La recente pubblicazione dell’album Automatic (vedi JAM 68) del figlio Dweezil, è stata per noi l’occasione per approfondire l’eredità artistica di Frank attraverso i membri della sua famiglia. E così abbiamo raggiunto Dweezil Zappa nella sua casa californiana e insieme a lui abbiamo chiacchierato a lungo di musica, di cinema, di cucina e, ovviamente, di FZ.
Con l’aiuto dei responsabili del centro studi zappiano Debra Kadabra abbiamo infine cercato di capire quali novità bollono nel sempre imprevedibile calderone di casa Zappa.
Compirà 32 anni il prossimo 5 settembre. Eppure ha già fatto cose che le persone normali, se mai gli riesce, impiegano tre o quattro vite a realizzare. Il ragazzo, infatti, ricopre con disinvoltura diversi ruoli artistici: attore di cinema e teatro, compositore e musicista rock, chitarrista stimato, autore di colonne sonore, presentatore televisivo. Se a tutto questo aggiungiamo che è figlio d’arte, che ha una faccia da divo hollywoodiano, che è simpatico bravo e disponibile… beh, allora converrete anche voi che il ritratto di Dweezil Zappa sembra assomigliare a un misto tra Mel Gibson e il Principe Azzurro.
Ma, care lettrici, state calme e mettetevi in fila: per adesso, la brava Lisa Loeb, è in pole position. Coraggio, non perdetevi d’animo: se infatti il cuore di Dweezil è, al momento, alquanto occupato la sua mente è invece molto libera. Lo dimostrano il suo dinamismo produttivo, il suo inarrestabile entusiasmo, il suo approccio eclettico alla vita professionale e personale. Il suo motto infatti è “qualsiasi cosa, in qualsiasi momento per qualsivoglia motivo” che suona decisamente come una dichiarazione di libertà artistica assoluta.
Anche se, a volte, un po’ di disciplina può forse aiutare la creatività…
“In realtà”, ci tiene a sottolineare, “penso di avere una certa disciplina sul lavoro. Anche perché, in caso contrario, non potrei proprio realizzare i numerosi progetti che perseguo.
“Persino per imparare a suonare bene uno strumento la disciplina è un fattore necessario. Però, accade che ci si imbatta in situazioni in cui è richiesta solamente la disciplina. Ecco, è in quei momenti che si fa ricorso a quella libertà espressiva che può darti l’opportunità di avere una marcia in più. Il che non vuol dire che ci si è dimenticati della disciplina ma semplicemente che l’indipendenza creativa prevale su tutto il resto.
“Mi rendo conto”, continua, “che la gente rimane spesso confusa da questa mia attività così eterogenea. Eppure io non ho mai avuto problemi anche perché mi è sempre piaciuto fare cose diverse. Lo trovo piuttosto interessante e soprattutto assai divertente e quindi non capisco per quale motivo dovrei rinunciarvi. Non certo perché la gente, o i critici, a seguito di tutto ciò rischino di non capirci più nulla…
“Ho sempre amato l’eclettismo anche nella musica. Guarda i Beatles: hanno cambiato così tante volte (e sempre benissimo) nel corso della loro carriera! L’avesse fatto un’altra band i critici magari avrebbero detto ‘No, non va bene. Questo gruppo non ha una chiara direzione artistica’. O altre stronzate del genere. Io ho un’opinione diametralmente op-posta: mi attendo sempre da qualsiasi artista un mutamento, un cambio di direzione. Odio la ripetitività.”
Forse è anche per questo che, quasi dieci anni dopo il suo ultimo lavoro solista (Confessions, 1991) ha deciso di pubblicare l’eccellente Automatic.
“Come forse sai”, continua, “negli ultimi anni avevo in piedi un progetto musicale (la band chiamata Z, nda) insieme a mio fratello Ahmet. Contemporaneamente, sia con lui che da solo, lavoravo ad alcuni programmi televisivi, partecipavo a film, scrivevo colonne sonore: avevo, insomma, una vita piuttosto movimentata. Inoltre, il mondo della musica negli anni 90 sembrava essere poco ricettivo verso dischi di rock strumentale e, in particolare, verso quella ‘guitar music’ che a me piace suonare.
