02/09/2008

ODE A LOS ANGELES

Brian Wilson

La cultura del surf e i sogni di celluloide. Le ragazze in bikini e le palme. L’ebbrezza della velocità e lo stile di vita rilassato. Se c’è un musicista che è riuscito a trasformare queste immagini in arte, quello è Brian Wilson dei Beach Boys. Torna a farlo in un nuovo concept album che rilancia il mito della California meridionale. Si chiama That Lucky Old Sun ed è un’ode alla città natale di Wilson, Los Angeles. È il suo tentativo di catturare il carattere della città negli anni 50 e 60 ed è il frutto di una «esplosione creativa», come l’ha chiamata l’artista. «Ero seduto al pianoforte» ha raccontato nel 2006 «e d’incanto mi è venuta in mente la vecchia melodia di That Lucky Old Sun. Ricordavo che si trattava di uno spiritual degli anni 40, ma volevo riascoltarla e impararla per bene. Mi sono precipitato al Tower Records di Sherman Oaks e ho comprato un cd con la versione di Louis Armstrong. Ne sono rimasto estasiato. È stato allora che ho avuto l’ispirazione per scrivere una suite, un’ode al paradiso terrestre californiano». Il risultato è un disco in cui l’anima solare di quei posti si sposa con l’animo rock di Wilson. Come canta in California Role, per cogliere lo spirito della città «non devi salire in cima alla Capitol Tower o suonare all’Hollywood Bowl, se hai il rock’n’roll nel cuore e nell’anima». Proprio come un pittore, nelle canzoni di That Lucky Old Sun Wilson dipinge un affresco della città di Los Angeles da lui amata, città che già negli anni 60, quando il musicista era in vetta alle classifiche coi Beach Boys, incarna l’essenza della California del sud: Beverly Hills, Bel-Air, Venice, Malibu, le spiagge, Hollywood e i luoghi legati al mondo del cinema. Qua e là vengono citati luoghi precisi: Santa Monica, la Capitol Tower (la torre rotonda dell’etichetta discografica dei Beach Boys costruita come una pila di 45 giri, vedi box a pagina 41), l’Hollywood Bowl, Venice Beach.

