09/12/2010

LENONO

JOHN E YOKO 30 ANNI DOPO

FANTASIE FAMILIARI
Sbirciando lo strip-tease dell’ultimo album di John & Yoko

Le aveva provate tutte. Le droghe psichedeliche e il cinismo. Il divismo e la meditazione trascendentale. La lotta di classe e l’adulterio. Tutto aveva sperimentato e tutto aveva accantonato senza alcun rimpianto. Sulla soglia dei 40 anni aveva fatto la scoperta più semplice e inattesa: la famiglia. Non come rifugio rassicurante e nemmeno come purgatorio per rocker pentiti: come sfida agli incombenti anni 80. S’avanzava sfacciato il decennio del consumo e del profitto, dell’individualismo e dei sogni acquistati in contanti. John Lennon stava da un’altra parte. «Siamo incoraggiati a divorziare, a separarci, a vivere da soli, a essere gay», amava dire Yoko Ono. «Le multinazionali preferiscono i single perché, non avendo legami famigliari, possono lavorare più duramente e non si preoccupano di tornare a casa presto la sera. Liberando le persone dalla vita famigliare, le stanno spingendo nella trappola del capitalismo». Ecco, la famiglia come rivoluzione personale e collettiva. E pure come verità da opporre alla finzione. «Potevo andare a cantare a Las Vegas», disse Lennon, «oppure all’inferno come Elvis: ho preferito affrontare la realtà». Né bollito, né bruciato: vivo.
È tutto dentro Double Fantasy, pubblicato 21 giorni prima del fatidico 8/12. Dal punto di vista musicale e compositivo non s’avvicina neanche lontanamente ai dischi migliori di John, ma ne condivide la medesima spudoratezza. Si vuole sapere chi era Lennon nel 1970? Si ascolti il tormentato Plastic Ono Band. Nel 1972? Si “leggano” le cronache di Some Time In New York City. Nel 1980? C’è Double Fantasy. È un disco di rinascita, di affetti, pieno di istantanee famigliari, dediche alla moglie e al figlio, un’apologia del diritto a starsene lì «a vedere gli ingranaggi che ruotano» fregandosene se si è usciti dal giro che conta. È il disco di un quarantenne, ma non è passatista: la nostalgia affiora giusto negli echi rétro di (Just Like) Starting Over, che trasla con un suono “moderno” le ballate rock anni 50 che John aveva tanto amato.
Più volte stampato su cd, Double Fantasy rivede la luce in una nuova versione Stripped Down, un’operazione di sottrazione che ricorda in qualche modo Let It Be… Naked. Con una differenza fondamentale: il disco dei Beatles “doveva” essere alleggerito dagli arrangiamenti voluti dal produttore Phil Spector, di questo si vuole mettere in evidenza l’espressività canora di Lennon. Il nuovo mix – basato sui master originali e curato dal fonico George Marino, che prese parte alle incisioni dell’80 – mette in evidenza sfumature vocali che in precedenza andavano perse. L’album dell’80 era legato ai suoni di quegli anni lì. Lennon, che stava a New York ed era uno con le antenne sempre alzate, amava la freschezza del suono new wave. Il produttore Jack Douglas convocò una serie di session man di prima categoria, col risultato che il disco ha un sound pulitissimo, ma le parti strumentali sono prive del fascino e della personalità che si pretendono da un artista del calibro di Lennon. Il sound e l’immediatezza delle canzoni ne fanno l’opera “pop” per eccellenza dell’ex Beatle. Nella versione Stripped Down – che esce in un doppio comprendente anche l’originale rimasterizzato – è come se il lavoro fosse strappato dal periodo in cui fu inciso. La prima cosa che si sente è la voce di John che dedica Starting Over a «Gene e Eddie e Elvis… e Buddy» (Vincent, Cochran, Presley e Holly). Sì, la sua voce e non le campanelle benaugurali dell’originale: spariscono anche riverbero e cori, mentre l’apparato strumentale è semplificato. Sembra poco, eppure bastano questi cambiamenti per far suonare il disco meno anni 80. Il timbro di Lennon sembra più diretto e naturale in Cleanup Time, dove sono stati eliminati i fiati e certi abbellimenti e si rintracciano giochetti vocali che erano andati perduti. Nel nuovo formato emergono anche le sbavature e non tutte le composizioni funzionano meglio in veste scarna: l’introduzione di Watching The Wheels ha qualcosa di incompiuto, l’arrangiamento di Beautiful Boy perde in efficacia. Invece stupisce Woman: senza gli svolazzi corali, senza certi tocchi kitsch e senza tutta l'”aria” creata attorno alla voce, e con una chitarra acustica piazzata davanti, assume un tono sorprendentemente intimo e sincero. Non è più un sogno romantico, ma una confessione di vulnerabilità.
Rimangono le canzoni di Yoko che inframmezzavano quelle di John. Alcune sembrano decisamente rimaneggiate. Si senta l’introduzione di Beautiful Boys: da dove viene quella chitarra? Alcuni particolari sono apprezzabili, il suono è migliorato e certi pezzi non sembrano più datati: alla fine è Yoko a godere maggiormente del lavoro di remix, essendosi concessa libertà che col materiale del marito non si è presa. Ma il giudizio sui suoi pezzi non cambia: non essendo affilati e audaci come altri esperimenti della giapponese, hanno il sapore insoddisfacente dell’ibrido avant pop. Sono stati inseriti frammenti di dialoghi di studio e sono state inserite le due bonus track che arricchivano la prima rimasterizzazione.
Dunque questo è il Lennon che Yoko vuole consegnarci oggi, trenta anni dopo quelle session. Tendendo le orecchie, si scopre un cantante più vulnerabile, lo si immagina un po’ più coinvolto emotivamente in quel che canta. È una questione di sfumature: Double Fantasy Stripped Down non è un disco interamente nuovo, ma dà alla voce di John Lennon maggiore “presenza”. Un modo come un altro per sentirlo vicino.
Claudio Todesco

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