Aveva ragione Arbore. La musica in televisione, come tutte le cose della televisione, va a periodi. Nel senso che ci sono anni in cui i dirigenti televisivi ti raccontano la solita minchiata che “la musica in tv non fa ascolto” (affermazione che dati alla mano diventa ahimè spesso inconfutabile) salvo poi l’anno successivo contraddirsi e mandare in onda due, tre, quattro programmi musicali alla volta.
Dopo il periodo di carestia della prima metà degli anni 90, la televisione italiana negli ultimi tempi sembra aver riscoperto il filone musica. Infatti, oltre alla consolidata presenza di Mtv, alla retromarcia di TMC2 che, fallito il tentativo di trasformare la vecchia e gloriosa Video-music in rete generalista, sembra nuovamente indirizzarsi verso tematiche musicali, e senza parlare delle reti satellitari (che forse sono quelle che mandano in onda le cose più carine) bisogna prendere atto che le televisioni ‘importanti’ (Rai e Mediaset) si sono date seriamente da fare.
A Mediaset, a fianco di programmi di classifiche come Super, a pastrocchioni estivi (Festivalbar) e a pseudo-magazine giovanilisti più o meno inutili (Tribe, Rapido, ecc), hanno avuto il pregio di sostenere una trasmissione pur criticabilissima come Night Express (nel 2001 dovrebbe tornare sugli schermi per la sua 5a edizione) che però ha obiettivamente ridato dignità alla musica dal vivo e in alcuni casi ha saputo pure presentare ospiti di livello assoluto (dai R.E.M. a Jackson Browne).
Alla Rai, invece, hanno deluso su tutta la linea.
Lasciando da parte (per pietà) la novità della stagione, cioè l’edizione italiana di Top Of The Pops (programma storico della BBC) che pur riuscendo ad accalappiare ospiti più famosi si è rivelata essere un triste doppione di Super, e stendendo un velo pietoso sulla nuova edizione di Taratatà (che sembra sempre più uno spazio dedicato agli amici di Vincenzo ‘Mollicone’ Mollica) c’era curiosità intorno a Perepepé, programma che voleva proprio essere l’alternativa al format francese. Ideata da Gene Gnocchi, che nel privato è un grande e sincero appassionato di rock, e prodotta dalla Trident (la stessa società che realizza Super e Night Express, che rappresenta diversi artisti italiani e che con la Barley organizza il Monza Rock Festival), la trasmissione già dal titolo faceva trapelare la sua avversione al mondo patinato dei Taratatà.
E sin qui niente di male.
Un po’ meno condivisibili le tesi di Gene esposte nel corso di una lunga intervista, raccolta dal settimanale Mucchio Selvaggio, alla vigilia della messa in onda di Perepepé. A fianco di vere e proprie dichiarazioni di intenti quali “Sarà la prima vera trasmissione di rock in tv” oppure “L’ossatura è comica ma la musica avrà un ruolo fondamentale” e ancora “Non sarò un super-esperto ma voglio comunque avere il coraggio di massacrare un disco che mi piace ed esaltare un altro che adoro”, Gnocchi ha dispensato giudizi pesanti, e a volte veri e propri insulti ad artisti italiani e stranieri di successo anticipando con questo una tendenza presente nel programma.
Ma con una sottile differenza. Se nel corso dell’intervista Gene si espone in prima persona, sostenendo ad esempio che De Gregori e Fossati “hanno la pretesa di essere Maestrini del Pensiero e ti contano la rava e la fava, ecco, lì mi rompo il cazzo”, che Ligabue, Pelù e Jovanotti “sono il peggio della musica italiana” o che ancora Gabriele Salvatores “è un tipo veramente spocchioso e insopportabile”, durante il programma lo stesso Gene si mette una parrucca in testa, cambia identità (diventando Mitch Pellecani, macchietta del rocker provinciale) e con la scusa della satira scaglia bordate contro chiunque a lui non piaccia, da Mark Knopfler a Paul Simon, da Peter Gabriel ai Radiohead, passando per le Carmen Consoli o i Max Gazzè di turno.
Perepepé diventa così quasi completamente indifendibile. Perché infatti, se proprio si voleva fare un programma-contro, non invitare le tanto detestate star per una presa per il culo o per un semplice confronto pubblico? (Come faceva Arbore negli anni 70 con Per Voi Giovani). Oppure in stile Le Iene o Striscia la Notizia perché non effettuare incursioni nel corso delle conferenze-stampa sfidando pure la discografia ufficiale?
È vero, “l’ossatura del programma è comica”, peccato che a parte la divertente gag, stile tormentone, del sindaco di Creta, non si ride mai (e per un programma comico la cosa non mi sembra proprio marginale). Come commentare poi la dichiarazione di Gene in cui sostiene che la musica è davvero la parte più importante di Perepepé? Dal vivo, gli ospiti musicali (scelti accuratamente tra i beautiful losers che Gene adora) si esibiscono solamente in un paio di brani, prima dei quali devono cuccarsi le domande assurde di Pellecani, che pure si agita durante l’esecuzione dei brani medesimi creando involontariamente un clima ambiguo (cosa avrà pensato il pubblico vedendo il gigantesco Jackie Leven, cantare in calzoncini corti e pedalino? Che fosse anche quella una presa per il culo?). La musica, “ossatura del programma”, viene utilizzata per classifiche personalissime, in cui non si spiega nulla, per battutine senza mordente o per rubrichette copiate male dagli show americani tipo Dave Letterman.
Insomma, come ha scritto Aldo Grasso se Perepepé voleva essere un programma comico, non fa ridere. Se voleva fare informazione musicale, è troppo settario e parziale.
Io mi chiedo: la televisione italiana aveva bisogno di Perepepé? Gli appassionati di rock avevano bisogno che Gene Gnocchi spiegasse che la musica di Elliot Murphy è meglio di quella di Nek?
E poi, fare un programma rock (“La prima vera trasmissione rock in tv”) significa insultare in modo più o meno ironico artisti che non piacciono agli autori? Significa invitare personaggi improbabili (la mamma dei fratelli Gallagher…) per un umorismo surreale stile Guida al Campionato? Significa fare una parodia del peggior Red Ronnie? Il quale, magari non sarà rock, però intanto ospiti come Elliot Murphy, Ani DiFranco, Pere Ubu o gli altri che piacciono tanto anche a Gene Gnocchi continua ad invitarli nei suoi programmi e (di solito) non li sfuma sui titoli di coda.
Perché, parliamoci chiaro (e non ho intenzione di autocitarmi) non è mica la prima (e non sarà neanche l’ultima volta) che il rock appare sugli schermi della televisione italiane nelle sue forme più diverse e con i suoi personaggio anche più scomodi. Qualcuno ricorda DOC? Oppure Segnali di Fumo? Oppure ancora Il Muro?
Tutti programmi televisivi che hanno saputo fare informazione e cultura sulla musica rock senza bisogno di parrucche, insulti e battutine più o meno riuscite.
Peace.