That Lucky Old Sun è un progetto ambizioso che rafforza l’idea che il grande artista californiano stia vivendo un momento di rinascita creativa. È stato concepito con l’aiuto della magnifica band che lo accompagna abitualmente e in particolar modo di Scott Bennett che si è dedicato ai testi, mentre il vecchio amico e vulcanico collaboratore Van Dyke Parks si è occupato della stesura dei vibranti reading che funzionano da intermezzi fra le canzoni. La suite è stata presentata in anteprima dal vivo a Londra alla Royal Festival Hall nel settembre 2007 per celebrare l’avvenuto restauro della sala. I sei concerti hanno fatto il tutto esaurito e sono stati acclamati da pubblico e critica. Nel gennaio 2008 la suite è stata presentata allo State Theatre di Sydney in Australia. Ora That Lucky Old Sun vede la luce su cd, nell’abbinata cd + dvd e in una edizione limitata in vinile. Il disco segna anche il ritorno dell’artista dopo alcuni decenni alla Capitol Records, l’etichetta per la quale Brian e i Beach Boys hanno inciso fin dal lontano 1962. Non a caso il sito dell’artista si apre con una foto dell’ultimo piano della Capitol Tower bardato con uno striscione: «Bentornato a casa Brian Wilson!». Un video dello stesso sito lo immortala mentre entra nell’edificio il giorno della conferenza di presentazione del progetto: «Here I am in my old stompin’ ground: Capitol Records!».
Le nuove canzoni, registrate ai Capitol Studios tra il gennaio e l’aprile 2008, trasmettono i sentimenti positivi che Wilson nutre ancora verso la California del sud e al contempo offrono elementi autobiografici in una sorta di romanticismo nostalgico. Prendiamo ad esempio Venice Beach, uno degli intermezzi narrati: parla di senzatetto, emarginati, merciai, imbroglioni e venditori ambulanti che popolano i marciapiedi e come in una cartolina illustrata fotografa perfettamente quel luogo. Ma anche di fronte a certe miserie il sentimento di Wilson è sempre positivo: anche lì, canta, batte forte il cuore di Los Angeles. D’altro canto Southern California indugia nella nostalgia nel ricordare Carl e Dennis Wilson: «Avevo questo sogno: cantare in armonia coi miei fratelli, aiutarsi l’un l’altro».
L’apertura è affidata a That Lucky Old Sun, il cui passo lento e maestoso fa pensare a evergreen come Old Man River (riarrangiata dallo stesso Wilson nel 1968 all’epoca dell’album Friends) e Swanee River. I riff accattivanti richiamano un traditional afro-americano già riadattato dai Beach Boys intitolato Shortnin’ Bread. Canzoni come Good Kind Of Love, Oxygen (For My Brain) e Forever My Surfer Girl sono brillanti ma al tempo stesso nostalgiche, d’atmosfera e decisamente malinconiche. L’ultima era già disponibile sul sito di Brian Wilson dall’agosto 2007 con il titolo Forever She’ll Be My Surfer Girl e parla dell’estate del 1961: «Una dea divenne la mia canzone, caddi nei suoi occhi d’oceano, infiniti come il cielo». Il vecchio pezzo dei Beach Boys Can’t Wait Too Long, riproposto qui in una breve sequenza prettamente vocale, era una outtake fuoriuscita da una delle numerose session realizzate tra il ’67 e il ‘68 ai tempi degli album Wild Honey, Smiley Smile e 20/20. Se Mexican Girl è una piacevole parodia della musica latina e messicana, California Role ricorda ritmi e melodie swing anni 20. Morning Beat riprende il groove e le tonalità di canzoni dei Beach Boys come Dance Dance Dance e Do It Again. È notevole Midnight’s Another Day, probabilmente una delle melodie più seducenti e affascinanti scritta da Brian negli ultimi anni. È il momento della malinconia, subito rimpiazzata dall’ottimismo: «Tutte quelle voci, tutti quei ricordi mi hanno impietrito. Tutte quelle persone mi hanno fatto sentire così solo. Ero perso nell’oscurità, nel buio più cupo finché ho scoperto che la mezzanotte annuncia un nuovo giorno».

Non è ovviamente la prima volta che Brian Wilson affronta questi temi. In That Lucky Old Sun lo fa però con la consapevolezza derivante dalla maturità, e con un pizzico di nostalgia naturale per un 66enne come lui. Lo spirito non è però così distante da quello dei Beach Boys, il gruppo dell’estate senza fine, della Endless Summer come recitava un loro disco. In pochi anni, dal 1962 al 1965, Wilson compose con e per loro decine di canzoni leggendarie dedicate al surf e alla California (vedi box a pagina 42). Mito e verità, immaginazione e realtà del Golden State sono perciò sempre stati presenti nelle parole e nelle musiche di Wilson.
Anche il sound richiama quell’era. La band che lo accompagna da anni (di base composta da 10 elementi) è ineccepibile e rispetto all’epoca d’oro dei Beach Boys il suono è decisamente rinvigorito sia in studio che dal vivo. Oggi più che mai gli arrangiamenti tipici di Wilson trovano il giusto risalto. Per gli appassionati di questa musica That Lucky Old Sun emana perciò un calore familiare. Meravigliosa lettera d’amore musicale a Los Angeles, è la visione di una città contemporanea con forti echi del passato dove si mischiano realtà e sogno, modernità e nostalgia.
«Stiamo parlando di uomo» ha detto di Wilson il suo chitarrista Jeffrey Foskett «che non ha mai vissuto a più di 20 miglia dal luogo in cui è nato».

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