Non è nuova a questo tipo di operazioni. Accantonata per un momento la musica pop (“ma conto di tornarci presto, sempre che questa ondata di musica radiofonica e commerciale smetta di travolgere tutto e tutti annientando le capacità percettive del pubblico”, ci dice con un pizzico di amarezza), Rossana Casale ha da qualche tempo riscoperto le sue radici artistiche più profonde: il jazz, la canzone d’autore, la musica etnica. E così, con grande determinazione ma pure con un certo gusto estetico e una brillante creatività progettuale, ha pubblicato due lavori delicati e piacevolissimi (Jazz In Me del 1994 e Brel In Me del 1999) che le sono valsi le lodi della critica. Oggi, quasi a chiudere una forse involontaria trilogia, presenta Strani frutti, probabilmente il più ambizioso dei tre dischi, certamente il più interessante e completo. Gli ‘strani frutti’ in questione sono nove grandi personaggi al femminile della musica e dell’arte del Novecento: nove donne straordinarie che hanno lasciato una traccia indelebile nella storia, ma le cui personalità inquiete, le cui vite problematiche, le cui anime tormentate hanno finito per travolgerle umanamente. La Casale, grazie alla sua passione e a uno studio approfondito, ne ha ricostruito i tratti essenziali, unito i diversi caratteri filtrando il tutto attraverso la sua sensibilità. Va detto subito che il disco trasuda rispetto e amore in ogni singola traccia e che mai Rossana si pone in un atteggiamento competitivo nei confronti delle nove ‘regine’. “Sarei stata presuntuosa”, dice, “se mi fossi voluta misurare con questi talenti assoluti. E poi io sono di un’epoca diversa dalla loro, appartengo ad un’altra cultura, non ho mai avuto la loro attitudine al divismo: in comune ho solo la loro stessa grande passione per la musica e forse come loro ho dovuto convivere con paure, tensioni, insicurezze.” Il senso di quello che vuol dire lo si capisce benissimo ascoltando, ad esempio, Summertime: ispirandosi alla famosa versione live di Janis Joplin (con Big Brother & The Holding Co., dall’album Cheap Thrills del 1968) Rossana canta a modo suo, in una tonalità altissima e con quel timbro cristallino che da sempre caratterizza quella sua vocalità profondamente diversa dall’ugola roca e bluesy di Janis e da quella sua impareggiabile sofferenza interpretativa. Eppure, sia l’arrangiamento strumentale acustico e raffinatissimo (con Luigi Bonafede al piano e il prezioso intervento degli archi del Solis String Quartet) sia il canto di Rossana, rendono il tutto piacevole e originale accontentando in tal modo anche il fan più scatenato della Joplin. “L’idea di questo album”, ci racconta la Casale, “è venuta nel momento in cui il regista Saverio Marconi mi ha chiamata per interpretare il ruolo di Zucchero (reso leggendario da Marilyn Monroe, nda) nel musical A qualcuno piace caldo con Alessandro Gassman e Gianmarco Tognazzi. Per entrare nel personaggio sono partita dalla voce, da quel timbro alto e squillante che, forse, era l’unica cosa che io e la Monroe avevamo in comune oltre alla passione per il jazz. Successivamente, calandomi nel ruolo di Marilyn, studiandone il carattere e cercando di avvicinarmi a un personaggio da me così distante, ho capito tante cose. Più approfondivo la sua conoscenza, più mi innamoravo della sua persona, della sua vita, persino dei suoi lati più bui e misteriosi: nelle sue angosce, nelle sue insicurezze, forse, cominciavo a trovare aspetti che io conoscevo bene. Studiando Marilyn, ho iniziato a riscontrare caratteri e somiglianze che mi ricordavano altre artiste che amavo profondamente come Billie Holiday, Elis Regina o Mia Martini, di cui sono stata corista per tanti anni. E così la mia ricerca si è allargata ai nove personaggi del disco che, come scrivo nelle note di copertina, ho voluto riunire in un’anima sola quasi a cancellare il loro involucro esterno, la loro immagine pubblica, per valorizzare al contrario quel loro straordinario senso di libertà espressiva interiore.” E proprio in un brano reso celebre da Marilyn Monroe (My Heart Belongs To Daddy dal film Let’s Make Love), la Casale si esibisce in una delle performance meglio riuscite del disco: l’arrangiamento elegante, indovinatissimo (una milonga con spruzzatine jazz) si sposa magnificamente con la indimenticabile melodia interpretata con grande classe da Rossana che dimostra di aver interiorizzato in modo esemplare l’essenza di Marilyn. Lo stesso discorso vale per la track numero due, una versione davvero commovente di Volesse il cielo di Mia Martini. “Ho lavorato tanti anni con Mimì e ho avuto modo di