Era un uomo semplice e schivo che dietro la dolcezza nascondeva una tenacia non comune, una risolutezza che l’ha portato da capostazione della sua Cuneo fino al palcoscenico dell’Olympia di una Parigi capace di scoprire i talenti di casa nostra sempre prima di noi stessi. Poi il successo arrivò anche in Italia, misurato, ma in continua crescita. Lo si poteva vedere cantare da solo, armato semplicemente di una chitarra, oppure dividere la scena con personaggi come Enrico Rava, Gabriele Mirabassi, Paolo Fresu, Stefano Bollani e tanti altri, orgogliosi di sostenere sul palco i suoi testi, ma c’era anche quella sorta di teatro canzone che si era inventato insieme a Erri De Luca, Paolo Rossi e Giuseppe Battiston con cui aveva allargato il suo modo di fare spettacolo.
Gianmaria Testa è scomparso ieri mattina a soli 57 anni: l’ha portato via un tumore che lui stesso aveva annunciato di avere un anno fa. “Anche se non ho mai fatto nulla per apparire” – disse – “con la canzone sono diventato un personaggio pubblico e allora ho pensato che fosse giusto che la gente sapesse di questo periodo di silenzio, del mio non apparire…” Un comunicato breve, semplice che celava molto pudore, ma che ne annunciava anche la tragedia poi compiuta. Al suo fianco, sempre presente, la moglie Paola Farinetti, da sempre anche sua attenta manager e consigliera che l’ha indirizzato nel tempo in modo sempre più marcato verso un modo di esibirsi che gli era particolarmente congeniale, in cui la sua proverbiale flemma diventava la caratteristica più apprezzata.
Rimane testimonianza di quello che era nei dischi e nei dvd degli spettacoli, in particolare in quel lavoro mai troppo celebrato di dieci anni fa che è Da questa parte del mare centrato sul tema delle migrazioni di oggi, di quella marea umana che si sposta verso di noi accolta da tanta diffidenza e spesso da autentico rancore. Gianmaria seppe in quell’album trarre canzoni di grande bellezza che spesso sconfinavano nella poesia: un lavoro che durerà nel tempo per la sua autenticità e attenzione nei confronti dei più sfortunati.
Dalle meditazioni di quel disco uscirà il 19 aprile per Einaudi il libro omonimo: cento pagine tra autobiografia e biografie scritte da altri che racconteranno forse anche l’ultima testimonianza di un artista a tutto tondo, ancora lucido nel comprendere i drammi dei nostri giorni nonostante la dura lotta che stava affrontando.
Gianmaria Testa è scomparso ieri mattina a soli 57 anni: l’ha portato via un tumore che lui stesso aveva annunciato di avere un anno fa. “Anche se non ho mai fatto nulla per apparire” – disse – “con la canzone sono diventato un personaggio pubblico e allora ho pensato che fosse giusto che la gente sapesse di questo periodo di silenzio, del mio non apparire…” Un comunicato breve, semplice che celava molto pudore, ma che ne annunciava anche la tragedia poi compiuta. Al suo fianco, sempre presente, la moglie Paola Farinetti, da sempre anche sua attenta manager e consigliera che l’ha indirizzato nel tempo in modo sempre più marcato verso un modo di esibirsi che gli era particolarmente congeniale, in cui la sua proverbiale flemma diventava la caratteristica più apprezzata.
Rimane testimonianza di quello che era nei dischi e nei dvd degli spettacoli, in particolare in quel lavoro mai troppo celebrato di dieci anni fa che è Da questa parte del mare centrato sul tema delle migrazioni di oggi, di quella marea umana che si sposta verso di noi accolta da tanta diffidenza e spesso da autentico rancore. Gianmaria seppe in quell’album trarre canzoni di grande bellezza che spesso sconfinavano nella poesia: un lavoro che durerà nel tempo per la sua autenticità e attenzione nei confronti dei più sfortunati.
Dalle meditazioni di quel disco uscirà il 19 aprile per Einaudi il libro omonimo: cento pagine tra autobiografia e biografie scritte da altri che racconteranno forse anche l’ultima testimonianza di un artista a tutto tondo, ancora lucido nel comprendere i drammi dei nostri giorni nonostante la dura lotta che stava affrontando.