26/01/2009

Servillo Girotto Mangalavite

Fútbol, Il Manifesto Cd

Se fosse un ballo, sarebbe di quelli che fanno certi centrocampisti col pallone, quando disorientano con una finta l’avversario e se ne vanno verso la porta. Se fosse un luogo, sarebbe un campetto di periferia, con la polvere che raschia in gola e la recinzione sempre troppo bassa. Se fosse una finale dei mondiali, qui non c’è dubbio, sarebbe Italia-Argentina. E invece è un disco, un bel disco, e prima ancora è stato un libro. S’intitola Fútbol il secondo progetto del trio formato dal cantante degli Avion Travel Peppe Servillo col sassofonista Javier Girotto e il pianista Natalio Mangalavite. Italiano, anzi campano il primo, una delle voci più autorevoli della nostra canzone tra colto e pop. Argentini gli altri due, cresciuti artisticamente fra tango e jazz. Un cantante e due musicisti, nient’altro: tre uomini che in 57 minuti camminano con eleganza sul confine tra canzone d’autore e musica argentina. Avevano pubblicato cinque anni fa senza clamore L’amico di Cordoba. Ora tornano con un concept album dedicato al nostro sport nazionale. Non il teatrino che passa ogni maledetta domenica in tv, quello fatto di calciatori che sembrano popstar, commentatori vocianti, veline scosciate, scandali e vanità. Non quello. Qua dentro c’è il calcio di un tempo, fatto di imprese e drammi, grandi campioni e piccoli sognatori, pratica e passione. Lo sport diventa metafora della vita che ognuno si gioca, da protagonista o da riserva, segnando da campione o mettendoci la mano. L’idea è presa da Fútbol. Storie di calcio (Einaudi), raccolta di racconti di Osvaldo Soriano, giornalista e scrittore argentino scomparso una decina d’anni fa. «Non amo lavorare troppo» ha detto «né correre per i corridoi di uno stadio, né forse capisco di sport quanto l’incarico richiederebbe. Ma so inventare storie bellissime». Ecco, Servillo, Girotto e Mangalavite (con l’aiuto di Carlos Di Riso) hanno adattato liberamente queste storie al formato canzone, ficcandoci dentro anche due strumentali e un recitato. C’è Lo sfogo del Mister, pessimista e incazzato. C’è La riserva, invidiosa di quello che «non gioca come saprei fare io», che poi è l’amante messo da parte per «quell’altro che non ti ama come saprei fare io». C’è l’ironia garbata di Per fare un gol («Per fare un gol che sia un miracolo ci vuole un santo per correggere la curva del pallone»). C’è il numero 10 più famoso d’Argentina e di Napoli, nei suoi trionfi calcistici che diventano «opera divina» (No te mueras nunca, ovvero l’augurio «Non morire mai») e nella passione per la coca (Maradona era meglio ‘e Pelé). E in fondo, al numero 13 come 13 sono le partite d’una schedina, c’è spazio per La canzone che non c’entra col fútbol, ma è comunque un momento di grande bellezza. Un passo del libro, dedicato a come il capitano uruguaiano Obdulio Varela prese in mano le sorti della finale col Brasile causando il disastro del Maracanã e la morte di crepacuore di 10 tifosi brasiliani sugli spalti, è recitato da Toni Servillo in Obdulio: il riposo del re di centrocampo con l’ambientazione sonora di Fausto Mesolella. È una storia meravigliosa di sfida, di colpa, di senso dell’onore, in definitiva di affratellamento sotto un unico cielo, fuori dallo stadio.

Se Fútbol è una delizia non è solo per il concept, ma anche e soprattutto per le esecuzioni. L’approccio vocale teatralizzante di Servillo funziona a meraviglia in questo contesto e rende vivide le storie. Girotto e Mangalavite hanno un gran talento nel non far pesare l’ambientazione scarna, quasi cameristica, vagamente severa, fatta solo di sassofono e pianoforte. Senza l’aiuto di altri strumenti, e con grande eleganza, fanno pulsare le partiture fino a far dimenticare l’assenza totale di una sezione ritmica. E proprio in funzione ritmica Girotto usa il sassofono baritono, usando il soprano per i passaggi più lirici, oltre a soffiare in flauto andino e clarinetto basso. «Il baritono» spiega «mi permette di alternare aspetto melodico, armonico e ritmico, proprio quel basso che manca ai brani». Anche se occasionalmente Girotto doppia alcune parti (in Fútbol ad esempio), il feeling della quasi totalità dei pezzi è dato dall’interessante interplay dal vivo del suo sax col pianoforte, dal loro dialogo. «Il formato del duo» dice il sassofonista «permette una certa agilità nella dimensione concertistica, ti permette di suonare dappertutto, di sconfinare nel mondo del pop, del jazz e perché no della classica considerando il tipo di fisionomia strumentale del progetto». In quanto alle musiche, «sono frutto di una ricerca fra mondo musicale argentino e cantautorato italiano: sono, siamo alla continua ricerca di una nuova strada da battere». Girotto e Mangalavite prendono dal jazz, dalla canzone d’autore, dal tango, da stili latino-americani meno noti, dal folclore argentino. No te mueras nunca è ad esempio una variazione del ritmo uruguayano chiamato candombe ed è notevole quanto sia vivace pur mancando di qualunque percussione. «Natalio è l’ideale per far cose di questo tipo: ha un grande senso del ritmo e conosce il folclore argentino». Altri due esempi: Lo sfogo del Mister è una milonga, mentre Il mancino si rifà alla zamba argentina, che non ha nulla a che fare con la samba brasiliana. Ma ogni riferimento è trasposto in un formato musicale originale, ora brioso, ora elegantemente garbato. In febbraio il trio è in tour (date su myspace.com/javiergirotto). Intanto c’è questo dischetto: è molto ben suonato, ha un concept interessante, è pieno di immaginazione, è vivace e poetico, offre una prospettiva rinfrescante su un argomento abusato. E costa solo 10 euro.

Lo sfogo del mister
La riserva
Per fare un gol
Soltario nel final
Jueguito
Il mancino
No te mueras nunca
Fútbol
Final do mundo
Obdulio
Varela
Maradona era meglio ‘e Pelé
La canzone che non c’entra

On demand

Iscriviti alla Newsletter

Vuoi rimanere sempre aggiornato su rock e dintorni? Iscriviti alla nostra newsletter
per ricevere tutte le settimane nuovi video, contenuti esclusivi, interviste e tanto altro!