“Poi, lo scorso anno, sono stato chiamato da una produzione cinematografica che mi ha chiesto di lavorare al pezzo Mr. Grinch, il vecchio classico del Dr. Seuss. Avrebbe dovuto essere il tema centrale della colonna sonora del film. Poi, si sono verificate incomprensioni. Io volevo comunque usare la mia versione di quel brano. Così, partendo da lì, ho ripreso vecchi motivi lasciati nel cassetto, li ho riadattati e in poco tempo, mettendo insieme anche pezzi nuovi, ho realizzato l’album. Ecco perché questo mio ultimo disco contiene materiale diverso e ha questo carattere, per così dire, poco omogeneo.”.
A monte di tutto c’è però il divertimento, una costante della carriera di Dweezil e un aspetto caratteriale che, una volta di più, lo avvicina a suo padre. Del quale, e sembra sincero quando lo sostiene, non ha mai subito il peso del nome, la grave responsabilità dell’ingombrante eredità né tanto meno l’imbarazzante confronto artistico.
“Ad essere sincero”, confessa Dweezil, “non mi sono mai preoccupato dei possibili paragoni che pubblico o critica potevano fare tra me e mio padre. Innanzitutto perché il tipo di musica che ho suonato per anni era piuttosto diverso da quello di mio padre ma soprattutto perché al di là delle differenze stilistiche ritengo che sia arduo per chiunque potersi misurare con un artista del livello di Frank Zappa, uno dei più grandi compositori americani del Ventesimo secolo. Proprio su questo argomento, per rendere la cosa anche un po’ scherzosa, ho in cantiere un album in cui ci sarà molta musica per chitarra con parecchi ospiti e il cui titolo più o meno sarà What The Hell Will They Thinkin’ (cosa diavolo penseranno?) Ecco, in quel caso, il tipo di musica si potrà prestare ad un possibile paragone con quello che faceva mio padre”.
Ho la sensazione che a Frank Zappa questo album Automatic sarebbe piaciuto. E spiego anche perché: la musica di Dweezil è diversa dalla sua ma al tempo stesso ci sono anche richiami, a volte sottili, altre volte più espliciti, all’arte di FZ. Ecco, diciamo che qua e là si può ritrovare la sua stessa vena artistica.
“Mi piace la descrizione che hai fatto e ti ringrazio. Sì, penso anch’io che a lui questo disco sarebbe piaciuto. Anzi, per certi versi ne sono proprio sicuro perché alcuni di questi brani (come Purple Guitar) hanno otto o nove anni di vita e io già glieli suonavo allora. E ricordo che, ad esempio quel pezzo in particolare, a mio padre piaceva molto.
“E poi c’è un brano che si chiama Shnook. In quello la figura di mio padre Frank è risultata decisiva perché mentre lo componevo cercavo di immaginarmi come mio padre lo avrebbe suonato. Lui mi diceva sempre che un assolo di chitarra è come una scultura cioè un pezzo d’arte che implica un concetto di concretezza, di manualità, di costruzione pezzo dopo pezzo. Mentre ho composto e interpretato quel brano mi sono concentrato su ciò che mio padre mi ha sempre insegnato dal punto di vista chitarristico. Sì, credo che anche questo pezzo sia, come dicevi tu prima, nella medesima vena artistica di Frank Zappa”.
Del padre, Dweezil, conserva un ricordo vivo. E soprattutto tiene bene a mente quello che è stato il suo consiglio artistico più importante.
“Quello di essere sempre e comunque indipendente”, ci tiene a farmi sapere, “dal punto di vista creativo ma anche da quello produttivo. Ma soprattutto di avere un pensiero indipendente. Quando si fa musica in modo professionale, c’è sempre un sacco di gente pronta, anche in buona fede, a darti mille suggerimenti ‘dovresti fare questo, dovresti fare quello…’.
