28/05/2008

MARTHA WAINWRIGHT

Affari di famiglia

Voleva essere un uomo, uno dei quei figli di puttana con la chitarra elettrica che ti gettano in faccia la loro sicurezza e niente sembra turbarli. Quelli che sembrano battere il piede a un tempo speciale. Era la fantasia di Martha Wainwright tre anni fa, quando in Bloody Mother Fucking Asshole confessava che aspirava ad essere una brava artista e si capiva che no, non pensava d’esserlo. Era giovane e forte, si sentiva vecchia e stanca. Schiacciata dal peso dei genitori, i folksinger Kate McGarrigle e Loudon Wainwright III, e oscurata dal debordante talento del fratello Rufus, Martha esordiva cercando di ritagliarsi uno spazio tra la voglia d’esprimersi e il timore di non essere all’altezza della famiglia, col peso aggiuntivo d’essere donna in un ambiente maschilista. Oggi Martha Wainwright non ha più bisogno di quella fantasia, non vuole più essere un uomo. Ha il suo talento, e basta e avanza. Ha fuoco e ha desiderio. Li tira fuori in modo spettacolare nel nuovo I Know You’re Married But I’ve Got Feelings Too, un notevole passo in avanti rispetto all’album del 2005 Martha Wainwright soprattutto per quanto riguarda il sound e le interpretazioni. La cantautrice usa un linguaggio musicale più complesso, arrangiamenti più elaborati e suoni più intensi. Utilizza con padronanza i linguaggi del rock, del pop, del folk, della canzone d’autore, persino della musica contemporanea. Dosa momenti drammatici e leggeri, spiazza e ammalia, inquieta e intenerisce. “La crescita” racconta “riflette un mio cambiamento: facendo concerti negli ultimi due anni ho acquisito una fiducia in me stessa che prima non possedevo. Un tempo mi sentivo una che tenta d’uscire dall’ombra della famiglia. Ora credo d’essere finalmente un’artista e una musicista. Vedi anche quel che è successo alle mie canzoni: non riguardano solo me e i miei problemi, ma argomenti più grandi e importanti. Anni fa passavo del gran tempo ad aspettare l’ispirazione. Ora la trovo lavorando duramente. Ed è un bene” aggiunge ridacchiando “perché tendo ad essere piuttosto pigra”.
Al posto d’affidare tutto il lavoro all’amico bassista Brad Albetta, che si era occupato dell’esordio e che nel frattempo è diventato suo marito, Martha l’ha diviso con altri due produttori: Tore Johansson (Franz Ferdinand) e Martin Terefe (KT Tunstall). Le ha permesso di scovare nuovi colori e di ottenere un suono più accattivante che in certi momenti – ad esempio la cover di See Emily Play dei Pink Floyd e You Cheated Me che fa tanto anni 60 – aspira all’incantevole leggerezza del miglior pop. “Non m’interessava fare un disco tutto uguale: volevo il produttore giusto per ogni brano. Tore lo senti nell’arrangiamento di Tower, un grande esempio di creatività, un livello cui francamente non posso aspirare. Martin lo senti in Jesus And Mary: ha aggiunto un lato giocoso e pop che non avevo preso in considerazione. E pure Brad ha fatto un gran lavoro. Uno dei suoi momenti migliori è Niger River: mostra in modo crudo e onesto chi sono come songwriter. E poi è stato lui a convincermi a fare In The Middle Of The Night: non pensavo fosse pronta, invece lui la sentiva proprio così, grezza”. Albetta aveva ragione. In The Middle Of The Night è uno dei picchi dell’album, una ballata sepolcrale sulla paura della morte: nel mezzo della notte qualcuno bussa alla tua porta, una limousine è parcheggiata davanti casa tua, presagi s’addensano mentre poche note di chitarra elettrica rintoccano come campane funebri. “M’è venuta pensando a mia madre malata di cancro. Al posto di raccontare i dettagli, ho voluto allargare lo sguardo con immagini e metafore che potessero parlare a tutti. Credimi, cantarla è stata una prova emotiva. Il tema della morte, che torna in altri brani dell’album come George Song su un mio amico che si è suicidato, sta alle radici del folk e del blues. Ed è quella la musica con cui sono stata cresciuta. È il mio linguaggio”.
