“Non so nulla dei Crowes in questo momento” dice Chris Robinson. E si dedica così al terzo disco della Chris Robinson Brotherhood.
“Più disco” questo per la band, reduce da due prove di impatto live, che nascevano di fatto dalle esibizioni dal vivo e sembravano più figlie di quel tipo di percorso. “Più disco” nel senso di più costruito, sebbene non nel senso di più calcolato. “Più disco” nel senso di dieci tracce più ispirate, dove il gruppo diventa vero e proprio e non rimane relegato all’idea di side-project, così come poteva sembrare inizialmente.
C’è subito la spensierata “Shore Power” e poi l’atmosfera si addolcisce nei richiami 70’s di “About A Stranger”. Si passa poi al rock-blues, ma anche al folk cantautorale con gli ottimi interventi della tastiera sempre più consapevole di Adam Macdougall, rispettivamente in “Meanwhile” e “Badlands”.
“Clear Blue Skies” riprende quest’ultimo discorso, ma il titolo pinkfloydiano cela forse qualcosa. E in effetti è così. Dopo metà brano parte infatti il celebre arpeggio di “Wish You Were Here”, anche se la parte cantata successiva strizza l’occhio ad altre citazioni psichedeliche. Il rock’n’roll con venature glam di “Beggars Moon” costituisce un’altra storia a parte che testimonia la versatilità acquisita dalla band. Si predilige la tranquillità con “Wanderer’s Lament” e “Tornado” e si torna a vivacizzare un po’ l’ambiente con “Jump The Turnstiles”, prima di immergersi inizialmente in uno scenario non così inaspettatamente prog in “Burn Slow” e poi in un’altra dimensione con la bonus track strumentale “Humbolt Wind Chimes”.
Se l’idea dello sfogo live aveva generato i primi due dischi, adesso il processo sembra inverso. E se dei Black Crowes Chris Robinson in questo momento non ne sa nulla, sicuramente della Chris Robinson Brotherhood adesso ne sa molto di più, in quanto ora la loro identità è più definita. Ascoltare per credere.
“Più disco” questo per la band, reduce da due prove di impatto live, che nascevano di fatto dalle esibizioni dal vivo e sembravano più figlie di quel tipo di percorso. “Più disco” nel senso di più costruito, sebbene non nel senso di più calcolato. “Più disco” nel senso di dieci tracce più ispirate, dove il gruppo diventa vero e proprio e non rimane relegato all’idea di side-project, così come poteva sembrare inizialmente.
C’è subito la spensierata “Shore Power” e poi l’atmosfera si addolcisce nei richiami 70’s di “About A Stranger”. Si passa poi al rock-blues, ma anche al folk cantautorale con gli ottimi interventi della tastiera sempre più consapevole di Adam Macdougall, rispettivamente in “Meanwhile” e “Badlands”.
“Clear Blue Skies” riprende quest’ultimo discorso, ma il titolo pinkfloydiano cela forse qualcosa. E in effetti è così. Dopo metà brano parte infatti il celebre arpeggio di “Wish You Were Here”, anche se la parte cantata successiva strizza l’occhio ad altre citazioni psichedeliche. Il rock’n’roll con venature glam di “Beggars Moon” costituisce un’altra storia a parte che testimonia la versatilità acquisita dalla band. Si predilige la tranquillità con “Wanderer’s Lament” e “Tornado” e si torna a vivacizzare un po’ l’ambiente con “Jump The Turnstiles”, prima di immergersi inizialmente in uno scenario non così inaspettatamente prog in “Burn Slow” e poi in un’altra dimensione con la bonus track strumentale “Humbolt Wind Chimes”.
Se l’idea dello sfogo live aveva generato i primi due dischi, adesso il processo sembra inverso. E se dei Black Crowes Chris Robinson in questo momento non ne sa nulla, sicuramente della Chris Robinson Brotherhood adesso ne sa molto di più, in quanto ora la loro identità è più definita. Ascoltare per credere.
