11/09/2014

Ginger Baker

A 74 anni l’ex batterista dei Cream ritorna alle sue passioni per jazz e musica africana con un quartetto inedito e un nuovo album
Il 2014 è stato anche l’anno del ritorno in studio di Jack Bruce e Ginger Baker, eroi del rock-blues inglese anni ’60. Compagni di squadra dalla Alexis Korner Blues Incorporated, alla Graham Bond Organisation, fino ai Cream naturalmente. Ma anche storici nemici e protagonisti di numerosi litigi.
 
Entrambi hanno pubblicato un nuovo album solista (per Bruce il primo in 10 anni, per Baker invece nuova fatica dopo 14 anni). Dal ritorno di Baker non bisogna aspettarsi però un revival del rock-blues, né le sue “peripezie” alla batteria in classici come Toad, né ancora i Blind Faith. Why? è infatti un album jazz, un ritorno alla sua prima passione post-Cream (gli album della Ginger Baker’s Air Force ad esempio).
 
Questa volta Baker fa parte di un quartetto di nome Jazz Confusion, composto da Abbass Dodoo alle percussioni, Alec Dankworth al basso e Pee Wee Ellis (Van Morrison, James Brown) al sax tenore.
Il primo degli otto brani che compongono l’album, Ginger Spice, è un ottimo esempio di ciò che si potrà trovare nel resto dell’opera: in primo piano il sax, accompagnato da linee di basso precise e mai eccessivamente virtuose e una solida base ritmica tra la batteria di Baker e le percussioni. Queste ultime aggiungono atmosfere africaneggianti alla maggior parte dei brani. D’altronde Baker è sempre stato un ammiratore della musica africana, oltre ad aver viaggiato e vissuto tra Algeria e Nigeria.
L’ex Cream è anche il principale compositore dell’album, come testimoniano la breve title-track ed Aiko Biaye: quest’ultima contiene in particolare un grande duello batteria/percussioni ed è una rivisitazione del traditional nigeriano inciso nel 1970 con la Air Force. Ain Temouchant proviene invece da Going Back Home (1994, registrato con il Ginger Baker Trio) e Baker pesca dal suo album del 1999 (Coward of the County) sia il brano di apertura che la latineggiante Cyril Davis. I brani originali sono i più efficaci, ma non mancano rivisitazioni di classici come Footprints (Wayne Shorter, 1966) e il bebop di St. Thomas (Sonny Rollins, 1956).
 
L’album è dedicato più agli esperti del genere, ma in ogni caso grande merito va alla band che dimostra una grande unità, frutto anche dei molti concerti insieme. Grazie a un mix davvero efficace si possono ascoltare distintamente i quattro musicisti in ogni brano, ognuno con i suoi assoli mai eccessivi e sempre in sincronia.
Una nuova reunion dei Cream sembra poco probabile (considerate anche le intenzioni recentemente manifestate da Eric Clapton di volersi ritirare dall’attività live). Il futuro del 74enne Baker sarà dunque con i Jazz Confusion? Staremo a vedere.
 
 

 
 

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