Gregory Porter – La recensione dell’unica data italiana a Roma
La recensione dell’unica data italiana della star del jazz soul Gregory Porter alla Cavea dell’Auditorium Parco della Musica, in occasione del Roma Summer Fest
Cantante, songwriter, attore e produttore. Gregory Porter, star della vocalità jazz soul, ha incantato il pubblico nella sua unica data italiana. L’artista statunitense è stato protagonista, domenica 10 luglio, di uno show unico all’Auditorium Parco della Musica in occasione del Roma Summer Fest.
In circa un’ora e venti minuti di concerto, Porter ha eseguito alcuni brani del suo repertorio, che sono quasi dei classici, come If Love Is Overrated, con cui ha aperto la serata, ed Hey Laura, ma non sono mancate sorprese come il medley composto dalle cover My Girl e Papa Was A Rollin’ Stone.
Stilisticamente, Porter è un cantante che opera una sintesi della vocalità nera americana, mescolando senza pregiudizi jazz, soul e canzone popolare. Può ricordare un crooner alla Nat King Cole (su cui ha scritto una piece teatrale) oppure Joe Williams e Donny Hathaway, che infatti cita tra i suoi ispiratori. Non è un innovatore ma ripropone con freschezza e grande cultura musicale un genere che negli ultimi anni ha offerto poco, almeno a questi livelli. Forse ancora più interessante dell’interprete è il compositore, e che scrivere canzoni non sia per lui un fatto episodico lo dimostrano alcuni brani contenuti nella recente raccolta dal titolo Still Rising, un doppio album con 34 tracce tra nuove canzoni, cover, duetti e una selezione dei suoi successi.
Sul palco una band composta da musicisti eccellenti quali Chip Crawford al pianoforte, Ondrej Pivec all’organo Hammond, Tivon Pennicott al sax, Jahmal Nichols al basso ed Emanuel Harrold alla batteria.
In scaletta anche pezzi come Liquid Spirit e Mister Holland che hanno confermato l’ottimismo e l’amore per la vita che pervadono tutta la musica di Porter.