In molte canzoni dell’album Wainwright utilizza la voce come strumento dall’espressività fuori dal comune. È dotata di un tono e di un colore particolare, che in più passaggi l’avvicinano a Kate Bush e Tori Amos. Possiede una nota speciale che mescola sensualità e vulnerabilità bilanciata da un che di volitivo. La sua voce s’impenna, scivola sulle note, resta sullo sfondo, si sdoppia, si fa flautata, trema, cavalca la musica, fa di tutto per rendere eloquenti le composizioni. “Sai cosa? Cantare per due anni dal vivo con un batterista mi ha spinta a tirare fuori la voce, a caricarla di più. Credo sia una questione di muscoli, che ho sviluppato cantando in quel modo. So però che se continuo a cantare così finirò per rovinarmi le corde vocali”. Martha è particolarmente brava nell’eseguire seconde voci e armonie assolutamente originali, un talento che ha messo in mostra anche nelle incisioni del fratello. “Merito di mia madre e mia zia (la coppia Kate & Anna McGarrigle, nda). Non voglio dire che i nostri stili si assomiglino. Dico che loro due mi hanno insegnato ad avere la mentalità aperta quando si tratta di fare armonie vocali, a disegnare linee imprevedibili, a trasformare i cori in una seconda linea melodica. E poi, io suono solamente la chitarra: uso la voce per colmare questa mia mancanza, per esprimere quel che sento nella testa senza il bisogno di uno strumento”. Aggiunge che considera Rufus “il mio mentore e la mia guida”, mentre il padre Loudon Wainwright III “è quello che ha più influenzato il mio stile. Mi vedo fare molte delle cose che fa lui col corpo e con la voce: come suono e come sto sul palco, il modo in cui interagisco col pubblico, anche se lui è decisamente più divertente di me. Non l’ho frequentato molto quand’ero piccola, ma eccomi fare la sua stessa vita, e la cosa in qualche modo ci ha avvicinati: non è curioso?”. Un’eco dei vecchi problemi famigliari raggiunge anche il nuovo lavoro. Jimi è un vecchio pezzo rifatto e incluso nell’album. “A volte” canta Martha “mi sento come mio padre per averla lasciata triste e sola”. Wainwright la scrisse dopo avere lasciato casa, conscia di avere abbandonato la madre Kate che già aveva subito il distacco dal marito Loudon. Ma in fondo non è questo il punto. Il punto è che Martha continua a scavare nel solco del cantautorato confessionale, ma è lontanissima dalle noiosissime autrici che si studiano compiaciute l’ombelico. I Know You’re Married segna un’evoluzione, un allargamento degli orizzonti. “Intanto sono una persona più felice: ho trovato l’amore, mi sono sposata (e che matrimonio, dicono, con esibizioni di tutti i membri della famiglia, più Emmylou Harris, Linda Thompson, Ed Harcourt, nda). Adesso voglio parlare di veri problemi, non di me stessa. Mi basta guardare fuori dalla finestra per trovare tristezza e dolore. Sono temi che mi attraggono, ma non pensatemi depressa. Tento di trattare il tema del dolore facendo intuire l’esistenza di una luce alla fine del tunnel. È cambiato anche il mio stile di scrittura. Uso immagini e metafore al posto di essere letterale e sfruttare le esperienze personali”. Si riferisce a canzoni come Bloody Mother Fucking Asshole, che tre anni fa furono un modo per tirare fuori tutto quello aveva dentro, una catarsi artistica e personale per superare quel pesante, tremendo, paralizzante sentimento d’insicurezza. “Non l’ho superata del tutto, e se ascolti il testo di Hearts Club Band ti rendi conto di quanto ci si possa sentire menomati a causa dell’emotività. Però la sola scoperta di avere un pubblico ha portato nella mia vita un nuovo tipo di felicità. Ora credo di più in me stessa. Non provo più complessi verso i miei famigliari, che era bene o male il tema del primo album. Adesso” dice ridendo “devo preoccuparmi della mia di carriera, non più della loro. Ora sogno di ballare, come in I Wish I Were, anelo a quella sensazione di libertà e leggerezza. C’è una parte di me che è molto sicura e una parte che resta vulnerabile. In definitiva non è male: fa bene alla musica, la rende più interessante”.
Martha non deve più fantasticare, non deve più sognare d’essere un uomo. Ora anche il suo piede batte un tempo speciale.

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