La dolce ‘Minnie’ del deserto (come viene affettuosamente soprannominata per la voce così simpaticamente simile a quella della fidanzata di Topolino) è forse la cantante a cui tutti, artisti, fan e discografici, vogliono più bene al mondo. E come si fa a non voler bene a questa eterna ragazzina (oggi sulla soglia dei quarant’anni) che dichiara candidamente di essere dentro di sé ancora una bambina di dieci anni, colpita duramente da una malattia crudele (sclerosi multipla), che nel corso della sua carriera ha regalato pochi ma sempre affascinanti lavori discografici? Chi ha avuto la fortuna di conoscerla, o vederla in concerto, sa di cosa parlo. Parlo dei suoi occhi sognanti, del suo immancabile sorriso, della sua voglia di vivere, nonostante la malattia, della sua ‘pazzia musicale’ che la porta a far esplodere in una canzone tutte le sue diverse anime musicali, dal jazz al folk al rock. In fondo, citando una delle sue più belle composizioni, lei è ‘Crazy Mary’, ‘Maria la matta’. Water To Drink è probabilmente il suo disco più bello, e sì che il già bellissimo Loose di qualche anno fa ci aveva fatto dire la stessa cosa. Più bello, comunque, dell’ultimo Musing Of A Creekdipper, troppo sperimentale e travagliato, seppur affascinante anch’esso. Water To Drink torna un po’ alle atmosfere di Loose, grazie anche al ritorno di Van Dyke Parks come arrangiatore, ma ha delle peculiarità tutte nuove. Nasce, intanto, come una raccolta di standard jazz (un po’ come l’ultimo di Rickie Lee Jones o Joni Mitchell, due cantanti che ‘Vic’ sente profondamente vicine), progetto però che la sua casa discografica non ha approvato. “Vogliamo canzoni tue”, le hanno detto, e lei docilmente li ha accontentati, ma in parte, perché alcune cover sono sopravvissute. E meno male, perché le rese di Water To Drink (di Jobim e Vinicius De Moraes) è fascinossima, con il suo incedere tipicamente ‘brasiliano’. Così come Until The Real Thing Comes Along (Cahn, Chaplin, Freeman gli autori) che sembra uscire dalla colonna sonora di un film anni Quaranta, è una strepitosa ballata da crooner consumato, vicina a quanto la Mitchell e Rickie Lee Jones hanno fatto nei loro ultimi lavori. Da brivido assoluto la performance di ‘Vic’, con un delizioso arrangiamento d’archi in sottofondo. Ancora: Young At Heart (Johnny Richards e Carolyn Leigh), un’altra slow ballad jazzy, e sono ancora brividi sulla pelle per la interpretazione vocale della cantante. Per il resto, bene hanno fatto i suoi discografici a chiedere a Victoria nuove canzoni. Qui ci sono alcune delle sue cose più belle di sempre; vediamole nel dettaglio. Grandma’s Hat Pin è una ballata vicina alle cose migliori di Loose, ritmata e melodicamente riuscita, con un bel gioco di tastiere e uno sferzante solo di chitarra elettrica che la colora di tinte ‘metropolitane’. Gladys And Lucy è una sorprendente incursione nel R&B, quello più gioso e accattivante, tipicamente anni 60, con tanto di sezione fiati e Hammond ‘saltellante’. Light The Lamp Freddie entra di diritto nella grande galleria di ritratti alla Crazy Mary, una ballata dal sapore roots impreziosita però da un vibrafono, un sassofono, un clarinetto e una delicata steel guitar in sottofondo. Dude è decisamente jazz, con un riuscitissimo refrain vocale che assomiglia a certo easy jazz virato al pop che andava di moda negli anni 70. Joy Of Love, aperta da una tromba, è un bellissimo duetto tra Vic e suo marito Mark Olson (ex Jayhawks, mica uno qualunque) e ricorda certe cose proprio dei vecchi Jayhawks, bellissima. Lagniappe (una parola in dialetto della Louisiana, terra dove la Williams è nata, che lei stessa spiega nell’introduzione parlata) è una slow ballad notturna e malinconica. Little Bird si apre con una chitarrona che svisa in wah wah, suonata dalla stessa Williams, ed è una rock song anomala, tipicamente alla Williams, con un refrain in sottofondo dalla melodia medio orientale. La conclusiva A Little Bit Of Love è un’altra delle classiche ballate di Victoria, romantica, notturna, affascinante e con un finale di fiati a dir poco epico. ‘Crazy Mary’, con tutto il suo mondo di sogni, di poesia e di musiche coloratissime ha confezionato il suo disco di gran lunga più bello e maturo.
Voto: 8,5
Perché: è un disco dalle mille aperture sonore e dai delicatissimi intrecci musicali, dal jazz alla bossa nova, dal rock alla folk song. La sensibilità artistica della Williams la rende oggi l’unica autorevole erede di Joni Mitchell.
Paolo Vites
Track List:
Grandma’s Hat Pin
Gladys And Lucy
Water To Drink
Light The Lamp Freddie
Dude
Joy Of Love
Until The Real Thing Comes Along
Lagniappe
Junk
Little Bird
Young At Heart
A Little Bit Of Love
Prodotto da Victoria Williams e J.C. Hopkins
Principali musicisti:
Victoria Williams (voce, chitarra elettrica);
David Piltch (upright bass);
Dicky Simms (piano);
J.C. Hopkins (wurlitzer);
Greg Leisz: (chitarra elettrica, acustica e pedal steel);
Lee Thornberg (fiati);
Barrett Martin (batteria);
Don Heffington (batteria);
John Convertino (batteria);
Phil Parlapiano (mellotron);
Mark Olson (chitarra acustica e voce);
Petra Haden (violino e voce).
Altri dischi consigliati:
Loose (1994);
This Moment In Toronto (1995).