apprezzarne le doti artistiche. Dal punto di vista umano ho un solo rammarico: con lei non ho avuto modo di chiarire alcuni malintesi. Spesso Mimì si fidava di persone che non facevano il suo bene e che magari le sussurravano cose che non erano vere. Non sapeva distinguere gli amici dai nemici. Ho saputo che parlava male di me, pensava che la odiassi. Mi sarebbe piaciuto parlarle per dimostrarle che si stava sbagliando: i due brani del suo repertorio che interpreto nel disco sono il mio omaggio alla sua arte e alla sua persona. È stato per me il modo di riavvicinarmi a Mimì non essendo riuscita a farlo quando lei era ancora in vita.” Nonostante la lunga storia d’amore di Rossana con il jazz, il brano Strange Fruit (il tormentato classico della tormentata Billie Holiday che ha pure ispirato il titolo del lavoro) è stato il pezzo che ha creato alla Casale le maggiori difficoltà. “Ho interpretato in passato tante canzoni della Holiday ma non avevo mai provato a eseguire Strange Fruit, il suo brano più importante e rappresentativo. Intanto sono andata a ricercarmi la prima versione del brano. Poi, mi sono documentata moltissimo leggendo libri e articoli specifici. Ma nonostante tutto, è stato per me difficile entrare nello spirito di un pezzo che è quasi impossibile ripetere; forse, anzi quasi certamente, per il suo formidabile significato storico e sociale. Quando riascolto la mia versione, nutro diverse per-plessità…” “Anche il brano di Edith Piaf”, continua Rossana, “mi è risultato assai ostico. Lei è stata un’artista assolutamente unica e inimitabile capace letteralmente di incorporare la cultura musicale francese degli anni 30. Prima di pescare Il fisarmonicista ho ascoltato ore e ore di musica di Edith Piaf. Non ho avuto molta scelta: il repertorio della Piaf ruota tutto intorno alle sue impareggiabili doti interpretative, fortissime e praticamente inavvicinabili da una con le mie caratteristiche. Per fortuna, con Il fisarmonicista ho trovato un brano che era anche una storia interessante da raccontare.” “Infatti”, prosegue Rossana, “i testi sono molto importanti in questo lavoro. Ogni canzone non rappresenta solo il personaggio che l’ha resa popolare, ma contribuisce a fornire un pezzetto di questa anima unica che alla fine racchiude le nove ‘regine’ e che è stato l’obiettivo del mio lavoro; un’anima che rinasce dal dolore e dalla sofferenza che ha contraddistinto le vite di queste grandissime artiste.” Interessante notare anche l’abilità di Rossana nell’interpretare i brani negli idiomi originali: con naturalezza passa dall’italiano all’inglese (sua seconda lingua), dal francese al portoghese, che la Casale davvero affronta con naturalezza quando è alle prese con i classici di Elis Regina. In particolare, un vero pezzo di bravura è il lungo medley che prevede Fascinacao / Inbetween / Au boi de pont de Saint-Amand / Over The Rainbow dove Rossana si alterna tra le canzoni di Elis e quelle di Judy Garland. Anche se è Barbara il personaggio che Rossana ha in qualche modo apprezzato maggiormente dopo questo lavoro: “In qualche modo mi sono riconosciuta in lei. Ha iniziato con Brel e Brassens e poi ha scritto canzoni sue: essendo diplomata in composizione al Conservatorio, aveva infatti una profonda conoscenza della musica. Anche per questo la stimo moltissimo”. Tornando al disco, che si chiude con Notturno (dal repertorio di Mia Martini), è giusto sottolineare anche una deliziosa versione della Danza di Zorba di Dalida e, soprattutto, non vanno dimenticati gli ottimi musicisti che hanno affiancato Rossana Casale: ai già citati Solis String Quartet e al pianista Luigi Bonafede vanno aggiunti Aldo Mella (contrabbasso), Carlo Atti (sax tenore), Enzo Zirilli (batteria) e Alex Rolle (percussioni). Inevitabile la considerazione finale: in un progetto dedicato alle donne e alla femminilità, chi sono le artiste che Rossana considera gli “strani frutti” della musica contemporanea? “La prima che mi viene in mente è Tori Amos che ammiro molto e con cui ho avuto la fortuna di fare un duetto in televisione, al Roxy Bar: è intensa, forte e scrive cose bellissime. In lei intravedo un’anima speciale. Ho amato moltissimo Rickie Lee Jones e noto con piacere che anche lei cerca costantemente di rinnovarsi e di trovare idee diverse e originali. Tra le ultime realtà, mi piace molto Erykah Badu: ha una personalità fortissima. Infine tra le italiane trovo che Carmen Consoli sia effettivamente la migliore tra le cantautrici, mentre Fiorella Mannoia rimane impareggiabile dal punto di vista interpretativo.”
07/06/2007
Strani frutti
Rossana Casale