31/05/2007

Roger Waters

Assago (MI), DATCHForum, 23 aprile 2007

“Ci hanno mandati come band surrogata, così vedremo da che parte state voi fan” canta Roger Waters nella prima canzone del concerto. La sensazione che questa sia davvero una band surrogata dei Pink Floyd la si prova nella seconda parte dello show, quando Waters e i suoi si buttano nell’esecuzione integrale di The Dark Side Of The Moon. Ecco, Dark Side: doveva essere il cuore dello spettacolo, la ragione per cui il bassista è tornato sulla strada dopo il memorabile tour In The Flesh. E invece la parte più esaltante è stata la prima in cui Waters non s’è limitato a riprendere in mano ciò che pensa sia legittimamente anche suo, ma ha dimostrato di possedere una visione artistica attuale. Era accompagnato da un ottimo gruppo. Tre note sui chitarristi: 1) per fare un Gilmour ce ne vogliono due (Dave Kilminster e Snowy White) e mezzo (Fairweather-Low, rimasto defilato); 2) Kilminster prende a carico le parti più maschie e rock con impeto fin troppo tamarro; 3) White è apparso sottotono, ha fatto qualche errore e ha mandato gambe all’aria uno dei momenti topici di Comfortably Numb. Altre note negative sono venute dalle sezioni vocali affidate agli strumentisti: piatte. Le tre coriste sono state invece perfette. La performance di Carol Kenyon durante The Great Gig In The Sky è stata superlativa, tanto buona da far pensare a qualche “aiuto”. Così come certi passaggi cantati da Waters – uno cui non affidereste un tour de force vocale – hanno fatto sorgere dubbi sull’uso di qualche “rinforzo”. Dalla nostra postazione è stato impossibile scoprirlo, così come è arduo capire quali parti sono preregistrate e quali effettivamente suonate durante On The Run. Una cosa è certa: la versione 2007 ha un impatto dirompente che quella del 1973 non possedeva. La vera sorpresa è venuta dal trittico di canzoni sulla guerra tratte da The Final Cut e Amused To Death, dotate di grande forza poetica e notevole efficacia comunicativa e accolte dal pubblico col medesimo entusiasmo dei classici. Qui Waters ha segnato un punto dimostrando che certi temi non passano mai di moda e che nessun altro nella storia rock ha saputo raccontare la guerra con uguale efficacia. Subito dopo è però caduto in fallo proponendo la sua ultima composizione, la debolissima Leaving Beirut. Wish You Here Here, pur mantenendo un certo retrogusto gospel, ora somiglia di più all’originale: è migliorata, insomma. Interpretata da Waters, Have A Cigar sembra adesso un brano di Animals.
Al di là della musica, l’allestimento è straordinario. Il fulcro dello show è il megaschermo dietro le spalle dei musicisti: ha una risoluzione pazzesca e trasmette immagini – in gran parte confezionate per questo tour – che contribuiscono al tasso di spettacolarità senza sembrare né didascaliche, né pretestuose. C’è anche una sorta di sottotesto narrativo: i suoni trasmessi dalla vecchia radio rappresentata sullo schermo in formato gigante. Durante Sheep un enorme dirigibile-maiale (senza fili) vola sopra le teste del pubblico, con tanto di messaggi: “Stop Bush now”, “Tutte le religioni dividono”, “La paura innalza muri”. Due canzoni prima era stato un enorme astronauta a volteggiare all’interno del Forum.
Resta da dire dell’affetto pazzesco del pubblico. Forse mosso da tanto calore, Waters è sembrato particolarmente commosso e partecipe. “Sono felicissimo di essere qui”, ha detto in italiano. Ehi, anche quest’uomo ha un cuore…

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