È un addio consensuale: ognuno va per la sua strada, contento di farlo, chi più chi meno. Ma è pur sempre un addio. E non si parla solo di PGR: finisce qui, con quest’album confezionato per onorare un contratto – cosa per certi versi nobile giacché poteva essere evitata –, finisce qui un’avventura iniziata al tempo degli ultimi CCCP e continuata coi CSI. E finisce in bellezza, anche se questi musicisti hanno dato il meglio in altri dischi, in altre epoche. Ultime notizie di cronaca non è neanche più il disco di un gruppo, ma di tre individui. Di tre singolarità. Due musicisti si sono divisi l’onere della scrittura, prima separatamente, poi assieme: Gianni Maroccolo e Giorgio Canali. E un poeta, un pensatore prestato al rock e che dal rock adesso s’allontana, ha aggiunto testi e visioni di grande spessore: Giovanni Lindo Ferretti. È un dispaccio, questo. Il contenuto è in certi frangenti rincuorante, in altri decisamente allarmante: mai s’arrende, però, all’insignificanza di quel che accade nel mondo, là fuori. Se D’anime e d’animali del 2004 era un disco scritto di pancia, un lavoro crudo e arrabbiato, rock insomma, Ultime notizie di cronaca è più pensato e meno irruente. Ferretti ha affinato la sua visione del mondo e delle cose, attirandosi strali, scomuniche, disprezzo, insulti. Un mare d’insulti. Oggi distilla per l’ultima volta coi PGR quel che ha imparato, quel che sa. Lo fa col suo consueto rigore morale e col linguaggio che è suo e solo suo. Con quell’avversione per la superficialità e per la debolezza di pensiero. Con una “voce” (lo si intenda in senso stretto e lato) che è unica: autorevole e potente come pochi prima di lui. Lo fa in un disco che racconta la deriva di questa società, il contagio dell’anima dei tempi moderni, le nuove forme di barbarie, la schiavitù dei consumi. Non è che l’ultima tappa della denuncia accorata e poetica di quello che potremmo chiamare assottigliamento dell’uomo e della sua umanità, una denuncia che può comprendere anche chi non condivide la fede di Ferretti per il «mistero che ci nutre e ci avvolge».
Ultime notizie di cronaca lo si può dividere tematicamente in due, volendo. Da una parte le cronache di vita del cantante, canzoni dietro cui s’intravede una sorta di pacificazione. Ci sono poi i racconti del nostro tempo, che Ferretti cattura dalla sua formidabile postazione dicendo cose importanti sulle tenebre di questo tempo, cose che toccano tutti quanti. Ma in verità non c’è pubblico, non c’è privato: c’è il pubblico in quanto privato. Sono storie e osservazioni che s’offrono a chi ascolta con grande forza. In quanto alle musiche, s’incontrano i bassi, i tappeti sonori elettronici e i suoni trattati di Maroccolo, le chitarre e i cori di Canali, il canto quasi recitato di Ferretti: niente a che vedere con lo spirito dell’ultimo D’anime e d’animali, ma nemmeno con gli scenari elaborati del primo PGR, quello con Hector Zazou, Francesco Magnelli e Ginevra Di Marco. Ultime notizie è volutamente minimale e austero, basato in buona parte sul potere della parola, suonato interamente da Maroccolo e Canali: meno “musicale” di altre prove del gruppo. Chi li segue da sempre difficilmente si stupirà del contenuto e probabilmente soffrirà la ripetitività delle linee melodiche scelte da Ferretti: non è mai stato un cantante in senso stretto, ma qui resta fin troppo fedele al suo tipico salmodiare. Eppure l’album ha una coerenza che altri dischi più dispersivi non possedevano: non ha le cadute e i momenti di debolezza che ogni lavoro dei CSI e dei PGR aveva, anche quello più riuscito, anche il capolavoro. Eppure Cronaca montana, l’inizio, è di una serenità che rassicura senza sedare col suo arpeggio acustico, quelle poche note di chitarra elettrica che cullano, quell’organo languido. Eppure Cronaca divina, il finale, mette assieme echi di liturgia cattolica e le distorsioni della chitarra di Canali che inizia come sfregio e diventa preghiera: suona come il punto d’arrivo nella ricerca del bello e del vero che questi musicisti hanno intrapreso una ventina d’anni fa. In mezzo, una splendida litania fatta di loop elettronici, tappeti sonori scuri, distorsioni di chitarra elettrica come insistenti disturbi di sottofondo, cori urlati, strumenti dai suoni filtrati, come camuffati, tastiere elettriche ed elettroniche, echi folk provenienti da altri mondi. Sono timbri tenebrosi e spirali di suono che avvincono e che s’offrono a commentare queste Cronache. È l’uscita di scena più sobria che si potesse pensare. Continuare coi PGR sarebbe stato un eco del passato. E invece, come canta Ferretti, «bisogna il presente».