22/02/2008

Counting Crows

Saturday Nights & Sunday Mornings, Geffen / Universal

Forse è vero che la buona musica nasce dalla sofferenza. O per lo meno, forse è vero per gente come i Counting Crows. Quando Adam Duritz era felice e innamorato tirò fuori una canzonetta intitolata Accidentally In Love per la colonna sonora di Shrek 2. Robetta pop gradevole, per carità, ma ampiamente al di sotto delle possibilità del gruppo che aveva inciso Round Here. Alcuni casini sentimentali e molte sbronze dopo, ritroviamo il cantante dei Counting Crows stropicciato e alla deriva, però nuovamente ispirato e alle prese coi temi più adatti a quello splendido lamento dell’anima che è la sua voce. Il nuovo album dei californiani, in uscita il 21 marzo, è precisamente il racconto di quel che accade quando ti abbandoni a tuoi istinti più bassi, ti cacci nei guai e deludi le persone che ti amano, e di quel che succede dopo, quando cerchi di risalire dalla fossa che ti sei scavato. “Dissoluzione e disintegrazione” le chiama Duritz. “È su quando arriva sabato e ti perdi completamente. Ti dissolvi nell’alcol, nelle medicine e nell’assenza di morale, e infine smarrisci la fede e precipiti nella pazzia. Ma è anche su quando ti svegli la domenica mattina, pensi al disastro che è la tua vita e ti chiedi come farai a riparare i danni che hai fatto”. Non si tratta di una narrazione coerente, di una vera e propria storia, ma di una serie di quadri che compongono una parabola che va dalla caduta a un primo accenno di riscatto, senza arrivare alla redenzione. Se ne parla ampiamente nell’articolo di pagina 48. Qui preme sottolineare che a questo ritorno ai temi del dolore, del rimpianto e della solitudine corrisponde una fioritura musicale che va oltre ogni aspettativa. Non che Saturday Nights & Sunday Mornings sia un capolavoro. Però ha un’intensità che mancava ad altri dischi del gruppo e musicalmente è una delle opere più varie ed elaborate dei californiani. Se Hard Candy del 2002 era in perfetto equilibrio tra radici della musica americana e piacevolezza pop, Saturday Nights & Sunday Mornings non cerca alcuna via di mezzo, ma mira agli estremi. È un disco diviso nettamente in due. La prima parte (Saturday Nights) riunisce sei canzoni elettriche e vibranti prodotte da Gil Norton, già con la band ai tempi di Recovering The Satellites. La seconda (Sunday Mornings) mette insieme otto pezzi curati da Brian Deck e approfondisce il legame del gruppo col folk-rock e il country-rock. È una formula lievemente diversa da quella che abbiamo imparato ad amare nei dischi precedenti, eppure è perfettamente riconoscibile. Sono i Counting Crows, dalla prima all’ultima nota.

Saturday Nights, dunque, è la sezione del disco dedicata allo sprofondo. Si apre con 1492, il momento più drammatico del lavoro, un’esasperazione del suono elettrico di Recovering The Satellites. Co-prodotto da Norton con Steve Lillywhite, è il pezzo più aggressivo e viscerale dell’intero catalogo dei Crows, con le distorsioni che furono dell’alternative rock e uno stile canoro quasi gridato. Hanging Tree ha persino un riff alla Smells Like Teen Spirit, col chitarrista (difficile dire chi sia dei tre) impegnato in una serie di back up originali. Ma il vero pezzo forte di Saturday Nights è Los Angeles, una grande canzone che strizza l’occhio alla stagione migliore del country-rock anni 70, mentre in Sundays affiorano armonie vocali alla R.E.M. e rifiniture di dobro. La prima parte del disco è chiusa da un altro pezzo particolarmente veemente intitolato Cowboys di cui si apprezza anche la dinamica: è evidente che c’è stato uno sforzo per rendere più interessanti, mosse e pluridimensionali le parti elettriche.

Poi c’è Sunday Mornings, che è tutta un’altra cosa. Lo si capisce subito da Washington Square, una ballata di grande atmosfera in cui un piano gocciola note sull’accompagnamento di chitarra acustica e contrabbasso. È un tipo di raffinatezza che non ci aspettavamo dai californiani e che torna in Le ballet d’or. Chitarre acustiche, dobro, tres cubano, pedal steel, mandola, mandolino, banjo. E poi, pianoforte, Hammond, Vox, Fender Rhodes, mellotron, chamberlain, glockenspiel, harmonium: è stato fatto uno sforzo notevole per rendere le canzoni musicalmente ricche e stilisticamente ineccepibili. Merito soprattutto da una parte di David Immergluck e David Bryson (per gli strumenti a corda) e dall’altra di Charlie Gillingham (per le tastiere). La chiusura è affidata a un pezzo dal tono agrodolce e dall’epica quasi springsteeniana intitolato Come Around, dove torna la produzione di Gil Norton.
“Se l’album come forma d’arte sta scomparendo” ha detto Duritz “volevamo fare un ultimo, grande album”. Ci sono riusciti, anche se a Saturday Nights & Sunday Mornings mancano l’ispirazione e lo stato di grazia assoluto che a gente come i Counting Crows sono concessi una volta nella vita, all’inizio della carriera.

1492
Hanging Tree
Los Angeles
Sundays
Insignificant
Cowboys
Washington Square
On Almost Any Sunday Morning
When I Dream Of Michelangelo
Anyone But You
You Can’t Count On Me
Le ballet d’or
On A Tuesday in Amsterdam
Long Ago
Come Around

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