21/02/2013

Non chiamatele cover…

Se il jazz si confronta con Prince

In una settimana che ha visto il transito di Antony And The Johnsons dal festival di Sanremo (impronosticabile, nel segno della devianza tanto cara ai guru della tv alta-bassa, con la presenza ripagata da un’immediata fiammata commerciale su iTunes), capita anche di sentire a Milano un’anteprima assoluta, dedicata dal Taylor Ho Bynum Ensemble alla musica di Prince: l’appuntamento, inserito nella stagione di “Aperitivo in concerto”, si colloca in una programmazione dove altri tributi e omaggi sono stati offerti alla curiosità del pubblico.
La settimana prima il Dee Alexander’s Evolution Ensemble si era cimentato con il repertorio di James Brown (un anno fa operazione affine, concentrandosi su Jimi Hendrix), mentre a dicembre era toccato a Steven Bernstein & Millenial Territory Orchestra confrontarsi con i materiali di Sly And The Family Stone.

Il fatto che una fascia autorevole di valenti jazzisti di area d’avanguardia (se vogliamo fare poker ecco anche William Parker a contatto con le composizioni di Curtis Mayfield) si dedichi alla rivisitazione della scrittura altrui, pone qualche domanda sullo stato dell’arte di una scena forse più interessata a setacciare il passato, piuttosto che a perlustrare nuove strade. Nulla di male, trattasi di musicisti di alto profilo e quindi le performance ne risentono beneficamente: ma per chi ama gli originali e conosce le pagine d’epoca di quei personaggi carichi di storia, sono operazioni che paiono un po’ pretestuose. Dove esili sono i fili di collegamento con le radici e impalpabili, talvolta, gli esiti: una ricaduta immediata è comunque sicura, come il piacere di correre su YouTube e agli scaffali di casa per ripescare dischi e canzoni a rischio di oblio. Anche per un riascolto, in fondo, non è mai troppo tardi.

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