Sono passati vent’anni, ma ancora si sente l’eco dei cinque colpi di pistola con cui l’8 dicembre 1980 Mark David Chapman uccise John Lennon. Un’eco terribile, con la quale è tuttora difficile rassegnarsi a convivere, anche alla luce delle recenti parole di Chapman: “Lennon mi avrebbe perdonato”. Se l’assassino in cuor suo è convinto che avrebbe ricevuto il perdono della sua vittima, non altrettanto si può affermare per i fan. La morte di Lennon brucia ancora a vent’anni di distanza ed è difficile, se non impossibile, trovarle un senso. La storia del rock è costellata di lutti, ma, senza voler fare una macabra classifica, quella di Lennon forse si aggiudica la palma del più assurdo.
Il vuoto creatosi con la sua scomparsa è una voragine che si spalanca sempre di più. Il solo immaginare come avrebbe potuto svilupparsi la carriera di Lennon non fa che accrescere la rabbia per la sua morte. Dopo aver visto come si sono evolute quelle di musicisti della sua stessa generazione, che hanno dato ottimi frutti negli anni 80 e soprattutto 90, lo sconforto non può che aumentare. A tale proposito basta riflettere, per restare in casa Beatles, sull’eccezionale svolta che McCartney ha impresso alla propria musica dal 1987 a oggi.
L’immagine di John Lennon
La drammatica morte di Lennon non solo ha tolto di scena l’uomo, ma ne ha ribaltato l’immagine e la memoria. Come da tradizione, la morte di un personaggio pubblico coincide con una lunga serie di elogi e omaggi spesso acritici. Con l’ex Beatle però sono state toccate vette impensabili, fino ad arrivare alla santificazione della persona. In questo processo laico di beatificazione una parte rilevante l’hanno giocata canzoni come Imagine, Give Peace A Chance, All You Need Is Love, tra le più famose di John e tutte inneggianti alla pace.
L’8 dicembre 1980 non è morto solo Lennon, ma anche la sua immagine di uomo con le sue debolezze, meschinità, ambivalenze e indecisioni. Tutti i percorsi biografici post 1980 vengono suddivisi dalla critica e dai fan in due categorie: beatificazione e denigrazione. Alla biografia ufficiale di Ray Coleman John Wintson Lennon and John Ono Lennon (in italiano Un mito un uomo: John Lennon edita dalla Sperling & Kupfer) fanno da contraltare non solo The Lives Of John Lennon di Albert Goldman (in italiano John Lennon edita da Arnoldo Mondadori Editori), ma anche le recenti Lennon In America di Geoffrey Giuliano e Nowhere Man: The Final Days Of John Lennon di Robert Rosen. Opere che tralasciano quasi totalmente l’aspetto musicale per concentrarsi esclusivamente sull’uomo, sulle sue debolezze e incongruenze, ritraendo così una persona completamente diversa dall’immagine senza macchie che si tramanda da vent’anni. Probabilmente enfatizzano alcuni aspetti della vita di Lennon per creare volutamente scandalo, ma vengono lo stesso messe al bando in quanto lontane dall’iconografia ufficiale. Iconografia, si badi bene, non creata da Lennon o da Yoko Ono, ma dai mass media e dai fan, che troppo spesso non vogliono nemmeno considerare che il loro idolo fosse un eccezionale musicista e poeta, ma che avesse al contempo tremendi lati oscuri.
John Lennon era uno straordinario essere umano che metteva tutto se stesso nelle canzoni, trasformandole così in fedele specchio della sua anima. Per questo era (ed è) ammirato dai fan, che vedevano in lui un punto di riferimento, un esempio: è facile infatti riconoscersi in brani come Love, Nobody Loves You (When You’re Down And Out), Oh My Love, che delineano efficacemente momenti autentici della vita di coppia.
