Cosa pensare di questa signora sofisticata e senza segreti che giocava con gli opossum e sfornava invitanti torte calde?
Abbiamo familiarizzato subito con questa amica irrag-giungibile e ci domandavamo se fosse Mick Jagger o Warren Beatty il vanitoso di turno, trasalendo quando abbozzava uno strip per i ragazzi nascosti tra gli alberi. Poi, dopo qualche episodio di routine e buon mestiere, nessuno di noi credeva sopravvivesse alla separazione da James Taylor e al passe-partout che quella relazione comportava. Ma a guardare attentamente, da quando Carly abbandonò il circolo esclusivo dell’aristocrazia westcoastiana e i riflessi spesso negativi di quelle facoltose amicizie, ha saputo ritagliarsi a poco a poco un mondo musicale sincero, consapevole. È però sempre stata vista con malcelata invidia, vuoi perché con Taylor condivideva più di un amore ed erano la coppia più bella del mondo, vuoi perché, anche se entrata dalla porta di servizio dell’East Coast, apparteneva comunque alla musica californiana senza farne oggettivamente parte.
E così la Simon è diventata una Carole King più spigliata e meno ansiosa di sedere sull’eremo delle ladies of the canyon. Presa coscienza che il circolo era una gabbia da cui evadere, nel 1981 incise Torch, un album bellissimo dove rileggeva il mainstream con sussiego consapevole e sana passione. Operazione ripresa in seguito con My Romance e Film Noir insieme a Jimmy Webb.
Da allora le fantasie e lo spirito quasi naif con il quale affrontava il pentagramma ci ha riservato sorprese piacevoli come le esperienze cullanti e contagiose di Coming Around Again e Letter Never Sent. Oggi è una delle più importanti cantanti contemporanee, ma qualcuno si ostina ancora ad ignorarla nonostante lei abbia attraversato tutte le stagioni del pop americano con la stessa intensità, da Nobody Does It Better a I’ve Got A Crush On You. Il suo nuovo, atteso disco è Bedroom Tapes, dove Carly spiega che ci sono canzoni che ti possono curare l’anima e canzoni che ti possono cambiare la vita.
“Il disco prende forma nel mio ultimo inverno a Central Park, New York, nel 1998”, ha detto la Simon introducendo l’album. “L’unica canzone che era stata scritta precedentemente era In Honor Of You (George), nata da una lettera a George Gerswhin. In quel periodo non avevo più voglia di scrivere canzoni. Tutti gli scrittori attraversano momenti come questo, e io non sono diversa dagli altri. Sono riuscita ad uscire da questa crisi, almeno temporanea, ascoltando la canzone di Gerwhin Embraceable You. Forse è stata quella lettera o forse lo scrivere ed arrangiare la canzone con Teese Gohl che mia fatto uscire da questo blocco.”
“Il tutto era complicato dal fatto di essere malata. Mi era stato diagnosticato un tumore ai polmoni nella primavera del ’97 e sono passata attraverso la chemioterapia nel periodo a cui sto facendo riferimento. Quando devi sfidare una malattia molto grave devi arrancare verso la superficie: se ti lasci andare, affoghi. Io dovevo attaccarmi a qualcosa dentro me stessa che fosse forte. E questo qualcosa è stato la musica. Ogni esperienza, come sanno bene i songwrtiters, si traduce in musica. Io per esempio avevo problemi a ricordare qualsiasi cosa e così ho scritto I Forget; è stata un’esperienza molto importante perché per scriverla ho dovuto affrontare un vero esame interiore. Queste sono alcune delle cose che rendono questa collezione di canzoni così importante per me.”
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L’intervista
Inizialmente il disco doveva intitolarsi When Manhattan Was A Maiden, poi ha cambiato idea intitolandolo The Bedroom Tapes. Come mai?
In realtà c’era una canzone specifica che si intitolava When Manhattan Was A Maiden e tutto l’album doveva avere come argomento portante le donne di New York, ma è diventato piano piano sempre meno inerente a questo argomento e sempre più vicino ai miei stati d’animo, indipendentemente da dove fossi. Così ho cambiato il titolo perché ho registrato quasi tutto l’album in una stanza che è a non più di venti passi dalla mia camera da letto e che era la camera da letto di mia figlia.
Come suggerisce l’attuale titolo, è corretto dire che questo album è come una sorta di diario intimo fatto di riflessioni, di cambiamenti?
Sì, l’intento era proprio questo. È il frutto di quello che era il mio stato d’animo di ogni giorno, la rabbia, la frustrazione, l’amicizia, il combattere con la mia depressione, il confrontarmi con la mia anima e le sue cicatrici, il ricordo di un amore passato, le riflessioni su una relazione attuale che ancora non si è consumata e che quindi è nella sua fase più stimolante e vitale.
Ci sono talmente tante sensazioni differenti che non si può dire che l’album abbia un tema portante, è solo il frutto di quello che provavo ogni differente istante della mia vita di quei giorni.
Una delle realtà che lei preferisce cantare è l’amore: un sentimento che ha trattato a volte con una buona dose di ironia, a volte senza metafore, a volte più intimamente. Con il passare degli anni, con la crescita e con l’esperienza ha mai cambiato idea sull’amore?
