Paolo Benvegnù e Cristina Donà a Suoni al Borgo
Campolattaro (BN) – 3 e 4 agosto 2024, due facce della canzone d’autore italiana
Sgombriamo subito il campo dalla retorica del paesello puro e incontaminato da riscoprire, della città brutta, cattiva e irriconoscente, della missione del portare musica in luoghi marginali – come se tutto non fosse già a portata di tutti, concerti e trasporti compresi. Proviamo invece a pensare alla prima edizione di Suoni al Borgo Music Festival – Campolattaro (BN), tra le ultime propaggini del Sannio beneventano e il Molise – quale occasione preziosa di approfondimento sullo stato di salute della musica. I tempi meno concitati, la lontananza del luogo che richiama i più curiosi e i più motivati, la maggiore vicinanza dell’artista possono favorire una riflessione su due facce diverse ma complementari della canzone d’autore, quella più legata alla dimensione indipendente.
Paolo Benvegnù era particolarmente atteso, sta attraversando un momento speciale grazie alla vittoria della Targa Tenco con È inutile parlare d’amore e l’imminente uscita della versione “reloaded” del suo storico debutto Piccoli fragilissimi film. Il concerto del 3 agosto ha mostrato un gruppo rodato con un suono preciso e definito, senza titubanze; Benvegnù in gran forma non solo dal punto di vista della resa finale, ma anche da quello centrale per comprendere la sua poetica: la schiettezza, l’onestà a volte disarmante – il nucleo fondante dello spirito indipendente – con la quale ha affrontato sia i classici che i brani nuovi. Inutile azzardare un raffronto tra le storiche Io e il mio amore e la superba La schiena e i pezzi recenti – penso a Our Love Song, elettrica ficcante puntuta; è mancato invece il singolo d’acchiappanza Canzoni brutte, dettaglio non da poco: è più interessante sottolineare come dal vivo, senza filtri, emergano le contraddizioni che l’artista trasforma alimentando l’ispirazione, operazione alchemica con cui potremmo rileggere molte pagine della nostra canzone. Il songwriting di Benvegnù accoglie tra le sue pieghe e le sue sfumature sia la combattiva provenienza indie-rock, sia la tentazione di offrirsi al grande pubblico (vedi L’oceano), ma scioglie questo stridore nel logos dell’autenticità. E ancora una volta propone un modo di stare sul palco impeccabile, ironico e leggero, anche amabilmente sgangherato, ma mai privo di senso e direzione. Il suo repertorio è un grande valore aggiunto per la musica italiana.
Italiana ma dal respiro internazionale (che a Benvegnù giocoforza manca) è la canzone di Cristina Donà. Musicista con una storia significativa alle spalle e un presente ancora rivelatore, Cristina sin dagli inizi ha innescato il dialogo tra rock e canzone guardando all’estero – e da lì ricevendo ampi consensi. Proprio per questo il nuovo progetto live Spiriti Guida è pienamente calato in un lontano percorso di omaggio ai maestri che non è mai venuto meno nella sua vicenda, tant’è che coerentemente in questo nuovo tour ha voluto riconoscere il peso di artisti-bussola che l’hanno orientata (ad es. Sinéad O’Connor, Robert Wyatt, David Bowie, Jeff Buckley, Suzanne Vega) fondendo le loro canzoni con le sue. Peccato che queste ultime, un canzoniere di gioielli pregiati, abbiano avuto uno spazio limitato: Universo lasciata cantare prevalentemente al pubblico, Invisibile come secondo bis su richiesta fanno pensare a un momento di transizione – magari dovuto alla stanchezza per un repertorio consolidato – verso qualcosa di nuovo, tutto da esplorare.
L’ingresso al buio, solo voce, intonando Battisti, l’articolazione del concerto con parti parlate, l’alternanza tra performance “alte” e altre più comunicative (dallo Springsteen di Reason To Believe al Lamento di Arianna del Monteverdi), il finale sguinzagliato tra Triathlon e la disco music da rompete le righe sono tra gli episodi più emblematici, nei quali spicca il contributo prezioso di un musicista di caratura superiore come Saverio Lanza.
Foto di Rosaria Aragiusto