18/06/2007

The Mando Kings

Tutti gli appassionati di rock associano il mandolino al riff di Losing My Religion dei R.E.M o al video di Glory Days di Springsteen. A dire il vero, quelle non sono state né le prime né le uniche volte in cui questo strumento a pizzico di tradizione italiana (ci sono esemplari costruiti addirittura da Stradivari e da altri maestri liutati di Cremona) è stato usato anche nel rock: basti pensare che i Rolling Stones, addirittura nel 1969, hanno chiamato niente meno che Ry Cooder per arricchire (con il mandolino appunto) la loro Love In Vain. Ma, a parte queste e altre rare eccezioni (vedi box), il mandolino è in genere strumento legato alla musica classica o a quella etnica, nelle sue forme più diverse. In America, esso è diventato un classico nelle mani di Bill Monroe, un musicista di Rosine, Kentucky che, con il fratello Charlie prima e con i Bluegrass Boys poi, ha dato origine nei primi anni 40 al bluegrass, un’evoluzione (più veloce e virtuosistica) della tradizionale “old time music” delle Appalachian Mountains. Da allora, Bill Monroe (uno dei padri dell’american music, non a caso premiato nel 1983 dal presidente Ronald Reagan con le massime onorificenze di Stato), ha portato il suo Gibson F-5 in giro per il mondo.

Il suo strumento è la versione più evoluta del mandolino americano, inventato da Orville Gibson alla fine del 1800 e perfezionato da Lloyd A. Loar nei primi anni 20. Rispetto al mandolino napoletano, quello americano non ha la caratteristica cassa armonica panciuta (fatta da più liste di legno piegate) né la tavola sagomata “a goccia” stretta. Esso ha la tavola scavata (come il violino) e il fondo piatto: in genere, lo strumento ha una forma ovoidale (modello A) oppure con il caratteristico “ricciolo” (modello F). In entrambi i casi, il manico è più largo del mandolino napoletano. Tutti i mandolini (ad eccezione di quello elettrico che solitamente ha corde singole) hanno quattro corde doppie, accordate per quinte, come il violino.