“La cosa più importante è fare quello che uno sente di fare, suonare la propria musica esattamente come un artista ce l’ha in testa senza dar retta a quello che dicono gli altri. Mi rendo conto che questa non può essere sempre una scelta facile quando il pubblico non dimostra gradimento o quando uno fa fatica a vivere con la propria musica.
“Ecco, in questo senso mio padre è stato un esempio non solo per me ma credo per moltissimi artisti. Nel corso della sua lunga carriera ha pubblicato tanti album, alcuni dei quali hanno avuto anche un notevole successo commerciale. Tutti, indistintamente, li ha fatti nella più totale indipendenza artistica. In altre parole, quella era la musica che lui voleva produrre. E che voleva produrre unicamente in base alle sue esigenze artistiche al di là di qualsiasi altra motivazione commerciale o per chissà quale ricerca di vera o presunta popolarità. Questo anche quando ha desiderato sperimentare cose nuove, intraprendendo strade artistiche certamente non semplici”.
E una strada artistica assolutamente non semplice è quella della composizione della musica da film, strada che Dweezil ha intrapreso con una certa convinzione. Scelta strana per un chitarrista…
“Non ti scordare Ry Cooder”, mi riprende Dweezil. Già, e mi vengono in mente anche il Neil Young di Dead Man (regia di Jim Jarmusch, protagonista Johnny Depp) o l’Eric Clapton di Arma letale. E quindi mi fermo.
“La chitarra è uno strumento dotato di enorme espressività”, continua Dweezil, “e può trasmettere emozioni anche piuttosto sofisticate… decisamente adatte al cinema, per esempio”.
Quella delle colonne sonore è solo una delle mille attività dello Zappa Jr. nel mondo dello spettacolo. Chissà se ha mai pensato che con gli anni possa diventare una delle sue occupazioni principali? Glielo lo chiedo perché trovo che la sua musica sia piuttosto suggestiva e che comunichi all’ascoltatore visioni immaginifiche…
“Ti ringrazio”, mi dice, “apprezzo la tua definizione. Per me tutto viene realizzato in modo spontaneo, esattamene come quando produco musica per un album. Certo, scrivere e registrare musica per il cinema prevede un certo affinamento di tecniche varie, incluso il fatto di sapersi destreggiare senza problemi tra le attrezzature di uno studio. Anche per questo, quando lavoro su una produzione cinematografica non lo faccio da solo; ho sempre bisogno che qualcuno (tecnicamente più bravo di me) mi affianchi.
“In ogni caso, a tutti quelli che pensano che sia molto più facile comporre un brano rock che un solo frammento di soundtrack dico che a volte è più difficile trovare la nota giusta messa nel momento giusto che scrivere un’intera sinfonia per orchestra. Non mi fraintendere; quello che voglio dire è che la semplicità tecnica o strutturale di un brano di rock non significa che la composizione o l’esecuzione del medesimo siano qualcosa di accessibile a tutti. Così come, al contrario, non è poi una cosa così complessa, per un musicista, comporre musica da abbinare alle immagini di una storia cinematografica.”
La sua passione per il mondo del cinema è palpabile anche nel suo ultimo lavoro. Dentro ci sono non solo riferimenti precisi (Mr. Grinch) ma anche vere e proprie rielaborazioni di brani classici (la Carmen di Bizet) o di soundtrack. Come la famosa sigla della serie televisiva Hawaii 5-0.
“È sempre bello e gratificante poter lavorare su cose che riflettono i tuoi gusti e la tua personalità. Così com’è altrettanto importante poter condividere con altri le cose che ti piacciono. È stato il caso della Carmen, una musica spesso usata come commento sonoro in film che io ho apprezzato e che mi ricordavano la mia fanciullezza. Ho sentito che sarebbe stato importante farne una versione per chitarra: ho pensato che fosse una sfida divertente.
