Molti lettori si sono lamentati del criterio di valutazione che noi di JAM applichiamo ai dischi. In particolare, ci è stata fatta notare la tendenza generale a una sopravalutazione del giudizio (diciamo un eccessivo buonismo) che si è spesso trasformata in un appiattimento generale (media del 7) con relativa perdita di credibilità del giudizio stesso. Altre volte, i lettori ci hanno segnalato anomalie o palesi esagerazioni. Diciamo che questi ultimi casi mi preoccupano di meno: in un tipo di rivista come questa li ritengo praticamente inevitabili. Essi sono inscindibilmente legati alle caratteristiche di alcuni collaboratori che si occupano di generi super specializzati e che spesso hanno un rapporto quasi morboso con la musica.
Ma il resto mi preoccupa, eccome. Io non sono mai stato favorevole ai voti, alle stellette, ai giudizi o a quant’altro potesse trasformare in un numeretto più o meno piacevole un’ora di musica. Con la stessa onestà, devo però ammettere, che tutto ciò è molto comodo specie in una rivista come JAM dove la sezione recensioni discografiche è sostanzialmente la più cospicua. Non c’è niente da fare: quello è il modo più rapido di far capire subito al lettore il valore di un album e, di conseguenza, se ne merita o meno l’acquisto.
Abbiamo fatto diverse riunioni per cercare di risolvere il problema. Abbiamo spiegato ai collaboratori i criteri principali e abbiamo persino provato a filtrare il tutto attraverso il giudizio insindacabile della redazione.
Anziché a stellette o altri simbolucci vari, avevamo pensato di dare i voti come nella vecchia scuola: da 1 a 10. Le indicazioni da parte nostra erano state chiare: 9 o 10 lo prendono SOLO album di portata epocale (Sgt. Pepper’s, Blonde On Blonde, ecc.). Prima di stroncare qualcuno fatelo a ragion veduta e se proprio ritenete giusto farlo date spiegazioni oggettive. Occhio ai giudizi con gli italiani.
Oltre al voto, per fortuna, abbiamo avuto l’intuizione di aggiungere una postilla: il perché, la motivazione. Ecco, devo dire che questa aggiunta, oltre ad essere un elemento di indubbia originalità, più di una volta è giunta in aiuto. Intanto perché ha fornito il motivo di quel voto anche quando il voto in quanto tale è sembrato sproporzionato. E poi perché spesso ha sintetizzato in due righe il giudizio espresso nella recensione.
Infine, abbiamo deciso di votare su ogni numero 5/6 dischi del mese: due per il pop-rock, e uno a testa per jazz, roots, black o musica italiana. Su questi non abbiamo avuto problemi anche perché c’è quasi sempre unanimità di giudizio.
Per il resto, non lo nego, problemi ci sono stati e ci continuano ad essere. Anche se, a leggere bene tra le righe, qualche indicazione ve l’ho data: una specie di ‘decoder’ per meglio capire il voto sotto una recensione di JAM. Volete sia più esplicito?
Tutte quelle che hanno un voto superiore al 7 meritano attenzione, ma per meglio valutarle leggete il perché e (se proprio volete avere più materiale di giudizio) l’intera recensione. Riandate a guardarvi i voti e tirate le vostre conclusioni. Idem dicasi, al contrario, per quelle che hanno voti dal 6 in giù.
Lo so, il percorso è un filo tortuoso (e tutto sommato un poco demenziale), ma in attesa di trovare una soluzione più razionale dovete accontentarvi senza drammattizzare più di tanto. Infatti, a parte qualche caso clamoroso, devo dire che in generale di errori macroscopici non ne abbiamo commessi molti e, tutto sommato, la qualità dei giudizi su JAM è ben più che soddisfacente. Tenete inoltre presente che questo giornale (contrariamente ad altre testate italiane) non ama stroncare per il gusto di farlo. Non siamo caratterialmente degli aggressivi e, soprattutto, prima di buttare nel cesso, con una quindicina di righe, mesi se non anni di lavoro ci pensiamo su molto bene. E poi esiste sempre una scappatoia elegante: evitare di parlare di dischi brutti piuttosto che parlarne male.
Il problema della difformità del giudizio è comunque un virus diffuso e difficilmente combattibile. Se ne sono accorti anche Alberto Tonti e Enzo Gentile, curatori del Dizionario del Pop-Rock (Baldini & Castoldi, 1200 pagine circa, 80mila lire). L’opera (a suo modo monumentale) presenta 20.000 album di circa 2.000 artisti. Infatti, a differenza di altre enciclopedie, questo Dizionario non riporta le schede biografiche degli artisti ma ne analizza la carriera disco per disco (un po’ come fatto da altre opere anglo-americane come All Music Guide o Music Hound). Conoscendo bene i due curatori (uno collabora con me da quasi quindici anni, l’altro mi ha aiutato a creare JAM) e molti dei loro co-équipiers, mai (neanche sotto tortura) potrei parlare male di questo lavoro. Scherzi a parte, il Dizionario Pop-Rock colma una lacuna nell’editoria italiana ed è fatto con un tasso di accuratezza pari a quelli delle enciclopedie Arcana e Giunti. Inutile disquisire su chi o cosa manchi nelle 2.000 schede presenti. Anzi, per andare controcorrente mi va di dire che ci sono i Dream Theater (spesso colpevolmente assenti in altre opere), ma anche Phil Cody, Garth Brooks, gli Alabama e altri piccoli e grandi eroi della country music. Così come Size Roni e altri trip-hoppers ‘minori’, gli ottimi Morphine, la regina del blues Koko Taylor, l’etereo Jon Hassell, l’etno-rocker Fela Kuti, il bardo celtico Alan Stivell e anche moltissimi artisti italiani (che sia un male o un bene, decidetelo voi).
I dischi vengono trattati in modo sintetico ma in genere piuttosto esauriente e, soprattutto, vengono riportati in ordine cronologico e con completezza di catalogo.
Il problema viene nel momento della formulazione del giudizio. Qui espresso con le classiche stellette (da uno a cinque) esso risente dello stesso virus prima riscontrato con le recensioni di JAM.
C’è eccessivo buonismo, un conseguente appiattimento e soprattutto un criterio troppo soggettivamente lasciato nelle mani dei vari collaboratori. Il tutto purtroppo si nota in maniera netta nella sezione ‘The Best – gli album con 5 stelle’. Qui si evidenziano infatti cose curiose come: tre album degli Afterhours e nessuno di Joni Mitchell, sei album della Nitty Gritty Dirt Band (!!!) e uno solo dei Pink Floyd (e non è Dark Side Of The Moon), ecc.
Ma, anche in questo caso come per JAM, vale lo stesso suggerimento: non limitiamoci ai voti e consultiamo con attenzione il Dizionario del Pop-Rock: ne troveremo informazioni interessanti e sarà per noi una preziosa assistenza nel momento del bisogno. Con o senza stellette