70 avevano, dalla loro, almeno un paio di assi nella manica di cui erano, viceversa, sprovvisti i colleghi d’oltremanica: il dna classicheggiante da una parte, la forza melodica e la componente mediterranea dall’altra. Per queste ragioni il progressive italiano riuscì a farsi breccia orgogliosamente nelle classifiche, arrivando addirittura a toccare gli altrimenti inespugnabili mercati di lingua inglese (a tutt’oggi, quarant’anni dopo, non è mai più successo). Anni straordinari, quelli, in cui la musica sembrava non avere confini e le case discografiche si concedevano il lusso di sperimentare, di modo che quando alcuni complessi di beat italiano (Orme, New Trolls, Formula ed altri) respirarono il vento che arrivava dal nord e fu loro concesso si buttarsi in questa nuova corrente che tante soddisfazioni avrebbe dato loro. Questo consistente volume rappresenta al tempo stesso il gemello di The Prog Side Of The Moon, pubblicato dal medesimo editore nel 2010 e dedicato al prog internazionale, e una sorta di fratellastro di Volo magico, librone dalle dimensioni esagerate pubblicato invece da  Arcana pochi mesi or sono. La filosofia della Giunti, come in altre occasioni, non è quella completista, preferendo fornire un esaustivo studio del fenomeno giocando sulla qualità più che sulla quantità.

Il libro è firmato da tre autori che si dividono equamente le tre parti che lo compongono. A John N. Martin tocca il compito più arduo: collocare il fenomeno nell’ambito sociale e storico. Erano anni anche caldi, quelli, particolarmente in Italia, tra la crisi petrolifera, gli autoriduttori, gli scontri politici e il preludio agli anni di piombo. L’analisi è attenta e centrata, esplicando molto bene come, nonostante le tensioni dell’epoca e la fine del sogno hippy, i musicisti nostrani riuscirono a tirar fuori un’inaspettata creatività. La seconda parte, curata da Sandro Neri, è dedicata ai festival, quegli incredibili happening dove migliaia di giovani si ritrovavano liberandosi di convenzioni e vestiti uniti sotto la grande bandiera della musica: meeting straordinari tra i quali si annoverano quelli alle Terme di Caracalla, Viareggio, Palermo e Napoli, fino al leggendario Parco Lambro, dove la stagione si concluse nel 1976, quando di fatto era bell’e finita anche l’epopea prog. La terza e ultima parte del libro, la più consistente, è curata invece da Michele Neri e il sottotitolo Maggiori e minori dice tutto: non più suddivisioni tra grandi e piccoli del prog (PFM e Banco, certo, ma anche Kaleidon e Laser) ma una guida ragionata, in ordine alfabetico, di tutti, o perlomeno di gran parte degli artisti (sono oltre 100). Per ciascuno, una scheda dettagliata sulla storia e il ruolo nel prog italiano, più un discografia sintetica e la recensione dei dischi più importanti. Dulcis in fundo, come da tradizione Giunti, un florilegio di fotografie, copertine di dischi e di giornali dell’epoca, locandine, manifesti, pubblicità, in un viaggio che rischia di provocare il magone sia per chi quella stagione l’ha vissuta, sia per chi ne ha solo sentito parlare.

On demand

Iscriviti alla Newsletter

Vuoi rimanere sempre aggiornato su rock e dintorni? Iscriviti alla nostra newsletter
per ricevere tutte le settimane nuovi video, contenuti esclusivi, interviste e tanto altro!