Electro pop, rock, industrial, gospel. Follia, peccato, religione, sesso. Sintetizzatori e chitarre, tecnologia e cuore. Su JAM di aprile vi raccontiamo le venti canzoni che hanno reso grandi i Depeche Mode. Ecco un estratto…
Just Can’t Get Enough
Da Speak & Spell, 1981
«Noi siamo U.P., che sta per Ultra Pop!». Vince Clarke, all’anagrafe Vince Martin, a soli 21 anni ha ben chiaro ciò che vuole ottenere. I Depeche Mode, agli inizi, sono la sua creatura: è lui a fondarli (con il nome Composition Of Sound, nel 1980), è lui a scrivere musica e parole, è lui a determinare quel suono unico con l’adozione di sintetizzatori Roland e Yamaha al posto di tradizionali chitarra, basso e batteria.
Le canzoni che scrive per la band sono un misto di techno-pop e bubblegum: leggere, frizzanti, esuberanti, colorate; niente a che vedere con i toni oscuri e lugubri tanto del synth pop contemporaneo (Visage, Gary Numan) quanto delle future uscite a nome Depeche Mode. Basti dire che le scalette dei primi concerti includevano canzoni di Gerry & The Pacemakers ed Everly Brothers…
Just Can’t Get Enough è il brano che sintetizza al meglio tutte queste qualità, a partire dall’elementare riff ascendente in Sol (senza esagerazioni: per il sintetizzatore è l’equivalente di ciò che è Satisfaction per la chitarra) all’intreccio di melodie cristalline fino ai coretti giubilanti. Secondo Dave Gahan non si è trattato di un’incisione facile: «C’è voluto un sacco di tempo per trovare l’arrangiamento giusto, non facevamo che aggiungere tracce su tracce». A sentir lui, a scegliere la versione definitiva è stato il giudice più intransigente dei Depeche Mode: sua madre. «Se lei dice che scorre bene ed è più ballabile delle altre, allora deve essere una buona canzone».
Esce su singolo il 7 settembre 1981 ed è il primo hit internazionale dei ragazzi di Basildon, eseguito dal vivo fino al tour mondiale del 2006. Dal 2009 è uno degli inni dei supporter dei Celtic di Glasgow.
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