11/05/2007

Rolling Stones

Milano, Stadio San Siro, 11 luglio 2006

L’ilarità ha seppellito paura, apprensione e rabbia. A due mesi dall’incredibile incidente di Keith Richards alle Fiji, della sventura occorsa al chitarrista rimane solo lo striscione “Coconut climbers” issato dai fan al terzo anello del Meazza. Incredibile, ma vero. Se il guitar hero stesso non avesse raccontato ai media “quanto fosse basso quell’albero”, vedendolo in azione nell’apertura del tour europeo non si sarebbe immaginato molto. E dire che era il sorvegliato speciale della serata, dal sold out mancato, con tutta probabilità, per le perplessità sulle sue condizioni. Eppure il nostro, nel momento della verità, ovvero quando un Jagger smagliante gli ha ceduto il microfono, si è divertito a piazzare sul muso dei 55mila presenti l’uno-due Before They Make Me Run / Slipping Away sfoderando una voce calda e stupendamente tendente al limpido che sarebbe stato bello poter raccontare nel 2003, dopo la tappa italiana di Licks. Chitarristicamente parlando, poi, l’ispiratore del personaggio di capitan Jack Sparrow ha risposto “presente” all’appello dei venti brani in scaletta più di quanto non sia accaduto in diversi concerti post 1989. Certo, in alcuni momenti, la stanchezza ha fatto capolino, ma due ore ad oltre 30 gradi, con un intervento cerebrale alle spalle, non sono per tutti. Così, diventa arduo chiamare Richards al banco degli imputati per aver iniziato l’assolo finale di Sympathy For The Devil seduto ai piedi dell’enorme palco (in altezza, superava il secondo anello), mentre fumo e bagliori rossi spalancavano il primo libro di Dante al popolo di San Siro. Anzi, il colpo d’occhio era talmente surreale che pure Lucifero non avrà resistito a una sbirciatina.
Inoltre, ha scaldato i cuori vedere i Glimmer Twins più vicini del solito, nonostante le voci che volevano Sir Mick infuriato col compagno di sempre, all’indomani dell’infortunio. Sul finale di Midnight Rambler, clou indiscusso del concerto (grazie anche a un Charlie Watts più concentrato che mai), prima della ripresa del cantato il chitarrista ha battuto una pacca sulla spalla del frontman, a mo’ di “vai ragazzo, è il tuo momento”, e lo stadio è quasi venuto giù. Impagabile anche lo scuotere la testa divertito di Keith all’errore di Jagger su un verso di Con le mie lacrime, appuntamento senza precedenti con la storia (la versione italiana di As Tears Go By era stata registrata nel 1966 e mai eseguita), suonato più convincente del 45 giri dell’epoca. Momenti rock singolari, di fronte ai quali la tolleranza su qualche peccatuccio (il lavoro dei tecnici del suono, in primis) non pesa. Jumpin’ Jack Flash, opener scelto per entrare subito in serata, è piovuto sul Meazza con l’indegna resa sonora di un bootleg e ci sono volute ben quattro canzoni prima che la situazione migliorasse. Dopodiché, perché arrovellarsi sul debutto live non impeccabile di Streets Of Love, sulle troppe tastiere in Under My Thumb (proposta sul palchetto semovente, nella parentesi più ballata della serata), sulla performance a fasi alterne di Ronnie Wood (la chitarra perennemente in mano al vocalist Bernard Fowler ha destato più d’un sospetto), o sulla ruffiana insistenza di Sir Mick nell’omaggiare i “campioni del mondo” (con un imbarazzante siparietto finale di Materazzi e Del Piero, a suon di “chi non salta un francese è”)? Milano, alle Pietre, ha posto una sola domanda: rotolate ancora? Risposta affermativa. Tutto il resto non fa storia, almeno non stasera.

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