07/05/2014

Wallis Bird racconta “Architect”

Intervista alla cantautrice irlandese in vista dell’imminente data italiana alla Salumeria della Musica di Milano
Chi mai potrebbe pensare che da quel fisico così minuto possa uscire così tanta forza e grinta? E invece Wallis Bird, giovane cantautrice nata a Enniscorthy – piccola cittadina nel sud dell’Irlanda – è una vera forza della natura: una voce incredibile, talmente espressiva che alcuni l’hanno paragonata in questi anni ad Ani DiFranco e Tori Amos, a cui si aggiunge una tecnica chitarristica incredibilmente virtuosa e originale. Dopo una gavetta nei pub irlandesi iniziata una decina di anni fa, la Bird dà alla luce tre lavori in cui combina la tradizione folk con un approccio stilistico più ribelle e “rock”, alla maniera della prima Alanis Morissette. Sebbene abbia raggiunto la piena maturità artistica con il terzo album omonimo del 2012, la cantautrice tuttavia non ci sta proprio a essere “ingabbiata” nei cliché e negli stilemi di un genere o l’altro.
 
Da questa esigenza personale di cambiamento nasce il nuovo Architect (Kaiserlich Koeniglich/Bird Records), album figlio del trasferimento della cantante da Londra a Berlino, città ad alto tasso di divertimento notturno e sempre all’avanguardia nel mondo dell’elettronica. La capitale tedesca ha mutato il suo stile, fatto ora di una nuova veste sonora più moderna e “contemporanea”, come lei stessa ci racconta durante la nostra intervista a Milano, con quell’eterno sorriso che la accompagna in ogni occasione: “Con il trasferimento a Berlino ho trovato una nuova espressione artistica. La città – racconta – è una grande fonte d’ispirazione in cui scopro sempre cose nuove, e questo disco non sarebbe sicuramente nato se non mi fossi spostata lì. Ho trovato davvero una nuova dimora ideale per la mia arte”.
 
Il nuovo corso è rappresentato bene dall’house pop di Hardly Hardly, primo singolo di Architect. Il folletto irlandese si sposta dai pub di Dublino e Londra alle discoteche berlinesi più trendy: “Ho iniziato a scrivere Hardly Hardly nel novembre 2012 circa. Sono partita – spiega Wallis Bird – dal titolo dell’album e poi ho cercato di capire come far coincidere la musica con l’idea di costruire una casa; le fondamenta sono rappresentate dal ritmo base della house music”. L’artista poi aggiunge: “Ho fatto ciò che sentivo in quel momento. Hardly Hardly simboleggia un sentimento ben preciso. Come quando stai per scappare verso chissà quale meta, ma non puoi farlo”. A giudicare da questa idea di “casa” e da un ipotetico filo conduttore che lega i brani, si potrebbe anche dedurre che Architect sia un concept album e non una semplice raccolta di canzoni, ma a quanto pare non è esattamente così: “Non è propriamente un concept ma ho cominciato a comporlo con quell’intenzione, dato che ho deciso prima il titolo e poi ne ho scritto le canzoni. Questo approccio – precisa l’artista – mi ha aiutato a sviluppare ciò che volevo scrivere, con un’idea essenziale. Tutto è collegato attorno allo spazio, all’ambiente e ai materiali con cui ho costruito questa casa ipotetica e immaginaria, quindi diciamo che solo in parte è un concept”.
 
Nonostante la chiara e coraggiosa svolta stilistica, Wallis Bird non ha rinunciato alla collaborazione con il fidato Marcus Wuest, che si è confermato in cabina di regia: “Abbiamo prodotto il disco insieme – racconta la cantautrice. – Ho trascorso quasi il 70% del tempo a casa a registrare nello studio e ho mandato poi a Marcus quei pezzi ‘strambi’ da mixare insieme. Li ha ‘decorati’ e compattati, come se avesse ricevuto i mattoni e la malta della casa. Per me comunque è davvero fondamentale mantenere lo stesso team di lavoro”.
 
Ma la vera forza del folletto irlandese rimane tuttavia quella che trasmette dal vivo con la sua energia travolgente e la sua esuberanza. E con questo nuovo tour europeo, che toccherà anche l’Italia con la data alla Salumeria della Musica di Milano del 14 maggio, promette interessanti novità anche nei suoi show: “Gli arrangiamenti sono più complessi rispetto al passato e dal vivo creiamo anche uno spettacolare effetto scenografico con la creazione di una specie di casa e l’esibizione dell’amico visual artist Kevin. Facciamo poi dei giochi di luce molto particolari, un po’ come i light show degli anni sessanta”. Il tutto per aggiungere un pizzico di teatralità alle sue già infuocate esibizioni.
 
La recensione di “Architect”

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