04/10/2017

Sparks

Un grande ritorno per lo stravagante duo americano, sempre abile a mescolare glam, pop, rock, musica teatrale e molta ironia
Negli ultimi 10 anni gli Sparks hanno ampliato la loro rete di stravaganze, con tour bizzarri, concerti in cui hanno eseguito dall’inizio alla fine ogni singolo album e la curiosa collaborazione con i Franz Ferdinand del 2015 per l’album FFS. Mancava però dal 2009 un album in puro “stile Sparks” e a questo rimedia il nuovo Hippopotamus.
 
Come di consueto la band spazia, nell’arco delle ben 15 tracce, tra pastiche di glam rock, synth pop, dance, musica teatrale, commedia e tanta ironia “camp”.
Al duo formato da Ron e Russell Mael si sono aggiunti in questo caso il chitarrista Dean Menta e il batterista Steven Nistor, anche se in alcuni casi, come l’apertura di Probably Nothing, sono presenti semplicemente gli stessi due Mael al pianoforte e alla voce, come a sottolineare che gli Sparks sono essenzialmente loro.
La stravagante Missionary Position, con il suo ritmo ipnotico e un humour nero irresistibile, lascia il posto all’orchestrale Edith Piaf, ai riferimenti a Brian Wilson di Scandinavian Design (un’ode a IKEA) e alla estrosa Giddy Giddy, con cambi di tonalità tipici della band.
Il singolo What The Hell Is It This Time? rappresenta esattamente una sintesi dell’intero disco, con la sua perfetta unione tra arrangiamenti orchestrali e riff di chitarra glam. La title-track è un geniale ed ironico esperimento nel trovare quante più rime possibili con la parola “hippopotamus” e lascia spazio alla seconda parte dell’album, che abbandona parzialmente i terreni istrionici della prima, per concentrarsi su brani dal tono più teatrale.
Emblematici di questa fase del disco sono la drammatica So Tell Me Mrs. Lincoln Aside From That How Was The Play? e la consueta ironia di When You’re A French Director, con cameo del registra francese Leos Carax. A chiudere l’album ci pensa la quasi operistica Life With The Macbeths, con un magistrale duetto nella parte centrale del brano.
 
Hippopotamus è un disco ricco di tante sfaccettature, che già sarebbe in grado di stupire se fosse l’opera di una giovane band. Colpisce ancora di più che un tale caleidoscopio musicale sia frutto di un gruppo come quello degli Sparks, formatosi ormai 45 anni fa.
 

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