16/05/2007

Bonnie Raitt

Silver Lining – Capitol/Emi

L’attacco è fulminante: un fenomenale stacco corale apre un sincopatissimo r&b (Fool’s Game) firmato da Jon Cleary, l’ispirato pianista britannico della rossa californiana. E quando Bonnie inizia a cantare la strofa e, soprattutto, a far sentire la sua inconfondibile slide. beh, siamo tutti in paradiso!

Non ci poteva essere inizio migliore per questo quindicesimo (e va detto subito, straordinario) album ufficiale della Raitt, il quinto, includendo lo spettacolare live Road Tested, dopo la sua rinascita artistica del 1989 seguita all’epocale successo di Nick Of Time. Proprio nella medesima vena artistica di Nick Of Time sono la suadente I Can’t Help You Now così come la travolgente Time Of Our Lives entrambe ballate up-tempo ‘tinte di blu’ tipiche del repertorio e dell’attitudine di Bonnie. E proprio qui, meglio che altrove, si nota un intelligente e calibrato lavoro ai suoni. A fianco della premiata ditta Mitchell Froom-Tchad Blake (che aveva firmato in modo un po’ troppo marcato il precedente Fundamental) si schiera la stessa Raitt che, seguendo i dettami del suo precedente mentore produttivo (Don Was), riequilibra il tutto. Il risultato è decisamente soddisfacente: la musica di Bonnie non viene snaturata e nel contempo il tocco unico di Froom/Blake emerge in modo raffinatissimo. Esempio mirabile, in tal senso, è la title-track, una delle più belle composizioni di David Gray che la Raitt (come già fatto in passato con i brani di un altro songwriter britannico, Paul Brady) valorizza in maniera assolutamente straordinaria. Provate ad ascoltare quel ‘filo’ di fisarmonica che dà al pezzo un sapore particolarissimo. Ma anche quelle chitarre con la giusta dose di riverbero o persino il beat della batteria che (come va tanto di moda oggi) è volutamente molto Sixties. Insomma, la confezione è davvero superba e veste in maniera impeccabile questo set di 12 canzoni quasi tutte di livello assoluto.

L’interpretazione stilistica ed espressiva di Bonnie è, poi, fuori discussione: basta ascoltare la fantastica Gnawin’ On It il cui riff iniziale di slide un po’ satura è commentato dalla stessa Raitt con un significativo “Mmm, sounds and smells good, baby”. Perché il pezzo, un classico e ruvidissimo rock blues, cantato con convinzione (e ancora meglio suonato) trasporta l’ascoltatore in quel territorio immaginario che fa confinare la California del Sud con il Delta del Mississippi e che solo la musica di Bonnie (e, forse, quella di Ry Cooder) sa trasformare in realtà acustica. Tanto che, per non interrompere questa sorta di orgasmo sonico, la scaletta prevede dopo questo pezzo l’altrettanto coinvolgente Monkey Business, un funk esplosivo la cui deliziosa melodia è ancora una volta merito della penna fertile di Jon Cleary.

A proposito di melodie centrate, la ballata semi-acustica Wherever You May Be (molto suggestiva) e soprattutto l’eccellente Valley Of Pain (forse la linea melodica più bella di tutto il lavoro) sono i momenti più interessanti del disco. In particolare questo secondo pezzo (scritto per lei dall’acclamatissima coppia di autori di Nashville Allen Shamblin e Rob Mathes) merita un circoletto rosso: emozionante anche il finale di slide.

Con Hear Me Lord la Raitt mette a fuoco in modo straordinario la sua recente infatuazione per la musica africana: il pezzo, per pertinenza stilistica, calore interpretativo e gradevolezza armonica, sembra direttamente estratto da Graceland. C’è Africa anche in Back Around: alla chitarra acustica, infatti, si presenta la nuova sensazione del Mali, quel Habib Koite di cui abbiamo parlato benissimo proprio su queste pagine e che la stessa Raitt giudica uno delle migliori realtà del chitarrismo di inizio Millennio. Il brano è una chicca dal profumo seducente: due chitarre acustiche, un basso e un pizzico di percussioni fanno da contorno alla voce di Bonnie.

Se aggiungiamo che il rock blues di No Gettin’ Over You e la introspettiva ballata finale (Wounded Heart) mantengono il livello artistico su valori d’eccellenza non possiamo che caldeggiare a tutti gli appassionati di buona musica l’acquisto di questo Silver Lining. Bonnie Raitt, infatti, mette a segno un piccolo capolavoro che non teme il confronto nemmeno con il leggendario Nick Of Time né con quel Give It Up che l’ha fatta diventare (nei primi anni 70) un cult assoluto in California.

——————————————————————————–

Voto: 8,5
Perché: Bonnie Raitt torna a livelli d’eccellenza. Blues, classic rock, R&B, afro e ballate west coast si alternano in maniera sublime in una dozzina di canzoni bellissime. Ottimo.

On demand

Iscriviti alla Newsletter

Vuoi rimanere sempre aggiornato su rock e dintorni? Iscriviti alla nostra newsletter
per ricevere tutte le settimane nuovi video, contenuti esclusivi, interviste e tanto altro!