Non ci dispiacciono affatto gli artisti estremamente fedeli a loro stessi e alla loro musica, anzi. In fondo lo diciamo spesso, la coerenza musicale, all’interno di un solo disco o di un’intera carriera, è un elemento importante, a volte addirittura vincente se si traduce in un’omogeneità stilistica e in una riconoscibilità caratterizzante. Stupire a tutti i costi non è la regola.
I Calexico ci hanno abituato proprio a questo. John Convertino e Joey Burns, il fulcro del duo, parlano fluentemente una lingua, la loro, quella dei Calexico, e noi, ormai a nove dischi di distanza da quel The Black Light (1998) che li aveva ufficialmente introdotti nel panorama musicale come degli innovatori, li capiamo perfettamente. Può cambiare qualche sfumatura, qualche piccola aggiunta o deviazione, ma la sostanza resta la stessa.
The Thread That Keeps Us, il nuovo lavoro in studio del duo di Tucson, Arizona, si sposta geograficamente di poco, e respira l’aria del nord della California, della casa-studio dov’è stato registrato, costruita con i detriti recuperati da un cantiere navale, e soprannominata dalla band la Nave Fantasma. Quest’album è un miscuglio puntuale di tutte le influenze e gli stili che hanno caratterizzato i dischi precedenti, un calderone delle tipiche sonorità folk e tex-mex, dei ritmi gipsy, delle trombe mariachi, delle visionarie atmosfere cinematografiche alla Morricone, con qualche salto nel bluesy più graffiante e nelle ballad più acustiche.
Il folk rock dal sapore romantico di End Of The World With You apre un disco in cui i Calexico affrontano tematiche tanto scomode quanto centrali, ormai, nel discorso sociale e culturale dei nostri tempi; tempi di cui, anche stavolta, riescono a mettere in evidenza l’ansia, le incoerenze e i contrasti. Parlano d’immigrazione, della situazione ambientale del pianeta, de “l’amore nell’epoca degli estremi”, delle guerre, ma lo fanno senza alzare la voce, piuttosto raccontando storie che rimandano alla tradizione della canzone folk di protesta, con cui i più romantici provavano a cambiare il mondo.
L’eclettismo della musica e la centrifuga di suoni è funzionale proprio a questo racconto, all’immagine confusa e preoccupata del nostro mondo instabile: la tradizione messicana di Flores Y Tamales si mescola al reggae contaminato di elettronica di Under The Weehls; le melodie delicate di The Town & Miss Lorraine e di Girl In The Forest, quel sapore tipico del folk della West Coast, si uniscono agli intermezzi musicali, liberi e spontanei di Spinball, Unconditional Waltz e Shortboard.
Music Box, una canzone d’amore scritta da Burns per i suoi figli, conclude The Thread That Keeps Us, e sembra quasi un respiro a pieni polmoni di ottimismo; in fondo gli occhi puri, ingenui e inconsapevoli dei bambini sono il riflesso di una speranza che non si dovrebbe mai abbandonare.
I Calexico parlano fluentemente una lingua, la loro, e continuano a non perdere la voglia di capire l’uomo e il suo posto nel mondo. Dal 1998, conservatori al passo con i tempi.
I Calexico ci hanno abituato proprio a questo. John Convertino e Joey Burns, il fulcro del duo, parlano fluentemente una lingua, la loro, quella dei Calexico, e noi, ormai a nove dischi di distanza da quel The Black Light (1998) che li aveva ufficialmente introdotti nel panorama musicale come degli innovatori, li capiamo perfettamente. Può cambiare qualche sfumatura, qualche piccola aggiunta o deviazione, ma la sostanza resta la stessa.
The Thread That Keeps Us, il nuovo lavoro in studio del duo di Tucson, Arizona, si sposta geograficamente di poco, e respira l’aria del nord della California, della casa-studio dov’è stato registrato, costruita con i detriti recuperati da un cantiere navale, e soprannominata dalla band la Nave Fantasma. Quest’album è un miscuglio puntuale di tutte le influenze e gli stili che hanno caratterizzato i dischi precedenti, un calderone delle tipiche sonorità folk e tex-mex, dei ritmi gipsy, delle trombe mariachi, delle visionarie atmosfere cinematografiche alla Morricone, con qualche salto nel bluesy più graffiante e nelle ballad più acustiche.
Il folk rock dal sapore romantico di End Of The World With You apre un disco in cui i Calexico affrontano tematiche tanto scomode quanto centrali, ormai, nel discorso sociale e culturale dei nostri tempi; tempi di cui, anche stavolta, riescono a mettere in evidenza l’ansia, le incoerenze e i contrasti. Parlano d’immigrazione, della situazione ambientale del pianeta, de “l’amore nell’epoca degli estremi”, delle guerre, ma lo fanno senza alzare la voce, piuttosto raccontando storie che rimandano alla tradizione della canzone folk di protesta, con cui i più romantici provavano a cambiare il mondo.
L’eclettismo della musica e la centrifuga di suoni è funzionale proprio a questo racconto, all’immagine confusa e preoccupata del nostro mondo instabile: la tradizione messicana di Flores Y Tamales si mescola al reggae contaminato di elettronica di Under The Weehls; le melodie delicate di The Town & Miss Lorraine e di Girl In The Forest, quel sapore tipico del folk della West Coast, si uniscono agli intermezzi musicali, liberi e spontanei di Spinball, Unconditional Waltz e Shortboard.
Music Box, una canzone d’amore scritta da Burns per i suoi figli, conclude The Thread That Keeps Us, e sembra quasi un respiro a pieni polmoni di ottimismo; in fondo gli occhi puri, ingenui e inconsapevoli dei bambini sono il riflesso di una speranza che non si dovrebbe mai abbandonare.
I Calexico parlano fluentemente una lingua, la loro, e continuano a non perdere la voglia di capire l’uomo e il suo posto nel mondo. Dal 1998, conservatori al passo con i tempi.