Suonato da Bill Monroe, il mandolino ha incorporato accenti bluesy, valorizzato il “chop” ritmico, sviluppato la capacità di rendere in modo entusiasmante le fiddletunes. Sino alla morte, avvenuta il 9 settembre 1996, Bill Monroe non è stato solo il “papa” del bluegrass: con lui il mandolino ha acquisito una popolarità e assunto una dignità artistica probabilmente irraggiungibili. Eppure sono parecchi quelli che hanno seguito le orme del vecchio Bill. A partire da David Grisman, forse oggi il mandolinista più famoso nel mondo. E anche il più influente. “Senza David”, confessa Mike Marshall, il suo migliore allievo, “il mondo della musica acustica sarebbe probabilmente molto più indietro. Non parliamo poi del mandolino. Non fosse stato per Grisman, forse, ne troveremmo solo pochi esemplari impolverati in qualche cantina”. Nato il 23 marzo 1945 a Hackensack, New Jersey, Grisman viene introdotto alla musica dal padre, un trombonista, e dalla madre, insegnante d’arte ma pianista per hobby. Affascinato dal folk revival dei primi anni 60, grazie al musicologo Ralph Rinzler, David si appassiona al mandolino. La sua vita cambia dopo l’incontro con Frank Wakefield. “E’ stato nel 1963”, ci racconta, “durante le vacanze pasquali. Ho fatto un vero e proprio pellegrinaggio a Washington per conoscere Wakefield. Lui mi ha insegnato tutto”. Fonda una band (i New York Ramblers) che suonano al Gerde’s Folk City negli stessi anni in cui Bob Dylan sta muovendo i primi passi. “Quindici anni più tardi”, ricorda David, “sono stato il tramite tra Dylan e Bill Monroe. L’incontro è avvenuto al Palomino’s di L.A. Il mio gruppo apriva per i Bluegrass Boys, sapevo che Dylan era in città e così l’ho chiamato. In camerino Bill e Bob hanno improvvisato I Saw The Light… uno spettacolo indimenticabile. Entrambi, per anni, mi sono stati grati per averli messi in contatto!”. Il resto è storia. Grisman, alla fine degli anni 60, si trasferisce nella Marin County, in California e forma alcuni dei gruppi più influenti della scena folk-bluegrass: dalla Muleskineer Band con Clarence White agli Old & In The Way con Peter Rowan e Jerry Garcia. Alla fine degli anni 70 la grande intuizione: mette insieme alcuni dei migliori strumentisti (dal violinista Darol Anger al chitarrista Tony Rice), sviluppa una miscela di bluegrass, jazz, classica e rock che verrà etichettata come “New Acoustic Music”. O più semplicemente (utilizzando il soprannome di Grisman) “Dawg Music”. Al vertice di questa nuova corrente musicale c’è il suo gruppo, il David Grisman Quintet che negli anni ospiterà i più straordinari talenti della scena acustica americana, da Mike Marshall a Mark O’ Connor, e Rob Wasserman. Dai primi anni 90, David ha aperto una sua etichetta discografica, la Acoustic Disc (www.acousticdisc.com) che ha ormai in catalogo un centinaio di titoli. Dalle collaborazioni di David con il vecchio amico Jerry Garcia sino a tanti episodi interessanti come i duetti tra Grisman, Doc Watson, Tony Rice o altre fantastiche leggende della musica acustica. Ma c’è spazio anche, come nella serie Tone Poems, per produzioni tese a valorizzare gli strumenti d’epoca. L’ultimo lavoro, uscito poche settimane fa, Tone Poems III, vede proprio il mandolino di Grisman sfidare gli strumenti resofonici (dobro, ecc.) suonati da due maghi come Bob Brozman e Mike Auldridge. “Anche il bluegrass conserva sempre un posto importante nel mio cuore”, ci ha confidato Grisman, “e così ho voluto mettere insieme in Bluegrass Mandolin Extravaganza tutti i più grandi mandolinisti di ieri e di oggi”. Tra questi c’è un altro kentuckiano D.O.C, Ricky Skaggs (nato il 18 luglio 1954 a Lawrence County) raffinato “stilista” che dopo i fasti di fine anni 80 quando era diventato una delle più scintillanti stelle di Nashville, negli ultimi tempi è ritornato al suo vecchio amore. E se con Bluegrass Rules del 1997 ha segnato un capitolo fantastico della sua carriera (il disco è davvero consigliatissimo) oggi ci propone con Big Mon (prodotto e pubblicato dalla sua stessa etichetta, la Skaggs Family che potete trovare al medesimo indirizzo web, www.skaggsfamilyrecords.com, che ospita il sito ufficiale di Ricky) una cavalcata entusiasmante nel repertorio di Bill Monroe insieme ad un cast stellare: tutti insieme della partita Mary Chapin Carpenter, le fantastiche Dixie Chicks, John Fogerty, Bruce Hornsby, Patty Loveless, Joan Osborne, Dolly Parton, Travis Tritt, Steve Wariner, The Whites e Dwight Yoakam.

Dalla scuola di Grisman proviene anche Mike Marshall, (www.rotagilla.com) originario della Florida ma ormai da quasi 25 anni residente nella zona della baia di San Francisco. Strumentista talentuoso e versatile (suona anche violino e chitarra) oltre ad essere compositore sofisticato, Marshall vanta un lunghissimo sodalizio artistico con il formidabile violinista Darol Anger. “Io e Darol abbiamo condiviso tante belle esperienze. Dal quintetto con Grisman (e il parallelo progetto con Stephane Grappelli) alla formula in duo sino alla memorabile operazione Montreux Band, una delle produzioni di punta della Windham Hill Records. Oggi, dopo che per qualche anno ci eravamo divisi perché Darol si era dedicato a tempo pieno al suo quartetto d’archi (Turtle Island String Quartet) ed io al mio ensemble di mandolini (Modern Mandolin Quartet), siamo di nuovo insieme”.

