“Today will be a good day, I’m gonna make it that way”. Poteva sembrare un impegno già mantenuto, il ritornello che Dianne Reeves ha intonato verso la fine del suo show al Blue Note il primo novembre. La Reeves, una delle più grandi jazz singer viventi, ha infatti saputo regalare una serata memorabile al pubblico del locale milanese.
Il concerto inizia con un trio acustico guidato dalla chitarra funambolica di Romero Lubambo. Jazz e sangue sudamericano che tracciano il percorso per Reginald Veal al basso elettrico e Terreon Gully alla batteria. La Reeves fa la sua comparsa sul palco accompagnata dai primi accordi di Dreams, emozionante cover dei Fleetwood Mac contenuta nel suo ultimo album, Beautiful Life (Concord Records, 2014). Quello delle undici e trenta è il secondo spettacolo della serata; la cantante non ha bisogno di scaldarsi e sfoggia da subito doti canore eccezionali.
La seducente I’m In Love Again in duo con Lubambo apre il dialogo voce-chitarra, uno dei fili conduttori dello show. Il pubblico è già stregato e Beautiful, brano R&B dal ritornello accattivante e diretto, ha un effetto trascinante. La Reeves ne approfitta per giocare un po’ con gli spettatori, invitandoli a imitare i suoi vocalizzi. Attacca poi con uno scat dalle venature caraibiche, dove spiega la voce in tutta la sua estensione. Mischia volteggi melodici a suoni di percussioni; rimandi colti da Gully, sempre abile nello sfruttare al meglio il timbro dei diversi elementi della batteria.
Ironica, spiritosa, affascinante e commuovente, grazie alla sua grande espressività Dianne Reeves riesce facilmente ad arrivare al pubblico. La cantante insieme al suo trio spazia con assoluta disinvoltura tra jazz, musica latina, R&B e pop, lanciandosi in impressionanti e raffinate improvvisazioni vocali.
Il vivace Rhythm & Blues di Today Will Be A Good Day, dedicato alla mamma della Reeves, dà slancio a un assolo di contrabbasso di Reginald Veal, che per un po’ abbandona il suo accompagnamento garbato. La romantica Blues Satiated (Been Waiting) fa da anticamera a un’interessante cover di Bob Marley, Waiting In Vain, che unisce tratti africani e caraibici per poi tornare alla sua atmosfera d’origine, il reggae ovviamente. Prima del congedo, la Reeves presenta il trio, cantando a ritmo un’ironica e affettuosa descrizione di ciascuno dei componenti della band.
Il complesso rientra quasi subito per un ultimo brano, You Taught My Heart To Sing di McCoy Tyner, uno dei preferiti della cantante. Dianne Reeves conclude il concerto con la stessa classe ed eleganza che ha contraddistinto tutta la sua performance: posa il microfono e, dopo aver dedicato un ultimo saluto alla platea in un lento giro del palco, abbandona la scena senza mai smettere di cantare, mentre gli ultimi vocalizzi si spengono sotto gli applausi entusiasti del pubblico.
Il concerto inizia con un trio acustico guidato dalla chitarra funambolica di Romero Lubambo. Jazz e sangue sudamericano che tracciano il percorso per Reginald Veal al basso elettrico e Terreon Gully alla batteria. La Reeves fa la sua comparsa sul palco accompagnata dai primi accordi di Dreams, emozionante cover dei Fleetwood Mac contenuta nel suo ultimo album, Beautiful Life (Concord Records, 2014). Quello delle undici e trenta è il secondo spettacolo della serata; la cantante non ha bisogno di scaldarsi e sfoggia da subito doti canore eccezionali.
La seducente I’m In Love Again in duo con Lubambo apre il dialogo voce-chitarra, uno dei fili conduttori dello show. Il pubblico è già stregato e Beautiful, brano R&B dal ritornello accattivante e diretto, ha un effetto trascinante. La Reeves ne approfitta per giocare un po’ con gli spettatori, invitandoli a imitare i suoi vocalizzi. Attacca poi con uno scat dalle venature caraibiche, dove spiega la voce in tutta la sua estensione. Mischia volteggi melodici a suoni di percussioni; rimandi colti da Gully, sempre abile nello sfruttare al meglio il timbro dei diversi elementi della batteria.
Ironica, spiritosa, affascinante e commuovente, grazie alla sua grande espressività Dianne Reeves riesce facilmente ad arrivare al pubblico. La cantante insieme al suo trio spazia con assoluta disinvoltura tra jazz, musica latina, R&B e pop, lanciandosi in impressionanti e raffinate improvvisazioni vocali.
Il vivace Rhythm & Blues di Today Will Be A Good Day, dedicato alla mamma della Reeves, dà slancio a un assolo di contrabbasso di Reginald Veal, che per un po’ abbandona il suo accompagnamento garbato. La romantica Blues Satiated (Been Waiting) fa da anticamera a un’interessante cover di Bob Marley, Waiting In Vain, che unisce tratti africani e caraibici per poi tornare alla sua atmosfera d’origine, il reggae ovviamente. Prima del congedo, la Reeves presenta il trio, cantando a ritmo un’ironica e affettuosa descrizione di ciascuno dei componenti della band.
Il complesso rientra quasi subito per un ultimo brano, You Taught My Heart To Sing di McCoy Tyner, uno dei preferiti della cantante. Dianne Reeves conclude il concerto con la stessa classe ed eleganza che ha contraddistinto tutta la sua performance: posa il microfono e, dopo aver dedicato un ultimo saluto alla platea in un lento giro del palco, abbandona la scena senza mai smettere di cantare, mentre gli ultimi vocalizzi si spengono sotto gli applausi entusiasti del pubblico.