Per questo motivo l’unica via per cercare di avvicinarsi al musicista di Liverpool è quella di ascoltare con attenzione le sue canzoni, sempre foriere di rivelazioni sulla sua vita. In particolare quelle pubblicate dopo la morte permettono di scoprire un Lennon nuovo, inedito, e sono certamente più affidabili delle dichiarazioni di molti dubbi personaggi che lo hanno conosciuto. Si tratta di brani ancora lontani dalla fase di pubblicazione e di conseguenza esenti da qualsiasi forma di autocensura. Lennon cantava per se stesso testi ispirati dalla sua quotidianità, che probabilmente sarebbero stati profondamente variati se il destino gli avesse dato la possibilità di completarli. Emblematica al proposito la lunga genesi di (Just Like) Starting Over (inclusa in Double Fantasy), che ha subito parecchie evoluzioni del testo. Negli archivi di Lennon se ne rintracciano tre diverse versioni embrionali: My Life, Don’t Be Crazy, The Worst Is Over. È quindi molto probabile che gli inediti emersi dopo la morte avrebbero subito lo stesso processo prima di essere pubblicati. Anzi, in alcuni casi queste modifiche si sono rivelate addirittura essenziali, in quanto si tratta di canzoni solamente accennate.
A questi brani va tuttavia ascritto il merito di delineare una figura di Lennon inedita, lontana dalla beatificazione post mortem.
Dischi postumi
I brani in questione sono stati pubblicati in vari album pubblicati da Yoko dopo il 1980. A differenza di altre rockstar prematuramente scomparse, i cui archivi sono stati violentemente saccheggiati, i dischi postumi di Lennon sono tutti coerenti e lontani da intenti esclusivamente speculativi. I brani analizzati nelle prossimi righe sono stati pubblicati in Milk And Honey (composto dalle canzoni incise in contemporanea con quelle apparse in Double Fantasy), in Imagine: John Lennon, colonna sonora dell’omonimo film autobiografico, e soprattutto nella John Lennon Anthology, box di inediti pubblicato nel 1998. Interessante anche la versione di Real Love utilizzata dai Beatles come apertura del secondo volume dell’Anthology.
Altre fonte preziosa è stata la trasmissione radiofonica Lost Lennon Tapes (vedi box), che ha permesso di conoscere numerosi altri inediti di John.
La serie dei dischi postumi è completata da due collezioni (The John Lennon Collection e The Legend), un disco dal vivo (Live In New York City), un album di outtake (Menlove Avenue) e un box quadruplo (Lennon) che presenta quasi integralmente la sua produzione solista.
Divorzio da Yoko Ono?
I brani rimasti incompiuti non ritraggono un uomo dalle certezze granitiche, ma una persona animata da infiniti dubbi, indecisioni sulla vita privata e perplessità sul suo ruolo di rock star. In queste canzoni è ampiamente trattato anche il rapporto con Yoko Ono.
Uno dei più grandi misteri seguiti alla scomparsa di Lennon è legato al suo matrimonio, che per Fred Seaman (assistente dell’ex Beatle nei tardi anni 70) aveva ormai raggiunto il capolinea per precisa volontà della Ono. Dopo l’8 dicembre 1980 queste voci sono diventate inverificabili, e la stessa Yoko ha sempre impersonato abilmente il ruolo della vedova inconsolabile, non apparendo mai in pubblico con un nuovo compagno, nemmeno a vent’anni di distanza dalla scomparsa del marito. Il testo di Now And Then, del quale Lennon registrò un solo demo, potrebbe confermare l’ipotesi di un matrimonio ormai logoro: “Lo so che è vero / È tutto a causa tua / E anche se riuscirò a farcela / È tutto a causa tua (…) Io non voglio perderti / Né perderti, né costringerti / Ma se proprio dovessi andartene / Se dovessi andartene / Ogni tanto mi mancherai / E ogni tanto / Rivorrei tutto ciò che è stato / E so che così doveva essere”. Parole che avvalorerebbero le affermazioni di Seaman.
È altrettanto vero che un’altra canzone incompiuta di Lennon, Grow Old With Me (inclusa in Milk And Honey), descrive una situazione diametralmente opposta: “Invecchia con me / Il meglio deve ancora venire / Quando il nostro tempo sarà venuto / Noi saremo come una cosa sola / Dio benedica il nostro amore”. Una soluzione all’enigma potrebbe essere cercato nelle date di registrazione dei demo, purtroppo inverificabili con assoluta certezza, anche se Now And Then deve essere stata una delle ultime incisioni in assoluto di John.
