10/10/2016

Il Paradiso degli Orchi: guarda in anteprima il video de “La stanza dei ricordi”

Intervista al gruppo che da poco ha pubblicato “Il Corponauta”, album in cui convivono prog, psichedelia, indie rock, atmosfere cantautorali, profumi etnici ed elettronica
Abbiamo intervistato Il Paradiso degli Orchi, band bresciana nata nel 2009 che ha da poco pubblicato un sapiente mix di generi (progressive, psichedelia, indie rock, ma anche atmosfere cantautorali, profumi etnici ed elettronica) con Il Corponauta (AMS Records). È stata l’occasione per parlare dell’album, del videoclip de La stanza dei ricordi che potete vedere ed ascoltare in anteprima qui su Jam TV e dell’attività live che li porterà l’anno prossimo in America.
 
Ci è sembrato subito interessante il termine da voi inventato “propk” per definire il vostro genere. Ce lo spiegate?
All’uscita del nostro disco di debutto (nel 2011) ci definivamo come un gruppo rock alternativo e psichedelico, ma le recensioni sottolineavano continuamente la nostra propensione al prog accusandoci di non avere le idee chiare. Ma noi sapevamo benissimo quello che volevamo fare e quindi gli abbiamo dato un nome: Prop(k)! Progressive-pop-psichedelia-rock. Siamo discreti musicisti e troviamo noioso nel 2000 suonare canzoni simili tra loro: abbiamo le idee molto più chiare di tanti gruppi che ne scimmiottano altri pur di essere inseriti in un contesto preciso, venite a sentirci live per averne la prova definitiva!
 
Che ruolo ha l’improvvisazione nel vostro caso? Vi capita di fare lunghe jam e da lì estrarre dei pezzi di brani?
Il gruppo è nato grazie a dei momenti di improvvisazione e da sempre abbiamo composto partendo dagli spunti nati nel corso di lunghissime jam session. Le nostre prove iniziano ogni volta con una libera improvvisazione, e lo facciamo anche dal vivo quando il minutaggio del concerto lo consente. I pezzi del nostro nuovo disco Il Corponauta nascono tutti da improvvisazioni su cui poi abbiamo cucito un testo in base alle atmosfere del sound; la sapiente produzione artistica di Fabio Zuffanti ci ha poi aiutato a dare ai brani una forma più concreta e immediata. Improvvisiamo con una tonalità di partenza e senza strutture (come avviene invece per il blues o il jazz) ed è davvero liberatorio, un approccio molto tribale, fisico, che ci aiuta ad affinare le dinamiche e l’intesa del gruppo perché diventa un gioco dove ci si insegue a vicenda cercando di pescare gli spunti di ognuno.
 
Venendo all’album, quali sono i temi de Il Corponauta? Rispetto al libro di Emer, come li avete traslati in musica nel disco?
Il Corponauta, ovvero Flavio Emer, è alla ricerca continua della bellezza e del senso delle cose anche nel mondo della disabilità più limitante, dove un pensiero rinchiuso nel corpo di un completo disabile cerca di sfuggire alle leggi della fisica per dare un significato alla sua esistenza. Un viaggio che pian piano cambia direzione e invece di rivolgersi verso l’esterno si perde in un universo infinito che Flavio immagina dentro ognuno di noi. Il viaggio dentro questo corpo regala al lettore forti sensazioni che noi abbiamo cercato di ricreare prima di tutto con le dinamiche e le atmosfere della musica. I testi, su consiglio diretto dell’autore, mescolano la storia a riflessioni più legate al nostro vissuto quotidiano ma viste anche dal punto di vista del Corponauta.
 
Per quanto riguarda l’attività live come prosegue? I brani prendono altre forme?
I concerti per il momento sono stati pochi, ma siamo oltremodo contenti dell’impatto che i brani hanno sul pubblico. Dall’estero riceviamo molte soddisfazioni per quanto riguarda vendite e recensioni, quindi molte proposte ci sono arrivate anche da fuori confine, ma ovviamente vanno valutate sempre con oggettività. L’anno prossimo saremo in Canada a Maggio al Terra Incognita Festival in Quebec City e poi a New York; nel frattempo stiamo lavorando per confermare altre date lungo il tragitto. Vi aspettiamo a Brescia al Carmen Town  il 27 Ottobre e al Liceo Calini il 10 Novembre. Su www.ilpdo.org potrete rimanere aggiornati sulle date.
 
Com’è stato girare il videoclip de “La stanza dei ricordi” in tre giorni?
Beh, sicuramente divertente. Con il regista e amico Andrea Sandri siamo partiti dall’idea di mostrare dei personaggi indefiniti alla ricerca ossessiva dei loro ricordi, che in fondo è anche la ricerca di se stessi, di quello che si è stati e quindi di quello che si è diventati. Avevamo giusto qualche scena in mente e poi ci siamo divertiti a mettere sottosopra la casa del nostro batterista tirando fuori i nostri vecchi giochi, vestiti, libri, quaderni, dischi, ecc… Volevamo anche mostrare il gruppo perché rispetto al disco di esordio ha acquisito nuovi componenti, quindi abbiamo deciso di inserire il classico immaginario della band che suona invitando i nostri amici a indossare con noi la maschera del Corponauta ballandoci intorno. Al termine delle riprese abbiamo offerto un rinfresco e la possibilità di ascoltare in anteprima i pezzi del disco!
 
Per finire, che idea vi siete fatti sul pubblico de Il paradiso degli orchi? Più “indie” o più sofisticato verso prog e psichedelia?
Dobbiamo ammettere che il pubblico prog ci sta dando davvero grandissime soddisfazioni, alcune davvero inaspettate. Ci ha colpito tantissimo l’accoglienza fuori confine. Il concerto alla Z-fest a Milano ci ha portato davanti ad un pubblico attivissimo che batteva le mani a tempo e ci incitava continuamente anche se non conosceva i pezzi. Gli va riconosciuto il merito di saper valorizzare un prodotto al di là della spinta mediatica che riceve. Siamo convinti che anche una buona parte dell’universo indie-rock possa apprezzare Il Corponauta e speriamo di poterla incontrare live al più presto, per dimostrargli che il nostro Prop(k) non è musica solo per nostalgici!
 
 

 

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