Già, Mike e Darol sono il cuore di Psychograss (una band di bluegrass progressivo insieme al chitarrista David Grier, al contrabbassista Todd Phillips e al banjoista Toni Trischka) e di New Grange, un curioso sestetto acustico che schiera oltre ai due discoli californiani il banjo di Alison Brown, la voce e il songwriting di Tim O’ Brien, il pianoforte new agey di Phil Aaberg e il basso di Todd Phillips. “Siamo sempre stati considerati” ammette Mike “troppo progressivi per gli amanti del suono tradizionale e troppo tradizionali per gli appassionati di cose nuove. Così abbiamo deciso di formare band differenti per pubblici mirati. Attualmente, comunque, il progetto che più ci sta a cuore è quello della DAMM Band, cioè la Darol Anger/Mike Marshall Band. Abbiamo finalmente trovato la sezione ritmica ideale (il bassista Derek Jones e il batterista Aaron Johnston), suoniamo insieme da tre anni e abbiamo 2 cd pubblicati. Il primo, che si chiama Jam come il tuo giornale, è della primavera del ‘99 mentre Brand New Can è appena uscito. Credo siamo maturati molto: il gruppo ha un’identità precisa e comincia ad essere apprezzato anche in ambito jazz. È la nostra nuova scommessa”.

Tra queste diverse avventure, Mike trova il tempo per sviluppare altri percorsi con il virtuoso del contrabbasso Edgar Meyer. “Con lui”, ci racconta, “ho un trio insieme a Bela Fleck ma ogni tanto suoniamo solo io e Edgar, contrabbasso e mandolino… un’accoppiata bizzarra”. Con Edgar Meyer e il fenomenale, giovanissimo violinista classico Joshua Bell (nell’album Short Trip Home, vedi JAM 54) Mike ha potuto coronare un sogno. “Già, stare tutte le sere sul palco con il mio idolo, Sam Bush”.

Sam Bush (www.sambush.com, ennesimo mandolinista del Kentucky, nato a Bowling Green il 13 aprile 1952) è il fondatore dei New Grass Revival, una delle band più influenti del panorama acustico degli anni 70/80. Scioltisi alla fine del 1989 (“era il concerto dell’ultimo dell’anno”, ci racconta Sam dalla sua casa di Nashville) i NGR vantano ancora oggi legioni di fan. “Garth Brooks e Lyle Lovett aprivano i nostri concerti negli anni ‘80. Vent’anni dopo ci hanno restituito il favore”. Garth ha infatti riunito i NGR per la sua cover di Callin’ Baton Rouge nel disco In Pieces mentre Lyle Lovett ha chiamato Sam a dirigere la sua band. “Ma il tempo trascorso come band leader di Emmylou Harris nei primi anni 90 è stato indimenticabile. Lei mi ha insegnato tantissimo… Se oggi sono un cantante migliore lo devo a John Cowan e a Emmylou. Con la Harris poi ho avuto la mia più grande soddisfazione professionale: un Grammy Award per il disco Live At The Ryman”.

“Sono onorato di sapere che anche grandi musicisti come Bruce Hornsby o giovani rockstar come Hootie & The Blowfish apprezzino la mia musica. Io sto cercando di sperimentare nuovi territori come dimostrato dal mio ultimo lavoro, Ice Caps – Peaks Of Telluride. Certo, ho un sogno: poter duettare un giorno con John McLaughlin o con Eric Clapton. Purtroppo il mio più grande idolo musicale, Bob Marley, non c’è più”. “Oggi giro con la mia band ma lavoro con Dolly Parton e il suo nuovo gruppo acustico. Poi mi piace fare jam con una band di giovani come i Leftover Salmon che sembrano in qualche modo gli eredi dei NGR”. Alcune jam band, infatti, curiosamente stanno riscoprendo questa generazione di musicisti che tra la fine degli anni 70 e la prima metà degli anni 80 sbalordivano il mondo per perizia tecnica e coraggio artistico. Così se i Phish collaborano con Bela Fleck, i Leftover Salmon si divertono con Sam Bush e Jerry Douglas, gli String Cheese Incident chiamano Mike Marshall e Darol Anger, i Jazz Mandolin Project se la cavano da soli. “Una volta noi eravamo i giovani talenti ambiti da tutti, oggi tocca a loro”, dicono in coro seppure dalle due coste opposte degli Usa Sam e Mike. Entrambi, nuovamente, concordano sul nome del loro erede. “Il fenomeno del mandolino si chiama Chris Thile. Non ha ancora vent’anni, ha già tre dischi solisti e uno (bellissimo, vedi JAM 62) con il suo gruppo Nickel Creek. Ha suonato con Hootie & The Blowfish e sta registrando con Toad The Wet Sprocket. Con lui il cerchio non si interrompe….”.

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