Un’altra canzone incompiuta fa pendere la bilancia a favore di Grow Old With Me: in You Saved My Soul Lennon ricorda un suo tentativo di suicidio, bloccato da Yoko con il suo “vero amore”: “Solo il tuo amore sincero mi ha salvato da quel suicidio / Perché tra tutte le cose per cui vado pazzo / Non desidero altro che te”. Al pari di Now And Then, You Saved My Soul è stata una delle ultime canzoni abbozzate da John.
“Ho cucinato il pane ed ero felice”
“Sono stato solo con Sean, la mia chitarra pendeva sopra il letto, credo di non averla mai presa in mano durante questi cinque anni.”
Tutte le dichiarazioni rilasciate da Lennon al momento del suo ritorno alla musica dopo cinque anni di inattività erano impostate su questo tono. John descriveva una situazione familiare felice e rilassata. Alcuni brani però dimostrerebbero che aveva attraversato periodi di profonda frustrazione, depressione e tristezza. Uno dei più eloquenti e destabilizzanti è Mirror Mirror, abbozzato nel 1977 e mai completato: “Certe volte mi guardo allo specchio / E non c’è nessuno là dentro / Continuo a fissarlo (…) / E non c’è nessuno / E io continuo a fissarlo, a fissarlo / No, sono io?”.
Ben più inquietante è Help Me To Help Myself: “Ho cercato con tutte le mie forze / Di rimanere vivo / Ma l’angelo della distruzione / Continua a perseguitarmi (…) / Perché nel profondo lo so / Che non sono mai stato soddisfatto, no / Signore, aiutami / Ti prego Signore aiutami / Aiutami ad aiutare me stesso”.
I due brani tratteggiano una personalità in preda alla più profonda disperazione e autocommiserazione. Altri indizi di questo stato d’animo si rintracciano nella celebre Real Love, alla quale Lennon lavorò parecchio incidendone una decina di versioni. Le prime, datate 1977, confermano la cupezza e lo sconforto di Mirror Mirror: “Niente da fare in questo mondo / Non mi sento bene” non è che uno dei molti passaggi del brano. La versione pubblicata nella colonna sonora del film Imagine: John Lennon è ancora permeata da un profondo sconforto: “Tutti i bambini e le bambine / Che vivono in questo mondo assurdo / Tutto ciò di cui davvero avevano bisogno da te / Era forse solo un po’ d’amore / Ma perché dobbiamo restare soli? / È la vita reale, sì è la realtà”.
Successive evoluzioni del brano cambiano l’atmosfera e trasmettono un messaggio di speranza, ribaltando così il concetto delle precedenti versioni: “Non c’è nessun bisogno di restare soli / È amore vero / È vero (…) Anche se credo che in passato sono già stato innamorato / Nel mio cuore volevo qualcosa di più / Sembra che tutto ciò che ho fatto davvero / È stato aspettare te”.
Un altro pezzo in cui si trovano tracce di sconforto esistenziale è I’m Stepping Out (incluso in Milk And Honey): non un caso, visto che la strofa iniziale è stata estrapolata direttamente dalle prime prove di Real Love datate 1977. Nel testo Lennon dà assolutamente per scontato il motivo della depressione: “Mi sono svegliato stamattina con la malinconia che mi girava nella testa / Senza alcun bisogno di chiedermi perché / Sono andato in cucina, ho acceso una sigaretta / E ho soffiato al cielo le mie ansie”.
Probabilmente John era deluso e insofferente per la sua lontananza dalla scena rock, anche se in Watching The Wheels (da Double Fantasy) aveva risolutamente affermato il contrario. La stessa I’m Stepping Out vanta un incalzante prologo nel quale urla tutta la sua impazienza di tornare al centro dell’universo rock: “Questa è la storia di un casalingo il quale, lo sai bene, ora vorrebbe proprio uscire di casa, se ne è stato a prendersi cura di te, lo sai, e dei bambini per giorni e giorni, ha badato alla cucina e si è sbattuto in giro e tutto il resto, finché non è diventato pazzo!”.
Tutti questi brani, che delineano una situazione assolutamente lontana dall’agiografia ufficiale, non devono scandalizzare ma solo restituire a Lennon un volto umano.
