31/10/2013

Tedeschi Trucks Band

Un doppio album live esplosivo. Un entusiasmante viaggio sonoro, mentale e spirituale sulle vie salvifiche della musica

Il pubblico applaude mentre l’inconfondibile chitarra slide di Derek Trucks introduce un riff killer seguito da basso (Oteil Burbridge) e una delle due batterie (Tyler Greenwell, J.J. Johnson). Senti già profumo di rhythm & blues nell’aria, e a questo punto entra in scena l’affascinante voce di Susan Tedeschi seguita a ruota da Mike Mattison e Mark Rivers ai cori, che aggiungono una sfumatura soul rimarcata qualche secondo dopo dalla sezione fiati composta da Kebbi Williams (sassofono), Maurice Brown (tromba) e Saunders Sermons (trombone). A meno di un minuto dall’inizio della prima traccia (una strepitosa cover di Everybody’s Talkin’ di Fred Neil), prima ancora che entrino la seconda batteria e la tastiera di Kofi Burbridge, non solo sei già certo di aver speso bene i tuoi soldi, ma invidi profondamente e spudoratamente ognuna delle persone che hanno avuto la fortuna di assistere a quel concerto. L’unica consolazione (non da poco) è che Trucks e compagni hanno pensato bene di farci un doppio cd.

La Tedeschi Trucks Band si è formata nel 2010 e l’anno successivo aveva già vinto un Grammy per il miglior album blues con il bellissimo debutto Revelator. «L’idea era riscoprire lo spirito di Mad Dogs & Englishmen, Delaney & Bonnie, Allman Brothers… Ci piace sentirci parte di una famiglia estesa, costruita sulla fiducia, il lavoro e la musica. Oggigiorno però non ci sono più molti gruppi capaci di trasformare la musica in una medicina…», mi aveva spiegato Derek nel corso di una lunga intervista doppia pubblicata su JAM 183. «La musica ha poteri curativi», aveva aggiunto la moglie Susan. «Infatti inizialmente volevamo chiamarci The Revelators, ossia coloro che rivelano, portano alla luce un po’ di speranza attraverso la musica». E allora noi vi consigliamo vivamente l’ascolto di questo doppio live perché, se la quantità di speranza che è in grado di sprigionare è pari alla carica di energia che fuoriesce dalle casse dello stereo, premere play equivale a detonare il primo prototipo di bomba nucleare pacifista.

Everybody’s Talkin’ è la naturale conseguenza di Revelator. Già in studio la band era un portento, ma adesso, dopo un lungo rodaggio, si è trasformata in un’infallibile macchina musicale capace di incanalare l’energia del pubblico ed elevarla all’ennesima potenza trasformandola in grande musica. Se qualcuno di voi si fosse distratto negli ultimi cento anni, qui può trovare un ottimo compendio di storia della musica, un entusiasmante corso di recupero che si presta con estrema naturalezza a diversi livelli di approfondimento. Ce n’è per tutti i gusti: si va dal jazz delle big band al blues del Delta, dal genio di Jimi Hendrix alla classe di Eric Clapton, dalle traiettorie immortali tracciate dalla chitarra di Duane Allman al virtuosismo mozzafiato del progressive, dai raga indiani alle visioni di Miles Davis, passando per lo swamp rock più genuino, esplosioni di Muscle Shoals sound, intense aperture soul e chi più ne ha più ne metta.

Non si tratta di citazionismo fine a se stesso: gli undici elementi della Tedeschi Trucks Band sono in grado di assimilare ogni influenza musicale inglobandola in un linguaggio straordinariamente espressivo e personale. Ascoltate come dialogano le chitarre di Derek e Susan sul riff hendrixiano di Learn How To Love You, interfacciandosi al contempo con le incursioni rhythm & blues della sezione fiati. O ancora l’inseguimento ad alta velocità tra la tastiera e il basso in Bound For Glory. Talento, tecnica e improvvisazione si fondono in modo impeccabile, come nel caso del lungo intermezzo musicale dell’inedito Nobody’s Free, in cui Trucks, Kofi Burbridge (flauto traverso) e il fratello Oteil (basso) si sfidano in un duello senza esclusione di colpi. La band si prende tutto il tempo necessario, raggiungendo il tetto dei 15 minuti e 34 secondi nella scatenata versione di Uptight (Everything’s Alright), singolo di Stevie Wonder del 1966 qui impreziosito dai fenomenali assolo della sezione ritmica. E poi c’è l’irresistibile voce di Susan Tedeschi, che regala una vasta gamma di sfumature emotive, dall’incendiaria ruvidità blues di That Did It alla sensuale dolcezza di Darling Be Home Soon, brano di John Sebastian magistralmente interpretato da Joe Cocker nel suo secondo album.

Dalla prima all’ultima traccia, Everybody’s Talkin’ è un emozionante viaggio musicale, un’esperienza in grado di far vibrare il corpo, nutrire la mente e rinfrancare lo spirito. Lo capirete una volta giunti all’ultima traccia, mentre vi lascerete cullare nelle salvifiche acque dello spiritual Wade In The Water, tra visioni del Vecchio e Nuovo Testamento, echi blues primordiali e sofisticate suggestioni jazz. La via della salvezza, per lo meno quella musicale, passa attraverso la Tedeschi Trucks Band.

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