“Anche per la rielaborazione della sigla di Hawaii 5-0 il processo è simile a quello usato per la Carmen: si tratta di un pezzo suggestivo che alimenta ricordi personali. Ma credo sia giusto anche inserire una considerazione ulteriore: facendo un disco tutto di chitarra si corre il rischio di diventare noiosi. Anche nel momento in cui si riescono a fare cose sbalorditive dal punto di vista tecnico. Inserire brani conosciuti, meglio se inusuali o riarrangiati come ritengo di aver fatto io, in chiave assolutamente originale, penso che oltre a rendere l’ascolto più gradevole possa stimolare il processo creativo.
“Inoltre, anche il mio approccio alla chitarra è meno (per così dire) da ‘ginnasta del manico’ e più concentrato sulle ‘trame sonore’. Addirittura mi piacerebbe definirlo sperimentale, dal punto di vista timbrico e della scelta dei suoni, perché ho usato la chitarra (e soltanto la chitarra) laddove i compositori originali avevano utilizzato altri strumenti. Ti confesso che la cosa non è stata semplice anche perché pochi sanno che non so leggere la musica e ho dovuto imparare a orecchio memorizzando successivamente il tutto con la pratica.”
Parlando di chitarra e di grandi chitarristi, nel disco c’è un sentito omaggio a Michael Hedges (The Secret Hedges), un amico di Dweezil. È l’occasione anche per sapere quali chitarristi hanno influenzato il suo stile…
“Michael Hedges è stato un personaggio geniale. Ha creato musica sulla chitarra in un modo così speciale, così particolare, così unico da essere poi l’unico in grado di suonarla. Infatti, accade che musicisti che suonano uno strumento scrivano della musica per altri che meglio di loro padroneggiano quello strumento. Questo è impossibile con la musica di Michael Hedges; e non solo per l’alto coefficiente di difficoltà tecnica richiesto. Entrare nel suo spirito e nella sua genialità creativa è fuori questione: Hedges ha portato la chitarra acustica a livelli tecnici e artistici mai raggiunti prima. E, al tempo stesso, è stato fantastico nel portare avanti un coté spettacolare altrettanto affascinante e creativo.
“Quando ho inziato a suonare la chitarra”, ricorda Dwezil, “il mio chitarrista preferito era Eddie Van Halen. Ma mi piacevano tantissimo anche Jimmy Page e Randy Rhodes che suonava nella band di Ozzy Osborne. Con il passare degli anni ho imparato ad apprezzare tanti chitarristi anche con stili diversi tra loro e lontani, magari, dal mio gusto personale. Mio padre, anche come chitarrista, è sempre stato un riferimento preciso”.
Ritorna puntualmente la figura del padre. Ma anche la madre, le sorelle e il fratello Ahmet rappresentano per Dweezil le coordinate di una vita che, da buon ‘italiano’, vede la famiglia come unità centrale.
“Siamo effettivamente molto orgogliosi della nostra origine italiana anche se, dalla parte di mamma, ci sono influenze portoghesi, danesi e persino hawaiiane.”
Tra i suoi hobby ci sono il golf e la cucina.
“Ti correggo; la cucina ‘italiana’: la migliore del mondo. Anzi, qui a Los Angeles ti consiglio di fare un salto dal mio amico Elio Cavallari, proprietario del ristorante Mezzomondo, il miglior locale di cucina italiana del sud della California. Elio è il mio maestro: mi ha insegnato moltissime ricette.”
Non ha in previsione un tour vero e proprio. Ma, forse, qualcosa di ancora più stimolante.
“Prima della pubblicazione di Automatic”, chiarisce, “avevo preso degli accordi precisi con la Peavey, ditta insieme alla quale ho sviluppato un nuovo amplificatore per chitarra che si chiama Wiggy. Con loro ho pianificato una lunga serie di showcase dimostrativi in tutti gli Stati Uniti e, spero, anche in altre parti del mondo. Sarà divertente perché mi darà occasione di suonare sempre cose strane e originali ma soprattutto di avere un contatto diretto con il pubblico. Risponderò infatti molto volentieri a domande, curiosità e richieste particolari.”
Check him out, music lovers!