Canzoni di ripicca
Un volto umano che in alcuni casi si trasfigura per assumere sembianze meschine. È il caso di quelle che si possono definire canzoni di ripicca, come Sexy Sadie (dal White Album dei Beatles) contro il Maharishi Mahesh Yogi, How Do You Sleep? (da Imagine) contro Paul McCartney, Steel And Glass (da Walls And Bridges) contro il manager Allen Klein. Un aspetto del suo carattere per nulla nobilitante ma assolutamente umano, che rende ancora più vicino a ognuno di noi Lennon, capace di grandi slanci come di perfide meschinità. Un’abitudine che non ha mai perso: tra il 1979 e l’80 erano due le canzoni di “ripicca” a cui Lennon stava lavorando. La prima, Serve Yourself, aveva come vittima Bob Dylan, la seconda, The Rishi Kesh Song, George Harrison. Tra le due colpisce in particolare Serve Yourself, della quale Lennon incise una ventina di demo cantati con evidente astio, con l’intento di rendere ancora più aspro il testo, violenta satira della conversione di Dylan al cristianesimo e della sua adesione alla setta dei fondamentalisti Vineyard Fellowship: “Ma c’è qualcosa che ti manca / In questo fervore per un Dio Onnipotente / È tua madre / Devi servire te stesso / Nessuno lo farà per te”.
Contro Harrison Lennon fu meno feroce, limitandosi a sbeffeggiare le canzoni filosofiche dell’ex compagno: “Tutto ciò che dovete fare / È dire una piccola parola / Lo so che sembra assurdo / Ma è vero / La magia sta nel Mantra / E noi vi daremo tutte le risposte / (…) / Tutto ciò di cui avete bisogno è qui / E tutto quello che non è qui / Non sta nemmeno da un’altra parte”.
La vita inizia a 40 anni
L’unica certezza legata agli ultimi anni di Lennon è la serenità raggiunta con l’età. John non era per nulla complessato dai 40 anni appena compiuti, non rimpiangeva niente della giovinezza e soprattutto non si atteggiava a rock star che non vuole invecchiare e rimane ancorata a vecchi cliché. Questo aspetto emerge sia nelle canzoni di Double Fantasy sia nelle interviste promozionali rilasciate nell’autunno dell’80, oltre a essere confermato da molti brani rimasti inediti. Tra questi il principale è Life Begins At 40, scritta per il coetaneo Ringo Starr: “Dicono che la vita comincia a 40 anni / Che l’età è solo uno stato mentale / Se tutto ciò è vero / Mi sa che sono stato morto per 39 anni / E se la vita comincia a 40 anni / Beh, spero non sia la stessa / È stata già fin troppo dura”. Dopo la morte di Lennon, Ringo decise di non utilizzare il brano, che è stato infine pubblicato sulla John Lennon Anthology.
Altrettanto emblematica è Borrowed Time, serena presa di coscienza circa la raggiunta maturità. John non rimpiange nulla dell’irruenza giovanile, ma esprime tutta la sua gioia per i 40 anni (“Il futuro mi appare più chiaro e adesso è l’ora”), un’età che gli permette di concentrarsi esclusivamente sugli aspetti fondamentali della vita (“Con meno complicazioni tutto è più chiaro”) a discapito delle futilità legate alla giovinezza.
Queste canzoni confermano la ritrovata vitalità e il grande entusiasmo che animava Lennon. Come più volte affermato nelle interviste, John aveva trovato dannatamente noiosi gli anni 70 e ora spronava se stesso e i suoi ammiratori a migliorare gli anni 80. Quanto fosse profondamente deluso dalla decade appena conclusa lo si può cogliere leggendo con attenzione le parole di Nobody Told Me, in assoluto una dei migliori brani dell’ex Beatle (pubblicato in Milk And Honey). Nobody Told Me è la canzone della disillusione e del disinganno: Lennon urla che tutti gli ideali e le rivendicazioni per cui ci si era battuti negli anni 60 sono ormai raggiunti, ma sotto questa apparenza non è rimasto nulla dello spirito vitale che animava le persone. Ormai il consumismo e il culto dell’apparenza si sono risucchiati ogni goccia d’umanità: “Tutti fanno l’amore ma a nessuno interessa veramente (…) / Sta sempre accadendo qualcosa ma non succede mai niente / (…) Nessuno mi aveva detto che ci sarebbero stati giorni così / Giorni davvero strani, giorni davvero strani (…) / Tutti fumano ma nessuno va su di giri / Tutti volano senza mai toccare il cielo”.
