16/07/2024

Il rock della marea con i Mogwai

Bologna 15 luglio, seconda e ultima tappa italiana degli scozzesi

 

After The Flood.

Un’immagine mi resta dalla storica ondata – è proprio il caso di sottolineare questo termine – battezzata post-rock: una marea. Una minacciosa, apocalittica marea che una volta ritiratasi ha lasciato “una spiaggia di aride cose”, per citare Vittorio Sereni. È proprio lì il segreto, nei detriti emersi dal lento, lentissimo rilascio dopo il primo impatto, nelle aride cose ritrovate, in quell’insieme di elementi a volte impercettibili che però distinguono un gruppo dall’altro, sia nella personalità che nelle fragilità, nella potenza e nella gracilità. Ecco perché un concerto dei Mogwai nel 2024 ha anche la funzione di rivelarci cosa resta di quello che probabilmente è stato l’ultimo periodo creativo nella storia del rock. Un periodo che per definizione, essendo caratterizzato dal “post”, è derivato da un “pre” dal quale ha anche preso le distanze, generando nuove direzioni, a volte anche incontrollate.

Seconda e ultima tappa italiana per i Mogwai, dopo l’attesa apparizione nella loro amata Sicilia all’Ellenic Music Festival: lunedì 15 luglio a Bologna, tra i principali nomi del Sequoie Music Park, che quest’anno ha in cartellone, tra gli altri, Nick Mason, Cat Power, Glen Hansard e The Hives. Per una rassegna estiva così eterogenea, il quartetto scozzese rappresenta l’ala più radicale e intransigente, all’insegna di un rock strumentale di cui sono ben note la consistenza e la coesione, così come il dominio assoluto del suono rispetto al verbo. In poche parole, zero chiacchiere e una scaletta mirata, precisa, abbastanza indicativa della loro storia ormai trentennale.

Stuart Braithwaite, Dominic Aitchison, Martin Bulloch e Alex Mackay, occasionalmente coadiuvati da Maria Sappho alle tastiere, presentano una tracklist di rappresentanza ma con qualche gradita sorpresa. Senza soluzioni di continuità, il concerto bolognese è stato una sorta di vasta macchia sonora, un saliscendi elettrico dal martellante all’oceanico, dal violento al meditativo, nel quale, al netto di una certa staticità, spicca ancora una volta il carisma nella gestione di dinamiche e strati – soprattutto quando la parte elettronica è presente, ad es. Dry Fantasy.

I Mogwai hanno pescato anche da The Hawk Is Howling (aprendo con I’m Jim Morrison, I’m Dead) e Every’s Country Son (primo bis con la serrata Old Poisons), dall’ultimo As The Love Continues e da Hardcore Will Never Die, but You Will, ma inevitabilmente i momenti vincenti sono stati quelli degli album emblematici Mogwai Young Team (gran finale con Like Herod e Mogwai Fear Satan) e Happy Songs For Happy People, i cui brani hanno regalato al set maggiore varietà.

Dopo la prima fondamentale nidiata dei vari Tortoise, June of 44, Cul De Sac, Gastr del Sol e Labradford, i Mogwai restano la formazione più solida e duratura, nonostante qualche perplessità autorevole – Scaruffi ad esempio li candidò al rango di più sopravvalutati del genere. Probabilmente conta il fatto che già con il secondo disco Come On Die Young e anche con Rock Action (poco considerato dal vivo vista la sola presenza di Take Me Somewhere) i Mogwai definirono compiutamente la loro proposta, proseguendo con limitate variazioni sul tema. Cosa resta di quella impressionante marea? Suoni e bagliori, masse sonore e visioni, che hanno emozionato il pubblico bolognese.

Mogwai 2024

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