Credo che nella vita tocchi a tutti essere innamorati veramente di un’altra persona in maniera transitoria, ma d’altra parte se è vero amore, sarà con te e dentro di te per sempre, non morirà mai, continuerà fino a che vivrai e forse anche dopo. C’è una grande differenza tra l’amore e l’infatuazione: molto spesso l’infatuazione può sembrare amore e solo con il passare del tempo e la riflessione ci si rende conto che non è così. Solo quando una storia finisce si può capire che non era amore e se non finisce… allora è amore!
Ha dichiarato che non sarebbe mai riuscita a comporre questo album con la pressione di una casa discografica. Infatti c’è molta differenza tra la sua produzione e quella dell’attuale panorama commerciale. C’è una vena polemica nel parlare delle imposizioni che le case di produzione ‘suggeriscono’ agli artisti?
No, è tutto molto ironico. In questo album volevo assolutamente l’input di Clive Davis. Ho rifirmato con la Bmg nello scorso settembre pensando che questo album avesse delle potenzialità commerciali. Ma appena ho firmato, Davis è stato licenziato a causa della sua età e del fatto che non ha voluto nominare un suo successore. Quindi nel momento in cui ero io a richiedere un input da Clive, lui non era più disponibile per me.
L’album perciò è nato in un luogo solitario e così è terminato, ma è stato un bene perché mi ha spinto a riflettere su me stessa. Il lavoro che ne è venuto fuori è molto personale, è il frutto di un mio sforzo, di una mia produzione, dei miei arrangiamenti, e sicuramente non è commerciale come se ci fosse stata la presenza di Clive Davis. Alla fine ho avuto con me solo Frank Filippetti che un grande maestro, non ce l’avrei mai fatta senza di lui. È stato l’unico presente per me sempre al 100% quando ne avevo bisogno.
Alla luce di quest’ultimo lavoro, trova migliore o più facile creare e produrre in questa maniera?
Non c’è un assoluto per definire come è meglio dare vita ad un lavoro. In questa occasione è stato un caso che io fossi sola, anche perché quando ho cominciato a comporre non avevo ancora firmato per nessuna casa discografica, quindi non avevo niente da perdere e ho pensato “Bene, giocherò, imparerò a usare tutte queste nuove macchine sofisticate per fare musica, le tastiere, la batteria, la regitrazione a 8 piste, le attrezzature per riversare la musica…”. Ho imparato ad utilizzare 7 o 8 macchine per me nuove grazie all’aiuto di alcuni insegnanti: era come giocare in una stanza piena delle tue bambole, e io avevo tutti i miei strumenti e lasciavo che loro suonassero quello che volevano, anche perché io non sono una brava musicista, nel senso che non so suonare molti strumenti.
Il disco mi ricorda le atmosfere intime di One Man Dog di James Taylor. È solo una mia impressione?
In realtà questo disco è stato registrato a pochi metri dalla stanza nella quale James ha registrato One Man Dog, nella stessa casa. È molto buffo perché nessuno mi ha mai chiesto questa cosa: è un’ottima osservazione che denota molta percezione!
Negli anni Settanta lei faceva parte della cosiddetta aristocrazia della West Coast. Che ricordi ha di quel movimento di suoni e idee, considerando che molti degli artisti di quel tempo sono quasi spariti?
Sono stata sempre un po’ in disparte rispetto alla ‘comunità della musica’ della West Coast, anche perché io e James vivevamo a New York.
Credo comunque che ci siano ancora molti artisti di quel periodo che fanno bellissima musica, e se gli altri non si sentono più, nella maggior parte dei casi è per colpa di un ambiente purtroppo soffocato dai vizi.
Ha collaborato, in Film Noir, con Jimmy Webb, uno dei più grandi songwriter in assoluto e recentemente con Andreas Vollenweider: come è stato lavorare con il primo e come è nata la collaborazione con il secondo?
Con Andreas faremo un concerto assieme in Irlanda. Per me è meraviglioso lavorare con lui, è sempre emozionante anche se abbiamo già fatto molto lavoro insieme. Mi dà molta ispirazione lavorare con lui. Ho conosciuto la sua musica in una boutique e ho chiesto alla proprietaria di chi fosse il disco che stavo sentendo perché era fantastico. Così ho comprato il suo disco, l’ho contattato e l’ho invitato a venirmi a trovare a New York per conoscerci. Poi ho prodotto il suo tour di concerti negli States nel ‘93/94, credo, e sono così orgogliosa del lavoro che abbiamo fatto e sono sicura che ne faremo ancora tanto insieme.
Per quanto riguarda Jimmy Webb, è uno dei più grandi compositori di tutti i tempi ed è una persona magica. Ci siamo conosciuti qualche estate fa e siamo diventati subito amici, era un periodo della sua vita nel quale stavano succedendo delle cose per le quali lui ha pianto sulla mia spalla e io sulla sua, e poi abbiamo deciso di fare insieme Film Noir, ed è stata una esperienza meravigliosa lavorare con un artista del suo temperamento. Spero davvero di poter lavorare ancora con lui.
Tra tutti i suoi lavori quali sono i suoi preferiti, la sua personale classifica?
Amo tutti i miei lavori, ma ho un particolare attaccamento a Torch, Film Noir, Coming Around Again, Anticipation. E This Is My Life, che è la colonna sonora di un film che non credo sia uscito in Europa.
Pensa di venire in Italia?
Sì, anche perché non ho mai suonato in Europa, non ho mai promosso un disco in Italia. Penso di venire in agosto o ai primi di settembre. Oltretutto sto traducendo la mia No Secrets in italiano.