Sin dai tempi di Elvis (ricordate Jailhouse Rock?), il rock’n’roll ha mostrato una particolare attenzione per l’universo carcerario.
Non so dirvi quanto in virtù del comune senso di ribellione al sistema o per quell’innata sensibilità verso tematiche umanitarie e sociali. Sta di fatto che, dal Johnny Cash della Folsom Prison al John Lennon di Attica State, dal Bob Dylan paladino delle istanze di Rubin ‘Hurricane’ Carter sino agli artisti che hanno composto brani ispirati dalla visione del film Dead Man Walking, il mondo della musica non s’è mai tirato indietro quando si è trattato di dare una mano a chi stava pagando il suo debito nei confronti della società. Anzi. Va altresì detto che molti artisti, anche nostrani, fanno abitualmente visite e svolgono attività socio-culturali nelle carceri senza per altro pubblicizzare più di tanto le loro azioni (per informazioni, chiedete all’amico Fabio Treves, uno che da anni si muove con dinamismo e generosità proprio in quest’ambito).
Eppure, nonostante tutto, un caso come quello dei Presi Per Caso, non lo avevo ancora sentito. Avete presente la leggendaria scena dei Blues Brothers in cui Jake e Elwood mettono in piedi dietro le sbarre un’incandescente jam session a beneficio dei compagni detenuti? Beh, probabilmente a Salvatore Ferraro quelle sequenze devono essere più volte rimbalzate in testa. Specie nel 1997, quando è costretto a farsi dentro due anni di carcerazione preventiva.
“La vicenda è notissima e tristissima”, racconta, “anche se mi ha fatto acquisire un bagaglio sbalorditivo di conoscenza della condizione carceraria; sono giurista e per me l’incontro con questo mondo è stata la più grande lezione di diritto e di umanità che ho mai ricevuto in vita mia.”
Ferraro, oltre a essere scrivano e legale di reparto, in prigione partecipa a diverse attività ricreative tra le quali spicca quella di una sala musica. È qui che inizia a suonare con i Presi Per Caso, la rock band ufficiale del carcere di Rebibbia.
“La nascita del gruppo”, dice Salvatore, “avviene grazie a una intesa tra detenuti e area educational. Come primo frutto di questo accordo vi è la creazione di una sala prove. La band comincia la propria attività allestendo all’interno del carcere concerti per le famiglie dei detenuti e suonando da spalla a tutti quegli artisti che si trovano, per solidarietà, a transitare dal complesso carcerario (Claudio Baglioni, 99 Posse, Modena City Ramblers, ecc.).”
Una delle caratteristiche principali della band è quella di essere una formazione in continuo mutamento. Scarcerazioni e arresti, infatti, influiscono direttamente sulla line-up e, caso raro per una rock band, ogni defezione (dovuta, appunto, a scarcerazione) viene salutata con gioia dagli altri membri del gruppo.
Dal punto di vista musicale, i Presi Per Caso attraversano due momenti diversi. Il primo periodo, dal 1996 al 2001, è quello più duro a causa di un regime carcerario severo; musicalmente, quindi, è espresso da brani di gusto rock e da un uso massiccio di chitarre distorte. Anche i testi sono permeati da malessere e inquietudine che riflettono lo stato d’animo tipico del recluso. Di questo periodo, rimane traccia in alcuni video filmati dall’amministrazione penitenziaria e in un cd registrato all’interno della sala prove di Rebibbia. Il secondo periodo, quello attuale, è caratterizzato da una sostanziosa apertura (nei confronti della band) da parte dell’amministrazione penitenziaria e dal Tribunale di Sorveglianza attraverso la concessione di permessi, autorizzazioni e misure alternative. La musica risente positivamente della nuova condizione. C’è leggerezza e ironia nelle atmosfere musicali e i testi, pur sempre legati alla vita carceraria, sono arricchiti da un sottile sense of humour.
Nel 2004, la svolta.
“Una volta in libertà”, spiega Salvatore Ferraro, “ho continuato a occuparmi di carcere facendo volontariato, scrivendo libri, partecipando a convegni, attualmente sono presidente di un’associazione per i diritti dei detenuti presso il Partito Radicale. Poi ho scritto una sorta di musical chiamato Radiobugliolo. Prende spunto dal radiobugliolo, il pittoresco tam tam serale con cui vengono diffuse in reparto le notizie più rilevanti del giorno (bugliolo è la turca delle vecchie galere che serviva ai detenuto come rudimentale mezzo di amplificazione della voce per inviare messaggi alle celle vicine). Mi sono messo così alla caccia dei vecchi compagni di galera per mettere su la pièce. Alcuni erano già liberi, altri no, qualcuno era sotto processo, un paio pesantemente ‘impicciati’. Ho proposto il progetto a un regista (l’attore Michele La Ginestra) che ha accolto la proposta con entusiasmo. Il Tribunale di Sorveglianza ha concesso permessi e autorizzazioni a chi si trovava bloccato: un giudice ha addirittura modificato un provvedimento cautelare (potere della musica!)”.
“Abbiamo fatto 25 rappresentazioni di Radiobugliolo nei teatri romani”, prosegue Ferraro, “riscuotendo successo e affetto veramente inaspettati. L’associazione dei detenuti di Rebibbia, Papillon, ci ha così proposto di finanziare la pubblicazione di un cd (prodotto da Sergio Gaggiotti) con le canzoni dello spettacolo. È stata un’esperienza umana e musicale esaltante. Come dire: ne valeva proprio la pena.”
È simpatico Ferraro. Così come simpatica e coinvolgente è la musica del cd (la bella copertina è un quadro del pittore Pablo Echaurren). A partire dall’intelligente, spiritoso monologo Se fossi ‘n guirty che ironizza sul diverso suono delle parole, che sembrano durissime in romanesco oppure dolci ed eleganti in inglese, per arrivare al divertente Valium Sswing o al coinvolgente Cristo gospel. Anche i momenti più seri e riflessivi (Scacchi ner cielo) sono sempre controbilanciati da brani soavi (Tottì è il pezzo cult del disco). L’attuale formazione vede Armando Bassani e Claudio Bracci alle chitarre, Stefano Bracci al basso, Salvatore Ferraro a piano, chitarra e ukulele e Arnaldo Giuseppetti alla batteria.
Una particolarità: la band non ha un cantante fisso. Tutti possono cantare. Un solo requisito è richiesto: essere liberi. Simbolicamente, così il gruppo ha voluto scarcerare Giorgio Capece, primo cantante e front man della band, morto dopo una lunga malattia contratta in carcere.
“Il vero miracolo di questa storia”, conclude Salvatore Ferraro, “è Armando Bassani, chitarra solista del gruppo. Armando non suonava la chitarra da venti anni. Negli anni 70 aveva quasi fatto parte della scena del rock progressivo romano. Poi vicissitudini personali, giudiziarie e di salute lo avevano allontanato dalla musica e avvicinato ad altro. Oggi Armando ha ripreso a suonare e ad ascoltare musica. Ha tirato fuori i suoi dischi di vinile e mi ha detto che suona sei ore al giorno e che non vuole più smettere.”
Bello, no?
P.S.: per informazioni sul disco e sull’attività dei Presi Per Caso cliccate su www.papillonrebibbia.org oppure scrivete a [email protected].