Un testo profetico: non solo a vent’anni di distanza è di sempre maggiore attualità, ma dimostra anche come Lennon non avesse perso la capacità di leggere la realtà. Così come nel 1967, all’apice della Summer Of Love, aveva scritto l’inno dei Beatles All You Need Is Love, e come due anni dopo aveva sintetizzato tutte le contestazioni contro la guerra del Vietnam in Give Peace A Chance, ora capiva come tutte queste istanze fossero affogate nel consumismo.
Nobody Told Me rivela inoltre quanto confidasse nelle proprie doti artistiche del momento, tanto da privarsi di un brano eccezionale, per regalarlo, insieme a Life Begins At 40 e ad altri due brani tuttora sconosciuti, al grande amico Ringo Starr.
John non era comunque deluso solo dalla realtà che lo circondava, ma lo era anche da se stesso e in particolare dal proprio ruolo di rock star di prima grandezza. Il brano I Don’t Wanna Face It (incluso in Milk And Honey) lo coglie profondamente indeciso sulla svolta da imprimere non solo alla sua vita privata (“Stai cercando il mondo della verità / E tenti di scoprire una strada migliore / Ma è venuto il momento di guardare te stesso / Tu che guardi sempre da un’altra parte) ma anche a quella pubblica (“Dici che stai cercando un posto dove andare / Dove nessuno conosce il tuo nome / Sei alla ricerca dell’oblio / Ma tieni d’occhio la Hall Of Fame”). Il verso del brano che più colpisce è comunque “Dici che stai cercando un po’ di pace e di amore / Leader di un vecchio grande gruppo / Vuoi salvare l’umanità / Ma è proprio la gente che non puoi soffrire”.
Una profonda e schietta autocritica della quale poche altre rock star sono state capaci.
Malinconia per il passato
Per quanto John si proclamasse assolutamente soddisfatto del presente, da alcuni demo completati nel 1980 emerge una persona in cui prevale la malinconia del passato. Uno dei progetti per il 1981 era un tour mondiale che avrebbe toccato l’Inghilterra, tanto che John aveva già allertato anche la zia Mimi (che lo aveva cresciuto) per il suo imminente ritorno. Tra i progetti per i concerti – come ha rivelato il produttore di Double Fantasy Jack Douglas – c’era anche quello di tornare a interpretare alcuni brani dei Beatles, per i quali avrebbe preparato dei nuovi arrangiamenti. Infine Lennon, in un documento legale contro i produttori del musical Beatlemania depositato il 28 novembre 1980, aveva affermato: “Io e gli altri tre Beatles abbiamo in programma un concerto che sarà filmato per essere incluso come finale di The Long And Winding Road, un documentario prodotto dai Beatles che sarà realizzato a metà degli anni 80”. Il progetto verrà realizzato solo nel 1995 con il titolo di Anthology.
Tutti questi aspetti gli avevano probabilmente ricordato gli anni passati, inducendolo così a comporre alcuni brani “a tema”. Il più esplicito è Memories, sul quale aveva lavorato molto: “Ricordi antichi ricordi / Cosa mi fate / Il presente è tutto ciò che mi serve conoscere / Perché mi dovete tenere legato / Quando pensavo di avervi abbandonato? / Ricordi, vecchi ricordi / Liberatemi dal vostro incantesimo”. Lennon sembra volersi liberare del passato, ma deve prendere atto che la memoria degli anni precedenti, per quanto cacciata dalla porta continua a rientrare dalla finestra.
Una conferma arriva anche da India, scritta unendo le melodie di Serve Yourself e Memories, un brano che rimanda all’importanza che le filosofie indiane avevano rappresentato per i Beatles, oltre a ricordare il testo di Child Of Nature, poi trasformato nelle celebre Jealous Guy. Siamo al cospetto di un Lennon riflessivo e malinconico, che in un passaggio non solo fa riferimento all’Inghilterra, ma probabilmente anche alla sua prima moglie Cynthia Powell: “India ascolta la mia dichiarazione / Starei seduto qui ai tuoi piedi tutti i giorni che mi restano / Ad aspettare accanto al fiume / Ma da qualche parte nella mia mente / Sento che il mio cuore è rimasto in Inghilterra / Dalla ragazza che ho lasciato là / Devo seguire il mio cuore / E il mio cuore sta per tornare a casa”.
