Il figlio prediletto di New York, Lou Reed, sta tessendo le lodi dell’HQ, il quartier generale dei Metallica in California. «Hanno uno studio meraviglioso messo in piedi da musicisti per musicisti», dice. «Hai presente tutti quei problemi che in una sala normale ti fanno perdere un sacco di tempo? Ecco, lì non esistono. Non ci sono perché è ovvio chi controlla la baracca: musicisti creativi. Niente avvoltoi. È una situazione magnifica, la migliore possibile affinché si possano manifestare forza, feeling, emozione. Tutti si trovano contemporaneamente nella stessa stanza, il cantante, la batteria e quel chitarrista al mio fianco… per l’amor del cielo, non ha fatto altro che assordarmi tutto il tempo…».
«Ehi», ride James Hetfield, «anche tu hai fatto un bel po’ di chiasso!».
«Sì, stavo contrattacando», concede Reed. «Non sono venuto disarmato».
Oggi Reed è arrivato armato di battute salaci, entusiasmo e una camionata di fede per discutere della collaborazione più attesa e chiacchierata dell’anno. L’album Lulu, dove la coppia per alcuni improbabile formata da Reed coi Metallica offre 90 minuti circa di arte sonora intransigente, pura, sconvolgente e in grado di risollevare lo spirito, è destinato a spostare i confini di ciò che chiamiamo rock. Ovviamente in passato entrambi i protagonisti hanno fatto passi da giganti in quella direzione. Oggi sono felici di parlare di un ulteriore balzo in avanti in termini di forza di volontà, un disco dove le parole di Reed precipitano vorticosamente dentro e fuori dal tunnel dei Metallica fatto di riff, ritmi, dinamiche e bordoni.
(Leggi l’intervista a Lou Reed e Metallica nella cover story su JAM di novembre in edicola)
02/11/2011
LOUTALLICA
Nel nome di Lulu