15/05/2007

Mauro Pagani

2004 Creuza de mä – Officine meccaniche/Edel

Come già anticipato nell’articolo a pagina 58, l’aspetto fondamentale da mettere in evidenza della rivisitazione di Creuza de mä di Fabrizio De André da parte di Mauro Pagani è il coraggio. Il coraggio non solo di rifare un capolavoro della canzone d’autore italiana, ma anche, e soprattutto, uno dei dischi più importanti di De André. Pagani di quel disco fu l’anima musicale ed è quindi comprensibile la sua voglia/necessità di “rifare il viaggio da capo”, come afferma nella copertina del cd.

Il paragone con l’originale però incombe: ascoltare i pezzi di 2004 Creuza de mä e rapportarli a Creuza de mä non solo è spontaneo, ma anche assolutamente umano e comprensibile. Lo stesso Pagani è conscio dell’impossibilità di evitare il paragone, tanto che si è premurato di augurarsi che “il confronto con la voce inimitabile di Fabrizio sia bonario e affettuoso come nei confronti di qualunque altro straniero venuto in pace”. Una precisazione che non arriva a caso, visto che dal punto di vista strettamente vocale il confronto con la voce di De André è penalizzante, anche se va precisato che Pagani canta con indubbia eleganza. Ma si tratta dell’unico punto su cui si può fare un paragone. Infatti Pagani opera una rilettura di Creuza de mä evolvendo il progetto originario, arricchendolo di sonorità inedite, conferendo nuova energia a ogni pezzo, aggiungendoci quattro brani, dando vita così a un album di sicuro valore.

Basta il pezzo di apertura per comprendere il grande sforzo operato da Pagani: Al Fajr (non presente nell’originale Creuza de mä) dà il via al disco con un suggestivo tappeto di tastiere e con un assolo vocale dai toni drammatici di Emil Zhrian che ricorda quello celebre di The Great Gig In The Sky di Dark Side Of The Moon dei Pink Floyd.

Con la title-track si entra nel vivo del disco e non si può che rimanere stupiti dall’amalgama di suoni e voci, dall’intrecciarsi tra strumenti europei e mediterranei, dall’ottimo botta e risposta tra la voce di Pagani e il coro di voci femminile (le valide Elena Nulchis, Patrizia Rotonda e Cristina Lanzi). La successiva Jamin-a è riletta in maniera incalzante, sporca e nervosa, ed è caratterizzata da una convincente interpretazione vocale di Pagani. Ma è con Sidun che 2004 Creuza de mä raggiunge l’apice e si sgancia dall’ingombrante paragone con la versione originale: quale delle due sia più bella è pura questione di gusti personali (chi scrive preferisce l’interpretazione presente in questo disco). Il brano è cantato da Pagani coadiuvato dalla tunisina Mouna Amari e dall’israeliano Emil Zhrian, le cui straordinarie voci conferiscono al pezzo un’atmosfera a metà strada tra il solenne e il drammatico, capace di rendere ancora più vivo e toccante il testo del brano (un padre che piange la morte violenta del figlio di pochi anni). Sinàn capudàn pascià è convulsa e coinvolgente, mentre ‘A pittima è dolce, minimale e soffusa. La successiva Quantas sabedes è il secondo pezzo aggiunto all’album, un brano risalente all’incisione del disco dell’84 ma poi dirottato per un altro progetto di Pagani. Si tratta di un’eterea ballata dal chiaro e inconfondibile aroma di Creuza de mä. A dumeneça è festosa e apre la strada alla toccante semplicità di Dä me riva, resa in una versione minimale con il solo accompagnamento del bouzouki, e impreziosita dal contributo vocale di Andrea Parodi. Il terzo pezzo aggiunto è Mégu mégun, firmata Pagani-De André-Fossati e pubblicata su Le nuvole di De André, resa in una convincente e incalzante interpretazione per uno dei pezzi più interessanti dell’album. Chiude Neutte, ultimo dei quattro pezzi aggiunti, una dolce ballata per voce, bouzouki e tastiere.

Terminato l’ascolto non si pensa più all’originale Creuza de mä, ma si ha solo voglia di far ripartire il cd. Buon ascolto.

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Voto: 8
Perché: ci vuole coraggio per reintepretare un capolavoro, ma bisogna essere dotati di un grande talento per riuscire a trarne un album di valore che non soccombe al paragone.

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