La voglia di ritorno a casa può essere confermata da brano Gone From This Place, del quale Lennon abbozzò solo poche parole, mentre cercava di rifinire la melodia: “Bene, non mi sentirò soddisfatto / Finché non me ne sarò andato via da questo posto”.
Lennon sperimentatore?
Una delle più grandi mistificazioni della realtà riguarda il ruolo di Lennon come ideatore di nuove sperimentazioni: tutta la mitologia beatlesiana lo descrive come instancabile alchimista musicale, ruolo che nel 1980 John aveva abbandonato da tempo. L’ultima canzone nella quale ha cercato arrangiamenti innovativi è stata What’s The New Mary Jane incisa nel 1968 durante le session del White Album, disco nel quale non ha poi trovato spazio (è stata inclusa nel terzo volume di The Beatles Anthology nel 1996). Lennon aveva anche preparato, il 26 novembre 1969, dei missaggi del brano per pubblicare un 45 giri, a nome della Plastic Ono Band, che avrebbe avuto come lato B You Know My Name, altro bizzarro brano, completato per l’occasione. Il singolo fu annunciato, poi dichiarato ‘in sospeso’ e infine non vide mai luce. You Know My Name venne comunque pubblicata come lato B del 45 giri dei Beatles Let It Be.
Altro grande equivoco riguarda i tre dischi pubblicati tra il 1968 e il ‘69 da Lennon in coppia con Yoko Ono (Two Virgins, Life With Lions, The Wedding Album). Troppe volte sono stati frettolosamente definiti di avanguardia e sperimentali, un eufemismo per edulcorare la cruda verità: sono inascoltabili e assolutamente irrilevanti.
Eppure nell’immaginario collettivo ormai Lennon è il grande sperimentatore: una verità valida per il periodo 1965/68 (Rain, Tomorrow Never Knows, Strawberry Fields Forever, I Am The Walrus), terminato il quale John ha solo cercato di avvicinarsi il più possibile allo spirito del rock’n’roll che tanto ammirava. Questa fu una causa di scontro con Paul McCartney per l’album Abbey Road: John voleva incidere un album vecchio stile, mentre Macca era proiettato verso sonorità più sinfoniche che hanno trovato spazio nello strepitoso medley della seconda facciata del disco. Tutta la carriera solista conferma la fedeltà al rock tradizionale, fino all’ultimo disco pubblicato da Lennon (Double Fantasy). Una tendenza che aveva toccato l’apice nel 1975 con l’album Rock’n’Roll, composto da sole cover rock anni 50.
Negli anni 70 è stato molto più sperimentatore McCartney, che ha cercato nuove sonorità in brani come 1985 in Band On The Run, con pezzi misconosciuti come Zoo Gang e Lunch Box/Odd Sox o con gli album Back To The Egg e, in particolare, McCartney II. Una realtà che si scopre ascoltando con attenzione i dischi, senza lasciarsi trasportare dall’emozione legata alla drammatica scomparsa di Lennon.
Ciò non toglie che John Lennon sia stato uno dei più grandi autori rock, prima con i Beatles poi da solo. Un ruolo dal quale non ha ancora abdicato, come dimostrano le continue attenzioni riservate alle sue canzoni. Brani come All You Need Is Love, Give Peace A Chance, Imagine, Happy Xmas (War Is Over) sono ormai entrati a far parte dell’immaginario collettivo. Si tratta solo della punta dell’iceberg di una produzione di assoluto rilievo. Nonostante alcune cadute di tono, la discografia di Lennon è interessante e non risente del passare degli anni. Le tematiche affrontate affondano le radici nei sentimenti umani più basilari, difficili rapporti con i genitori, l’amore e la vita di coppia calati in una dimensione reale fatta anche di incomprensioni e rotture, la speranza per un futuro migliore e la precisa volontà di realizzarlo, le disillusioni e la paura di non essere in grado di affrontare le incombenze della vita.
A vent’anni dalla tragica scomparsa rimane solo l’atroce sospetto, come afferma lo stesso John in Grow Old With Me, che il “meglio deve ancora venire”.