Herbie Hancock – La recensione del concerto al Roma Summer Fest
La recensione del concerto del monumento vivente del jazz, Herbie Hancock, alla Cavea dell’Auditorium Parco della Musica, in occasione del Roma Summer Fest
Se si dovesse scegliere un artista capace di sintetizzare la musica Americana a cavallo dei due millenni Herbie Hancock sarebbe il candidato ideale.
Il leggendario pianista appartiene alla categoria di eletti illuminati dalle divinità musicali: a sette anni ha cominciato a suonare il pianoforte e a 11 era già il pianista solista della Chicago Symphony Orchestra (una delle più prestigiose del mondo). È negli anni ’50 che ha scoperto il jazz e mentre studiava per diventare uno dei più grandi nomi della storia della musica afroamericana ha fatto in tempo pure a prendersi una laurea in ingegneria. La sua carriera ha cominciato a prendere il volo negli anni ’60 quando si è trasferito a New York e ha cominciato a incidere per la Blue Note, un marchio che è una leggenda. E dopo aver messo a segno il primo successo commerciale della sua carriera, Hancock è entrato a far parte di quel miracoloso quintetto guidato da Miles Davis, che ancora oggi rimane uno dei vertici assoluti del ‘900 musicale.
Per questo ogni suo concerto è un piccolo evento. Come quello che si è tenuto mercoledì 13 luglio all’Auditorium Parco della Musica per il Roma Summer Fest. Hancock ha proposto un estratto della sua carriera vissuta sul doppio binario di sommo virtuoso di piano del jazz acustico e di fondatore del funky elettronico. Un ruolo grazie al quale è diventato una star.
La serata è stata aperta da una magica Ouverture, dove si è messa in luce l’eccellente band composta da Terence Blanchard (tromba), James Genus (basso), Lionel Loueke (chitarra) e Justin Tyson (batteria). La personalità di Hancock è ben rappresentata in scaletta da brani come Footprints di Wayne Shorter, Actual Proof e Secret Sauce, dove si alterna tra piano e tastiere, e dove trovano spazio alcuni esperimenti con il vocoder. Gran finale con Chameleon, uno dei suoi cavalli di battaglia, che ha fatto alzare letteralmente in piedi il pubblico della Cavea.
Del resto Herbie Hancock è una delle poche stelle del jazz che sia riuscito a conquistarsi una popolarità ben al di fuori della cerchia degli appassionati.