29/08/2013

Blind Faith

L’artista grafico Bob Seidemann immortala l’innocenza sulla copertina di un disco… e scatena un putiferio

San Francisco, 1967. Mentre in California esplode la Summer Of Love, il fotografo e artista Bob Seidemann raggiunge una discreta celebrità grazie a una reinterpretazione fotografica della Pietà di Michelangelo, rovesciando le tematiche tradizionali e raffigurando un uomo che tiene in grembo il corpo nudo ed esanime di una donna. Uno sconvolgente mix di sensualità e violenza. Quest’esperienza artistica lo sconvolge: «Ho venduto le mie macchine fotografiche. Mi sono spaventato», racconta, «e ho giurato a me stesso che non ne avrei mai più presa in mano una». Prima di vendere la sua attrezzatura, però, fa qualche scatto a Janis Joplin e a una delle band di punta del rock psichedelico californiano: i Grateful Dead di Jerry Garcia.

Londra, 1969. È l’anno dello sbarco sulla Luna, del festival di Woodstock, delle stragi di Charles Manson. Bob riceve una telefonata da Robert Stigwood, manager dell’amico Eric Clapton, che gli chiede di pensare a una copertina per il nuovo progetto del chitarrista. Slowhand ha appena terminato la sua esperienza con i Cream e ha formato una band – a cui manca ancora il nome – con Ginger Baker (già batterista nei Cream), Steve Winwood dai Traffic e Ric Grech dai Family. Uno dei primi supergruppi rock. Se Bob deve proprio riprendere in mano la macchina fotografica, questa è l’occasione giusta.

Il fotografo passa settimane a Londra cercando di farsi venire in mente qualche idea, farfugliando come un pazzo, fino a quando non ha un’illuminazione: «Ero sulla metropolitana londinese diretto verso l’ufficio di Stigwood per spiegargli la mia idea. A un certo punto si sono aperte le porte ed è entrata una ragazza. Indossava un’uniforme scolastica, gonna, blazer blu, calzettoni bianchi e aveva sulle mani disegni fatti con una penna a sfera». Seidemann non perde tempo e chiede alla ragazza se vuole posare per la copertina del nuovo album di Clapton e compagni, e questa risponde con una domanda a bruciapelo: «Mi devo spogliare?».

Viene subito organizzato un incontro con i genitori a Mayfair, quartiere centrale di Londra a est di Hyde Park, in una bellissima casa vittoriana dell’alta borghesia. Nonostante i genitori siano favorevoli alla cosa, Seidemann non è soddisfatto, la ragazza è troppo “adulta”, mentre lui ha bisogno di una figura femminile che simboleggi il passaggio da bambina a donna, una preadolescente. E ce l’ha proprio sotto gli occhi: si tratta della sorella minore della ragazza, che ha presenziato all’incontro e per tutto il tempo non ha fatto che gridare: «Voglio farlo io! Voglio farlo io!». È perfetta. «Quell’undicenne aveva l’aspetto di una Venere di Botticelli, il ritratto dell’innocenza, in un attimo solo avrebbe potuto far decollare centinaia di razzi spaziali», dichiarerà anni dopo Seidemann.

L’undicenne Mariora Goschen finisce così sulla copertina del primo e unico album della band, a seno nudo, con la sua folta chioma rossa, le sue lentiggini, e un’astronave – dall’evidente richiamo fallico – tra le mani. Compenso: 40 sterline, anche se la giovane avrebbe preferito un cavallo. Di sicuro non immaginava che sarebbe diventata famosa a causa della furiosa polemica scatenata dalla copertina ancor prima della pubblicazione dell’album: «A malapena notavo che mi stava crescendo il seno. Adesso però quando incontro persone che mi dicono cosa si mettevano a fare davanti a quella foto…».

Seidemann spiega: «Volevo un’immagine che simboleggiasse i traguardi della creatività umana espressi attraverso la tecnologia e trasportati nell’universo come una nuova spora nelle mani dell’innocenza, di una ragazza giovane come la Giulietta di Shakespeare. L’astronave rappresenta il frutto dell’albero della conoscenza; la ragazza, il frutto dell’albero della vita». L’artista californiano dà all’opera il titolo Blind Faith, che Clapton adotta anche come nome della band e del disco che esce nell’agosto del 1969 per Polydor. Negli Stati Uniti, dove la polemica dei conservatori lascia poco spazio a repliche, la censura impone all’etichetta di sostituire la copertina della discordia con una fotografia del gruppo.

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