29/09/2015

Gino Paoli – Danilo Rea

“Due come noi che” sanno reinventarsi: l’incontro perfetto tra canzone d’autore e jazz. La rassegna Expo a Teatro ha ospitato l’empatico duo
Nessun orpello, nessuna scenografia, nessuno studiato gioco di luci; sul palco del Teatro Manzoni, nel cuore della città milanese movimentata dalla prima notte della fashion week, solo un microfono e un pianoforte illuminati da una soffusa luce blu. Il blu in fondo è un po’ il colore del jazz e il jazz è l’ennesima metamorfosi del cantautore genovese che dal 2007 porta in giro per l’Europa il progetto musicale “Due come noi che” insieme al pianista Danilo Rea.
Due come loro possono permettersi di sperimentare cambiando le regole. “Ogni sera ci inventiamo” confida Gino Paoli quando cerca di spiegare cosa sia per lui il jazz. “Il jazz è una mentalità. Quello che avviene in quel momento irripetibile”. È questa la magia del duo Paoli-Rea: l’irriproducibilità dell’hic et nunc delle loro performance, in cui Paoli canta come se suonasse e Rea suona come se cantasse.
 
A essere irripetibile è anche il repertorio che si muove dinamicamente tra i classici rivisitati di Paoli, l’omaggio ai “vecchi amici” (quelli che volevano cambiare il mondo) e l’amore per l’autenticità della tradizione napoletana e francese dalla quale la cultura musicale italiana non può prescindere. L’apertura con la romanza Una furtiva lagrima preannuncia l’anima del concerto che come un “melodramma giocoso” si colloca in perfetto equilibrio tra la modernità degli arrangiamenti e la nostalgia di tempi andati. Protagonista indiscusso allora non può che essere il ricordo che per Paoli è tutto ciò che ci rimane di chi abbiamo perso per strada. A questo punto chiude gli occhi e, seduto sul suo sgabello, si lascia trasportare nel tempo dai virtuosismi e dalle improvvisazioni di Rea su Io che amo solo te e Bocca di rosa, per poi regalare al pubblico un breve omaggio agli amici Tenco e Bindi che si conclude non a caso con Un addio.
Poi Gino Paoli si lascia ispirare dal sentimento amoroso e dall’entusiasmo per la natura della canzone napoletana e così intona ‘O sole mio, ReginellaPassione. Un pathos, quello della canzone napoletana, che non può non condizionare anche i suoi classici: da quelli maggiormente apprezzati dal pubblico come La gatta e Sapore di sale, a una versione sussurrata di Che cosa c’è, sino alle canzoni più sentite e romantiche come Fingere di te, Vivere ancora, Una lunga storia d’amore e alla quasi parlata esecuzione di Albergo ad ore, traduzione italiana di Herbert Pagani di Les amants d’un journ di Edith Piaf.
 
Un viaggio nel tempo e nello spazio, tra vecchi poeti italiani e le citazioni di cantautori spagnoli e francesi. Un live dal sapore dolce e frizzante, un connubio artistico che mette in risalto il connubio artistico di due grandi maestri: un virtuoso jazzista che apre universi musicali sulle semplici linee melodiche di Paoli e un cantautore che alla veneranda età di 81 anni ha ancora la voglia di sperimentare e reiventarsi. L’empatico duo saluta il pubblico con un ultimo assaggio del repertorio paoliano: Il cielo in una stanza, Senza fine e Ti lascio una canzone, un ottimo modo che permette al cantautore genovese di affermare che “i ricordi prima o poi sbiadiscono e allora l’unica cosa che ci rimane è la musica”…
 

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