22/12/2008

LE ONDE ROCK DI MAURIZIO COLONNA

sottotitolo

Torino, 9 ottobre 2008. La sala del Conservatorio è stracolma.
In cartellone c’è Maurizio Colonna, il più famoso chitarrista classico italiano. Dalle partecipazioni al Festival di Sanremo alla liaison artistica con Frank Gambale, Colonna (da sempre) è uno capace di stupire. Ma stasera ha voluto davvero spiazzare pubblico e critica. Si chiama Rock Waves la sua ultima invenzione, un progetto particolare che Maurizio ha deciso di presentare nel tempio della musica colta della sua città d’origine e con cui (per usare parole sue) «trasfigura alcuni classici del chitarrismo rock trasportandoli sulla sei corde classica». Non solo.
Insieme alla produttrice Luciana Bigazzi, Colonna ha pensato di arricchire questa operazione artistica di un significato umanitario per dare vita a un evento che vuole essere speciale a tutti gli effetti. E così ha devoluto l’intero incasso della serata all’Ospedale Ikonda, in Tanzania. Lo spettacolo è un vero trionfo. Persino il pubblico compito del Conservatorio alla fine delle rielaborazioni di autentiche pietre miliari della musica del Novecento quali Stairway To Heaven, Smoke On The Water, Fields Of Gold o Tears In Heaven si lascia andare ad applausi scroscianti e a boati d’entusiasmo in perfetto clima da concerto rock. Il tutto viene accuratamente registrato e oggi Rock Waves è un cd live nel quale è possibile riassaporare le chicche musicali di quella sera dello scorso ottobre. Già, perché questa volta, a dispetto delle giustificate perplessità dell’appassionato di rock, l’operazione di contaminazione con la musica colta funziona. E anche bene. Non ci credete? Ascoltate le prime due tracce (la già citata Stairway To Heaven e una lunga, affascinante suite basata su alcuni tra i più celebri temi dei Pink Floyd) per avere un’idea non solo della bravura tecnica di Colonna o del suo gusto estetico; ma anche (o soprattutto) per ammirarne la capacità di cogliere lo spirito rock dei brani e di portarlo in modo moderno ed efficace su uno strumento che, per caratteristiche acustiche, è uno dei più lontani possibili dal sound elettrico.
«Per me, alcuni brani di Led Zeppelin, Dire Straits, Eagles, Pink Floyd o Deep Purple rappresentano classici senza tempo», racconta Maurizio. «Nella mia visione artistica li considero alla pari delle grandi melodie tradizionali o delle più importanti pagine di musica colta. Ho un amore sconfinato per il chitarrismo elettrico che rappresenta la mia parte nascosta, quella che c’è in un’altra vita. Con Rock Waves ho voluto dimostrare che con la chitarra classica si può arrivare al grande pubblico perché non è lo strumento ad essere distante da esso quanto, piuttosto, il modo convenzionale di suonarlo».

È l’attitudine di Colonna (più che il suo stile tecnico) ad essere rock. E se il risultato sonoro è appagante per l’appassionato, stupefacente per il cultore della sei corde o addirittura incuriosente per l’ascoltatore più distratto, significa che alla base c’è un progetto solido e meditato. «Era da tempo che avevo in mente questa idea, ma non avevo il coraggio di tirarla fuori. E poi ho sempre avuto un sacco di perplessità sugli arrangiamenti… temevo il rischio del baroccheggiante… Poi ho deciso di darci sotto: per tutta un’estate ho lavorato alla “ricomposizione” dei brani. Mi sono basato su un precedente celebre nel mondo della chitarra classica: quello di Mario Giuliani che ha ripreso i temi di Rossini trasformandoli in brani “suoi”. Un po’ come fatto in ambito pianistico da Busoni con la Ciaccona di Bach, tanto che quel pezzo è diventato, in pratica, di proprietà del suo arrangiatore. Allo stesso modo, i brani scelti per Rock Waves sono stati un pretesto per tirarne fuori pezzi “miei”».

Ogni canzone è eseguita in modo originale per inventare un linguaggio moderno. Emblematica è Bridge Over Troubled Water che diventa quasi post minimalista, «incentrata su una cellula armonica, ripetuta in modo ossessivo», ci spiega il chitarrista torinese. «Sono particolarmente soddisfatto dagli arrangiamenti della suite dei Pink Floyd ma anche di Smoke On The Water e Stairway To Heaven specie nelle parti degli assolo. Non è difficilissimo riproporre la stesura di un tema: il casino è rendere l’arte dei vari Jimmy Page o Ritchie Blackmore quando partono con l’improvvisazione. Non avendo sustain devo fare 500 note quando loro ne fanno un decimo. Sono felice della rilettura “energetica” che ho dato ai vari pezzi, anche di quelli che mi hanno fatto più disperare, come Hotel California. Volevo accentuare l’aspetto virtuosistico, quasi paganiniano del brano evitando la trappola del folklore, della versione rumba o flamenca. Non è stato facile». Anche perché Colonna ha giocato questa sfida dal vivo, senza rete, senza possibilità di correzioni. Il pubblico ha gradito. E lui ne è particolarmente soddisfatto.
Anche l’arte poetica di Fabrizio De André (La canzone di Marinella / La città vecchia), il tocco di Mark Knopfler (Private Investigations), le hit di Sting (deliziosa la versione swingata di Englishman In New York), il rock estremo dei Metallica (Nothing Else Matters) e quello al lambrusco di Vasco (Il mondo che vorrei) vengono sottoposti alla “cura Colonna”. Così come le voci dei due più grandi interpreti maschili della storia: Elvis (Can’t Help Fallin’ In Love) e Sinatra (My Way). «L’operazione Rock Waves non finisce qui», afferma Maurizio con decisione. «Mi piacerebbe continuare a cavalcare queste onde rock mescolandole al mio percorso compositivo e ai miei concerti classici magari sviluppando altre curiose trasfigurazioni».
Se volete surfare sulle Rock Waves di Colonna visitate il sito www.mauriziocolonna.com.
Buon divertimento!

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