Dopo aver sfornato una quindicina di album, inequivocabilmente sintonizzati sulla frequenza della ballata rock, John Hiatt, con questo suo ultimo Crossing Muddy Waters, ritorna alle radici più pure del blues e della folk song. Una specie di scommessa fatta con il suo manager Ken Levitan e vinta sul tappeto di velluto con undici tracks magnetiche, completamente acustiche e di una bellezza scintillante. Vista la natura del disco, le varie canzoni non potevano essere registrate in uno studio nashvilliano, dovevano necessariamente far trasparire il gusto country del genuino, del fatto in casa e così, raccolta la solita crew, Hiatt fa tappa a Linton, Tennesee, nello studio personale di Justin Niebank, l’ingegnere del suono, e nel giro di neanche una settimana conclude il tutto. Hiatt, del resto, da buon compositore prolifico aveva già nel cassetto, pronte per l’uso, una quarantina di canzoni che gli hanno permesso una formulazione pressochè immediata della track list, senza ulteriore perdita di tempo L’impressione è addirittura che il metodo di lavoro di Hiatt consista proprio nella creazione iniziale di una struttura acustica, che solo successivamente subisce le dovute trasformazioni per diventare un pezzo rock e che in questo caso il lavoro gli si sia, dunque, inaspettatamente semplificato.
Chitarra e mandolino sostenuti dalla ritmica sapiente del basso suonato dal solito Davey Faragher sono gli elementi chiave di ogni pezzo. Le melodie sono dolci e quasi elementari nella loro formulazione, ma contengono in sé il potenziale esplosivo della tradizione che le rende intriganti e a loro modo potenti. La natura acustica delle canzoni, inoltre, mette in risalto in tutta la sua bellezza la voce di John Hiatt che appare potente e particolarmente ispirata nella sua intonazione un po’ nasale.
Il pezzo di apertura, Lincoln Town, sembra uscire direttamente dal repertorio di una jug band degli anni trenta; la chitarra di Hiatt, sostenuta brillantemente dal mandolino di David Immergluck, che arriva spesso a prendere il sopravvento, dà subito idea delle intenzioni del suo interprete, mentre la title track che segue è un country blues emozionale, proprio come God’s Golden Eyes e What Do We Do Now, per la verità già spostati verso quella ballata bluesy senza tempo né luogo che lascia una specie di nodo in gola. Il richiamo della tradizione è potente e fa soprattutto capo a quella zona del Piedmont dove la ballata di stampo folk si mescola con quella più blues e permette interscambi prolifici per entrambe le parti. Anche Only The Song Survives e Take It Down viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda e ricordano forse più le vecchie proposizioni bianche del Sud che quelle dei bluesmen più autentici. Lo spirito più nero si coglie invece in Mr Stanley che evoca, nello stile chitarristico, lo spirito di Sam Lightnin’ Hopkins e in Take It Back che viaggia con una slide sporca in sottofondo. Anche la voce viene qui adattata al contesto e acquista una sorta di tono lamentoso che ben si accompagna al lento incedere dell’arpeggio e alle note un po’ più tirate.
Finalmente John Hiatt dà sfoggio delle sue migliori qualità che, ancora una volta, emergono nel momento in cui ricerca creatività dentro di sé e nella propria storia di rocker verace piuttosto che nell’improbabile rincorsa delle novità che i tempi propongono. La sua musica che ha sempre risentito di una certa influenza blues non era, fino ad ora, mai esplosa con tanta intensità. L’espediente acustico e il feeling che si è venuto ad instaurare per la familiarità del luogo di registrazione hanno fatto miracoli.
Disco ispirato e ricco di evocazione come raramente ci capita di ascoltare.
Voto: 8
Perché: Procuratevi un cappello sdrucito e una vecchia sedia a dondolo, piazzatevi davanti al vostro stereo e nel giro di un paio canzoni vi immergerete nelle acque fangose del Sud. Da una parte il blues, dall’altra la ballata bianca che non di rado si intersecano.
Track List:
Lincoln Town
Crossing Muddy Waters
What Do We Do Now
Only The Song Survives
Lift Up Every Stone
Take It Down
Gone
Take It Back
Mr. Stanley
God’s Golden Eyes
Before I Go
Musicisti:
John Hiatt (chitarra, voce)
David Immergluck (chitarra e mandolino)
David Faragher (basso)
Altri dischi consigliati:
Bring The Family (1987)
Stolen Moments (1990)
Perfectly Good Guitar (1993)