15/05/2007

Heart

Jupiter’s Darling – Eagle/Edel

Apparentemente, la notizia è che le Heart sono vive e vegete, e che il loro primo album di canzoni inedite da undici anni a questa parte è eccellente.

Apparentemente. Perché la vera notizia per la maggior parte degli appassionati di musica rock oggigiorno è che esiste un gruppo chiamato Heart. Sparite virtualmente dalla circolazione dopo Desire Walks On del 1993, mai veramente apprezzate in Italia, le Heart sono state stelle di prima grandezza negli Stati Uniti grazie ad alcuni album che, tra la metà dei 70 e la metà degli 80, hanno tradotto il sound dei Led Zeppelin per il pubblico di massa. Canadesi, trasferitesi a Seattle e legate alla scena locale – anche perché per lungo tempo proprietarie degli studi Bad Animals/Studio X da cui sono passati Pearl Jam, Alice In Chains, Nirvana e Soundgarden – le sorelle Ann e Nancy Wilson rappresentano la faccia presentabile del rock mainstream. Non solo: in tempi in cui essere donne e rocker era una scommessa, hanno offerto un modello femminile di successo, aprendo la strada a molte colleghe. Storica la frase di Nancy, poi diventata moglie del regista Cameron Crowe: “Non volevo scopare Robert Plant. Volevo essere Robert Plant”.

È strabiliante che un gruppo che ha smesso di dire qualcosa d’importante qualcosa come venticinque anni fa, torni sulle scene con un album fresco e vitale come Jupiter’s Darling. I musicisti che accompagnano Nancy (che è anche un’ottima chitarrista) e Ann, tra cui il co-produttore, co-compositore e multistrumentista Craig Bartock e il bassista Mike Inez (Alice In Chains), offrono un’iniezione d’energia nel sound dell’album. Dice Nancy: “Ci siamo poste l’obiettivo di dare filo da torcere ai Led Zeppelin”.

Jupiter’s Darling si divide in buona sostanza tra rockettoni alla Led Zeppelin – da sempre il punto di riferimento privilegiato delle Wilson – e ballate elettro-acustiche alla. ehm ehm, Led Zeppelin. Qui sta il limite dell’album che, stilisticamente, è sentito e risentito. Ma come dice Ann, “là fuori c’è fame per il vero rock”. E poi, rispetto ai vecchi dischi delle Heart, qui il rock zeppeliniano è interpretato con una grinta inedita, merito in parte della presenza in alcuni brani di due chitarristi eccellenti come Jerry Cantrell (Alice In Chains) e Mike McCready (Pearl Jam).

Il riff di Oldest Story In The World lascia intendere l’influenza che la scena di Seattle d’inizio anni 90 ha esercitato sulle sorelle, mentre Ann si lancia in un’interpretazione vocale alla Plant. Il testo dà voce alla frustrazione per quanto sta accadendo negli Stati Uniti (e in Iraq). La brillante Things – una chitarra acustica in primo piano, una pedal steel in sottofondo, un ritmo brioso, una serie di stop-and-go – suona famigliare quando un brano acustico degli Zeppelin, periodo Going To California, sensazione che si prova anche ascoltando I Need The Rain, in cui la coppia si crogiola nella propria malinconia, e Led To One. La ballata confessionale Enough unisce influenze mediorientali e una melodia agrodolce, arricchita da una prova vocale davvero alla Plant. Il riff roboante di Vainglorious è, invece, evidentemente frutto dell’adorazione per Jimmy Page. No Other Love è l’unico brano non autografo dell’album: scritto da Chuck Prophet, era la title-track dell’album del 2002 dell’ex chitarrista dei Green On Red.

Il gruppo spara le migliori cartucce nella prima metà dell’album, che riprende decisamente quota sul finale: Fallen Ones, dove pare di riconoscere il tipico sound chitarristico di Cantrell, è l’ennesimo omaggio agli Zep, con tanto di acuti vocali; Lost Angel è una toccante ballata acustica, sorta di preghiera; la beatlesiana Hello Moonglow è tutta giocata sulle deliziose armonie vocali delle Wilson.

Sebbene troppo lungo – contando le due bonus track contenute nella vesione europea dura 70 minuti – Jupiter’s Darling è stilisticamente vario, melodicamente azzeccato, musicalmente solido e arrangiato con gusto.

Contemporaneamente, la Epic ristamperà in versione espansa tre album delle Heart: Little Queen del 1977, Dog And Butterfly del 1978 e BeBe Le Strange del 1980.

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Voto: 7,5
Perché: segna il ritorno in grande forma di uno dei gruppi chiave del rock femminile degli anni 70.

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